Tolkien, di Dome Karukoski | Bad Movie

Il Bad movie della settimana è Tolkien di Dome Karukoski, biopic che prova ma forse non riesce a trasmettere tutto il mistero e fascino di J.R.R. Tolkien

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Spoiler Alert
La nostra analisi della settimana è dedicata a Tolkien, al cinema dal 12 settembre

Bad Tolkien

Ve lo ricordate? Biasimava C.S. "Jack" Lewis perché frequentava l'americana Joy Davidman Gresham, non credeva che le donne avessero intelletto (animus) ma solo anima, considerava gli americani tutti dei cowboy, condannava il divorzio, non tollerava la fretta nella scrittura. Gli cambiarono nome (Christopher Riley) altrimenti saremmo scesi in piazza ma il personaggio interpretato da John Wood in Viaggio in Inghilterra (1993), il bel film di Richard Attenborough basato su un frammento importante della vita dell'autore de Le Cronache di Narnia... era basato su J.R.R. Tolkien + probabilmente un mix di altri colleghi come Owen Barfield e Charles Williams. A differenza dell'autore fantasy per antonomasia, quel signore del film era anche ateo. Eravamo a Oxford, dentro le stanzette di prof che andavano a letto stringendo al petto la borsa dell'acqua calda e in mezzo a pub fumosi dove gli Inklings si riunivano recitandosi frammenti delle loro opere (il supposto Tolkien osserva pure con sguardo di sufficienza Lewis quando il presunto amico presenta l'idea del passaggio dall'armadio alle lande sconfinate di Narnia come transizione dai vestiti pesanti e soffocanti dell'autorità genitoriale all'ariosità dell'avventura epica dove essere finalmente protagonisti). Insomma, quel signore era quasi l'antagonista, il villain del film di Attenborough in cui, insieme a Anthony Hopkins, Debra Winger e Wood, c'era anche il futuro bassista dei Queen in Bohemian Rhapsody ovvero Joseph Mazzello già visto due anni prima in Jurassic Park di Spielberg nel ruolo di Tim.

Good Tolkiens

Cambia tutto nel film di Karukoski. La struttura vede un piano narrativo principale in cui Tolkien è un ufficiale inglese aiutato da un soldato semplice di nome Sam, in tutto e per tutto simile a un hobbit, mentre cerca un caro amico durante la Battaglia della Somme. Tolkien è su Tolkien, da spalla pure villain si passa a protagonista anche se la frammentazione del suo io cinematografico solleva molti dubbi circa il risultato finale. Ci sono due Tolkien diversi fisicamente (Harry Gilby giovane, Nicholas Hoult maturo) e ben quattro dentro l'anima del film: il bambino, lo studente, l'innamorato, il soldato. Il bambino è delicato ma fermo, elegante, perspicace (che bello il momento in cui capta la presenza di Edith sentendola suonare al pianoforte), fiero senza perdere mai le buone maniere cui è costretto dopo la perdita di papà e mamma. Harry Gilby è stupendo (ben più dell'originale che da ragazzino sembrava un po' inquietante come Lovecraft) e magnificamente serafico. Funziona sia quando deve essere convinto dalla mamma a godersi un bel racconto fantasy, sia quando arriva alla King Edward's School di una Birmingham presentata dal regista come Mordor dopo aver lasciato le campagne di Sarehole, ricreate come fossero i boschi e le valli della futura Contea della Terra di Mezzo. Qui il regista finlandese cita la famosa immagine di Frodo che si nasconde dai Nazgûl prendendola da La Compagnia dell'Anello di Jackson il quale a sua volta l'aveva presa dal Bakshi de Il Signore Degli Anelli (1978). In questo caso è Tolkien a ripararsi sul ciglio della strada per non farsi vedere dai compagni di giochi che lo cercano.

Belli i momenti dell'amicizia nella prestigiosa scuola privata (anche Jonathan Coe, tra i suoi alunni) con Christopher Wiseman, Geoffrey Bache Smith e Robert Gilson i quali avrebbero giustificato, con il magnifico Tolkien di Harry Gilb, tutto un film dentro questo contesto temporale da studente modello L'Attimo Fuggente (1989) con riflessioni su arte, scherzi goliardici (ottimo il tormentone Helheimer con Tolkien come unico che lo pronuncia correttamente), rispettivi obblighi familiari e sogni di realizzazione personale. Gli interpreti sono energici e alcune scene troppo buone per poi essere scalzate da altri ambienti e personaggi. Dopo aver perso di vista troppo bruscamente il fratello Hilary vedremo J.R.R. entrare nel ruolo dell'innamorato e anche in questo caso si poteva fare tutto un film sulla love story con Edith, dalla contestazione di lei per il vuoto amore tolkieniano nei confronti del suono delle parole, alla differenza di credo religioso (lei protestante; lui cattolico) e impossibilità di portare avanti la relazione. Nicholas Hoult e Lily Collins sono adorabili, proseguendo la linea della compostezza e gentile eccentricità che la coppia propone. Ma quando crediamo di essere entrati dentro un passione tra artisti (lei musicista; lui scrittore) che forse ci porterà in alto ecco tornare le brutte scene di guerra nella trincea della Somme dove l'ossessione di Tolkien per il ritrovamento dell'amico Geoffrey è come se annullasse le scene più romantiche con Edith come la dichiarazione finale tra i due poco prima che lui parta per il fronte. Sarà poi che siamo influenzati dal momento It, ma non vi sembra che in uno dei tanti avanti e indietro nel tempo del racconto Geoffrey praticamente si dichiari a Tolkien proponendosi ipso facto come possibile rivale di Edith? Tutti i momenti di guerra, oltre a essere irrimediabilmente kitsch da un punto di vista visivo, cancellano e smorzano gli effetti dei due film (studente e innamorato) che avremmo voluto vedere svilupparsi con più forza.

Censura

Dava fastidio a qualcuno che fosse cattolico? Addirittura papista? Lo chiediamo perché il film è molto timido, per non dire censorio, da questo punto di vista. L'idea che è voluta passare, non senza immaginiamo riscritture e tagli al montaggio, è che dopo il successo straordinariamente laico dei film di Peter Jackson, letti da tanti punti di vista diversi così come le pagine del geniale Tolkien, la produzione non abbia voluto presentare un autore di quelle storie schierato religiosamente. Guardate il gesto con la mano con cui J.R.R. liquida la problematicità che Edith sia protestante: se un eroe, per eroe intendiamo protagonista della maggior parte delle azioni del testo, fa quel gesto significa che per lui la religione non ha alcun diritto di indirizzare, o dare un significato preciso, alla vita delle persone. Questo è un errore di ipocrisia perché non bisogna essere dei biografi per sapere quanto Tolkien fosse intensamente cattolico (fece convertire Edith).

Conclusioni

Forse è stato più facile adattare Il Signore Degli Anelli. Permetteteci l'ironia (si tratta di uno dei testi che ha richiesto più fatica e concentrazione cinematografica) ma come si può raccontare al cinema un mistero come quello di J.R.R. Tolkien in un biopic convenzionale? Personaggio più sfuggente e imperscrutabile del Tom Bombadil del suo romanzo (saggiamente "fatto fuori" da Jackson nei film perché se c'è uno su cui l'Anello non esercita alcun potere... perché lo devo mostrare allo spettatore se voglio che creda alla mia storia?), l'uomo necessitava un adattamento più parziale e coraggioso. Cattolico papista adorato da atei, hippie ("Il mio deplorevole culto" commentava con tipica ironia inglese quando vedeva orde di capelloni bivaccare davanti la sua casa sognando di poterlo incontrare), antagonisti sociali, anarchici (Tolkien ne era attratto ma nella sua forma più astratta e non bombarola), conservatori, ambientalisti, grandi e piccini... l'artista è ancora oggi un'allegoria cui non abbiamo trovato significato certo. E meno male, visto che è proprio il suo fascino. Ma il cinema non può muoversi al buio. Ha bisogno di luce, specie quello di largo consumo e/o mainstream cui questa produzione appartiene. E allora che fare?

Bisognava puntare tutto sulla love story con Edith facendo diventare Hoult e Collins come la versione più realistica di Arwen e Aragorn o meglio i loro predecessori Lúthien e Beren, i due innamorati impossibili raccontati ne Il Silmarillion (lei elfo; lui umano) che per Tolkien erano proprio lui e sua moglie con tanto di incisione dei loro nomi sulla lapide dei consorti dopo 55 anni di matrimonio (potrebbe esistere qualcosa di più romantico?). Se il film fosse diventato la trasformazione in realtà di una relazione fantasy proibita dalla società, grazie alla forza dell'amore (lucrando a più non posso dal parallelismo Beren-Tolkien e Lúthien-Edith) avremmo avuto un dramma sentimentale magnifico a lieto fine, sanamente commerciale, mentre ora il film non è né lui né lei, né bambino, né studente, né soldato, né innamorato ma un po' di tutto che al cinema rischia di risultare un bel niente.

Troppo poco per uno degli artisti più affascinanti e interessanti del '900.

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