Titanic: 20 anni e un’intuizione del Re del Mondo
Lo straordinario successo di Titanic fu figlio sia di una confezione eccezionale che di una visionaria intuizione di James Cameron
A distanza di 20 anni dall’uscita di Titanic, nel ricordare sia il film che il fenomeno, vale la pena partire da una tesi di James Cameron che nel 1997 non era affatto scontata: i computer e la cinematografia umanistica non si escludono a vicenda. Eppure, vale anche la pena ricordare che l’ultimo grande kolossal novecentesco ebbe un budget da record proprio per le ambizioni di ricostruire e di ricreare dal vivo - attraverso giganteschi set - uno degli affondamenti più famosi di sempre. Oggi come allora, Titanic è uno dei migliori esempi di compresenza di ambizione e gigantismo "old style" della vecchia hollywood mischiato a un uso sapiente delle (allora) nuove tecnologie digitali.
Volendo proiettare ciò che successe in Italia a un livello globale, nel mondo Titanic ebbe un successo clamoroso non solo per sua capacità di rivolgersi a un pubblico trasversale, ma anche per la sua tendenza a far parlare di sé. Lo “spettacolo nello spettacolo” offerto dal film fu proprio nella sua leggendaria progettazione e messa in cantiere, nel fatto che gran parte delle sequenze del naufragio vennero ricreate facendo affondare e inondando d’acqua enormi set e ricostruendo ambienti e scenari con una maniacale propensione ai dettagli. I più curiosi appresero ogni singolo aneddoto dei retroscena: il distacco dello scalone dal set della prima classe nel momento dell’inondazione artificiale, il sollevamento dell’enorme transatlantico ricostruito a Rosarito Beach, le miniature utilizzate per ogni inquadratura. E ancora, le lunghissime giornate lavorative del cast e della troupe, gli incidenti sul set, il modellino in scala 1:20 costruito nell’hangar dove Howard Hughes aveva fatto costruire lo Spruce Goose, i modelli e gli interni della nave ricreati a partire dai progetti originali, persino i tappeti ricreati sulla base dei disegni della BMK-Stoddard, che aveva realizzato i tappeti per la nave della White Star. I lavori del film contennero poi una vera e propria “impresa nell’impresa”. Cameron organizzò una spedizione che andò a filmare il vero relitto della nave a quasi 4000 metri di profondità, offrendo al pubblico un livello di realismo estremo e, mutatis mutandis, riportando sul grande schermo le atmosfere di The Abyss. La ricca filmografia di Cameron (fatta di titoli che, con l’eccezione del debutto alla regia, iniziano tutti o con la A o con la T) vide in Titanic sia una sorta di sintesi estrema che un vero e proprio approfondimento di tutte le ossessioni ripercorse in passato, a partire dalla sensazione di “infallibilità” umana che cade come un castello di carte quando la “macchina” prodigiosa cede. In tre ore e 14 minuti, Cameron riuscì a dare vita a un climax ascendente capace di rendere avvincente una vicenda che la storia aveva già spoilerato 85 anni prima. Poco importava: il pubblico doveva tifare per Jack e Rose.
“È sempre necessario chiedersi quale sia la grammatica corretta dal punto di vista visivo per un certo film. C’è chi pensa che un film in costume debba necessariamente venire girato come Barry Lyndon, come se fosse inquadrato su un proscenio. Io ho voluto girare Titanic come Terminator. Volevo ottenere gli effetti soggettivi e claustrofobici dei miei altri film, come The Abyss o Aliens. Ricordo che qualcuno mi disse che non potevo filmare la sequenza aerea che gira intorno al Titanic perché, dato che non c’erano elicotteri nel 1912, sarebbe sembrata una scelta fuori posto. Ecco, io sono convinto del contrario. Volevo usare gli strumenti a mia disposizione per tutta l’ampiezza possibile dello spettro dinamico, ma sempre correttamente dal punto di vista della drammaturgia. David Lean faceva lo stesso. Ricordo l'incredibile carrello di una gru che toglieva il fiato nel Dr. Zivago. Non avrebbero potuto fare nulla del genere nel 1917, ma che importa?”.
Ecco perché, al netto dell’enorme quantitativo di risorse utilizzato per portare al cinema la sfortunata epopea di Jack e Rose, la capacità del film di bucare lo schermo poggia proprio sull’intuizione di James Cameron di girare "Titanic come Terminator". Quasi tutto il film sembra mirato a voler emozionare proprio come quella "carrellata mozzafiato" nel Dr. Zivago. Cameron lo fa spesso: prende qualcosa che cattura la sua attenzione e lo trasforma in ore e ore di racconto per immagini. Non è un caso che si sia convinto a girare Avatar dopo aver visto i risultati raggiunti con il Davy Jones di Pirati dei Caraibi - La Maledizione del Forziere Fantasma. Proprio come con la famosa carrellata di David Lean, ha preso il motion capture in maniera assolutamente massiccia e ci ha costruito un intero universo narrativo nel quale, oggi, intende ambientare altri 4 capitoli . La spropositata ambizione di Cameron non è solo nella scala dei progetti, ma anche nella capacità di pensare in grande infischiandosene apertamente di come chiunque altro girerebbe una determinata tipologia di film. “Immaginate di dover girare uno spot per la White Star Line” disse alla troupe durante i lavori delle sequenze aeree che mostravano il Titanic in piena navigazione. Poi, dopo l'impatto della nave con l'iceberg, il grande affresco storico rovescia le carte in tavola e mischia a Via Col Vento e a Romeo e Giulietta il disaster movie e il thriller, con tanto di fuga disperata degli innamorati tra i corridoi della nave mentre l'acqua dell'oceano li insegue venendo fuori "dalle fottute pareti". Anche per questo, il film che venne annunciato al pubblico come una grande storia d’amore ("Niente al mondo poteva dividerli” appariva sui poster con Jack e Rose) fu reclamizzato con la dicitura “dal regista di Aliens, Terminator 2 e True Lies”. L’intuizione di Cameron era corretta e la scommessa fu vinta: una enorme fetta di pubblico - per niente interessata a prodotti come Aliens, Terminator 2 o True Lies - comprese di avere a che fare con un film che, al netto della confezione gigantesca, parlava con una grammatica inusuale e affascinante.
E ancora oggi, uno degli emblemi del successo del film non è solo nei numeri, ma anche in una delle scariche di adrenalina più celebri di sempre: al termine della cerimonia degli Academy Awards, dopo gli incassi record e la conquista di 11 premi Oscar, Cameron impugnò le sue statuette e urlò a gran voce “Sono il Re del Mondo!” riprendendo il grido di Leonardo DiCaprio nel film. Jack Dawson era affogato, ma James Cameron non era mai stato così in vetta.