Tom Clancy's Ghost Recon Wildlands, uno sguardo al lavoro dietro l'opera Ubisoft
Il nostro reportage dall'evento Ubisoft dedicato al lancio di Tom Clancy's Ghost Recon Wildlands
[caption id="attachment_169725" align="aligncenter" width="600"] La ricostruzione di una Bolivia controllata da uno spietato cartello è estremamente accurata e realistica[/caption]
"Non sono i soldi ma è il potere, perché hai la forza di muovere il mondo con una telefonata”, ci racconta Gianni. E di soldi ne guadagnava moltissimi. Non aveva realmente paura nonostante la situazione che ha vissuto, perché si sentiva completamente trasformato in un narcotrafficante, era uno di loro a tutti gli effetti. Per capire l’importanza del suo ruolo nella lotta ai cartelli basta citare l’operazione nota come Albatros, portata a termine nel 2008. Grazie a lui, le polizie di diversi paesi europei si sono potute coordinare per colpire una nave ancorata nel mezzo dell’oceano Atlantico, una sorta di super mercato della droga dove si ritrovavano membri delle organizzazioni criminali più disparate. Ma è anche stata questa stessa operazione a fargli rischiare di essere scoperto a causa di una mala gestione dell’operazione da parte di alcune forze dell’ordine. Non solo, la polizia francese l’ha persino arrestato e portato in una prigione di massima sicurezza costruite poco tempo prima per i terroristi. Qui le divise adoperavano metodi illegali come la tortura ed il nostro governo ci ha messo più di 7 mesi prima di segnalare alla polizia francese che non si trattava di un criminale ma di un infiltrato. Il povero Gianni è stato torturato con la corrente elettrica. Per conoscere la sua storia e la forte critica che rivolge allo stato italiano per la pessima gestione della protezione testimoni, vi consigliamo caldamente la lettura del libro che ha scritto in collaborazione col giornalista Federico Ruffo, Gli Orologi del Diavolo.
[caption id="attachment_169723" align="aligncenter" width="600"] Il legame tra religione e narcotrafficanti è affascinante ed inquietante allo stesso tempo[/caption]
Prima di tornare a parlare realmente del videogioco, c’è stato uno spazio dedicato ad un altro elemento molto interessante che contraddistingue il mondo dei cartelli sud americani, ovvero il legame con la religione e la superstizione. All’evento era stato ricostruito un altare alla Santa Muerte, una divinità che come potrete intuire, rappresenta l’unica certezza della nostra vita, la morte. Lo studioso Thomas Aureliani ci ha descritto a grandi linee questo culto che spesso viene associato proprio agli spacciatori, ma che in realtà viene praticato da si stima tra i 5 e i 10 milioni di persone in tutto il mondo, Italia compresa. Una figura mistica proibita dalla santa Chiesa, ma nonostante questo seguita da moltissimi sostenitori di fede cattolica. Ma come si coniuga una forte religiosità dei molti membri della criminalità organizzata con le loro azioni illegali, molto spesso estremamente violente? Gli elementi in gioco sono molti, come la volontà di creare un legame con i propri collaboratori dei grandi boss, come accade anche alle mafie italiane, ad esempio. Un altro elemento fondamentale è la volontà di redenzione dai propri peccati, una sorta di modo malato per compensare al male perpetuato da queste personalità. Ciò si concretizza in molti modi diversi, come donazioni anche cospicue e persino contributi come la costruzione di chiese, finanziate col denaro della droga.
[caption id="attachment_169881" align="aligncenter" width="600"] Gianfranco Franciosi, meccanico navale che ha lavorato come infiltrato per diversi anni, la sua testimonianza è stata impressionante.[/caption]
E’ toccato a Cristina Nava chiudere il cerchio di questo interessante evento, in qualità di direttrice dello studio Ubisoft Milan. La compagnia francese ha infatti una sede anche in Italia dove lavorano sviluppatori nostrani in collaborazione con filiali di tutto il mondo. Tra i loro lavori ci sono capitoli di saghe come Splinter Cell e Assassin’s Creed, ma anche qualche Just Dance! Nel caso di Tom Clancy's Ghost Recon Wildlands, l’apporto made in Italy ha consisto nella creazione dell’intero sistema che gestisce il traffico. Ciò significa che giocando al titolo se prenderete un mezzo, di terra, aria o acqua che sia, starete usufruendo di qualcosa creato proprio negli studi milanesi di Ubisoft. Ciò si concretizza in circa 800 km di strade, più di 60 veicoli differenti e un’intera ferrovia implementata nel gioco.
L’evento Ubisoft ci ha ricordato dell’incredibile lavoro che spesso c’è dietro a videogiochi, siano piccole opere d’arte indie che colossali blockbuster, proprio come Ghost Recon Wildlands. E’ sicuramente positivo che un prodotto di intrattenimento come il videogioco abbia l’opportunità di portare nelle nostre case degli spaccati di vita reale anche difficili e violenti come il mondo del narcotraffico.