Tolo Tolo: questo Checco Zalone sembrava diverso, ma invece era come tutti gli altri

Tolo Tolo di Checco Zalone è un'evoluzione del suo autore, ma la maschera comica resta (quasi) sempre la stessa. E spesso viene fraintesa.

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Tolo Tolo di Checco Zalone è disponibile su Netflix

Solitamente, quando si affronta la questione Checco Zalone, ci sono due modi per parlarne: il re degli incassi e il re delle polemiche. Gli esercenti accolgono ogni suo film come la venuta del Messia e a buona ragione. Prima del tracollo degli incassi, Tolo Tolo è stato l’iniezione di denaro che ha salvato la disastrosa annata prima del Covid. 46 milioni di euro: più dei 10 maggiori incassi in Italia del 2022 (da inizio anno al mese di marzo) messi insieme. 

Tolo Tolo in un paese diverso

In un’Italia diversa, più frivola e incartata su questioni strettamente territoriali, lontana dalla pandemia e dalla guerra, ogni satira di Luca Medici diventava facilmente oggetto di polemica. È bastato il primo videoclip promozionale di Tolo Tolo con Checco Zalone ad attirare schiere di opinionisti, seguiti a ruota dal pubblico, schierarsi a favore o contro il comico. La canzone “Immigrato” ribaltava l’italiano vero di Toto Cotugno mescolandolo con Celentano e affondando in tutti gli stereotipi possibili. Lo straniero che va a letto con la moglie, che aspetta all’uscita del supermercato, che va respinto chiudendo i porti perché vuole solo il “nostro” denaro.

La canzone è, ovviamente, virata tutta al contrario. Cantando l’odio, Checco Zalone, o meglio Luca Medici (lo vedremo a breve), ne prende le distanze. Già da quella prima clip però il “film sull’immigrazione“ avrebbe fornito a lungo il pane per gli opinionisti da prima serata. Sia in tv che al bar. Una scelta di marketing geniale, come sempre, di far abboccare all’amo del “purché se ne parli” tutti i volti principali della stampa e della tv, trascinando con sé anche qualche politico. 

Primo film da regista, accompagnato dalla sceneggiatura di Paolo Virzì, Tolo Tolo è stato sopravvalutato con letture sociopolitiche, attribuendo quasi una volontà propagandistica all’opera di Checco Zalone! Sì ma propaganda da quale parte? Perché come sempre Zalone dà un colpo al cerchio e uno alla botte. Non offende mai veramente nessuno e fa credere che quelli graffiati siano sempre gli altri. In questo caso però il meccanismo ha funzionato meno bene del solito. Il film ha fatto meno ridere anche i più appassionati della sua comicità. Ha un tono più malinconico (per quanto possa esserlo il film di un comico) e fa di tutto per chiarire da che parte stia il suo autore.

Perché, oltre agli incassi e alle polemiche, Tolo Tolo sarà ricordato per una terza cosa, e lo si capisce bene con la distanza del tempo, della pandemia e della guerra, che hanno relativizzato tutte le ansie dell’epoca. Ha aiutato a capire quanto il successo del personaggio comico di Checco Zalone sia stato a lungo frainteso da una fetta del suo pubblico.

Luca Medici non è Checco Zalone

Non tutti l'avevano capito. Uno è l’artista, che pensa ed esegue gli sketch comici. L’altro è il personaggio che sta a lui come Charlot sta a Charlie Chaplin. Il film del 2020 ha spiegato bene la distinzione anche a chi non l'aveva colta. Magari addirittura idolatrando lo Zalone personaggio come modello comico di chi sovverte le regole del buon pensare (e del buon costume). Invece non è così e bisognerebbe imbarazzarsi nell’identificarsi con lui. Era chiaro prima, con Tolo Tolo è diventato impossibile da ignorare.

Checco Zalone rappresenta il più medio dell’italiano medio (basso). Accumula su di sé tutti i tratti tipici della nostra cultura, come la ricerca della scappatoia facile, la grande capacità di accoglienza, ma anche la tendenza alla conservazione dell’esistente. La sua ignoranza è istintuale. Gli “attacchi di fascismo” sono insiti nel suo essere. Il resto sono solo strategie che lui mette in atto per adattarsi alla società che vede intorno. Di fatto i suoi personaggi sono sempre disadattati in cerca di uniformità in un sistema che, in realtà, sembra scritta apposta per loro. Così il coraggio di lottare per mantenere il posto fisso, per guadagnare lavorando il meno possibile, è inscritta nel DNA di famiglia. Questo è un tratto caratteriale positivo o negativo? In realtà entrambe le cose: buone intenzioni condite con un’esecuzione ossessiva e negativa.

Il problema è che spesso questa maschera diventa un eroe. Quante volte i suoi discorsi sono stati presi, fraintesi, dai commentatori casuali che l’hanno fatto diventare un modello di vita! Perché con Zalone è bello giocare al gioco della catarsi. Ci si sente purificati, attraverso i suoi metodi spicci, il suo riuscire a cavarsene sempre dalle situazioni più complicate. Anche noi vorremmo risolvere i problemi della nostra vita con la stessa leggerezza.

Tolo Tolo

Continua la trasformazione

Sole a catinelle e soprattutto Quo Vado? funzionavano proprio perché regalavano la piacevolissima sensazione dell’ultimo che ce la fa, del sempliciotto che dice le cose come stanno! Con Tolo Tolo però Luca Medici ha spezzato questa identificazione. Probabilmente stufo di essere frainteso, e di vedere la sua satira elevata a programma politico, ha fatto diventare più esplicito e quindi chiaro, banale, morale, Checco Zalone.

Tolo Tolo riprende infatti l’estetica delle pubblicità razziste. Non quelle propagandistiche, scritte per esaltare la “superiorità della razza bianca”, ma quelle inconsapevoli. Va a solleticare tutto quell’immaginario italiano che oggi ci siamo resi conto di non essere più accettabile: la gag della cicogna strabica che sbaglia e porta i bambini in Africa non è più stereotipata di un Calimero pulcino tutto nero perché sporco. Nel film però è chiara la presa di distanza rispetto al contenuto della scena. Parla la lingua del razzismo per consegnare il messaggio opposto. Però Tolo Tolo non si muove con la stessa agilità di Quo Vado? su questo terreno più scivoloso.

Il politicamente corretto di Tolo Tolo negato e poi accolto

Nelle varie interviste che accompagnarono l’uscita si parlò molto della “psicosi del politicamente corretto”. Cioè dell’impossibilità di dire o fare qualsiasi cosa perché, ovunque ci si muove, c’è qualcuno che si offende.

Magari il film se ne rendesse veramente conto! Il problema è infatti che Tolo Tolo di questa psicosi ne tiene enormemente in conto. Fa di tutto per farci capire che cosa dovremmo pensare delle vicende e delle idee del suo personaggio. Sottolinea, in grassetto, quando è lui l’oggetto della comicità e quando invece sta tirando amichevoli buffetti sulla spalla a tutte le questioni di attualità.

Il personaggio non è mai stato così esplicitamente separato dal suo autore/attore. Lo Zalone che dirige combatte con quello che recita. È un tira e molla che affossa la comicità, che appesantisce il film proprio di quel moralismo contro cui vorrebbe scagliarsi. È predicatorio, è facile, ma soprattutto è politicamente corretto. Perché per far ridere tutti si deve andare nel populismo. Cioè il mettere in scena delle battute bilanciate perché chiunque in sala abbia almeno qualche occasione di risata. A prescindere dalle proprie idee sul tema del film.

Per questo Tolo Tolo è insipido e quasi fastidioso: perché, nonostante quello che raccontavano le polemiche che hanno preceduto l’uscita, il film non cerca mai la polemica. Anzi, fa di tutto per non essere frainteso, strizza l’occhio a tutti. Questo Zalone sembra diverso, ma invece è come tutti gli altri: come le altre persone che lo circondano, e come tutte le altre maschere dei film precedenti. Solo che esplicitandolo perde così quello straniamento comico che ci portava a ridere di noi stessi rendendocene conto solo alla fine.

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