Tim Burton e il Natale, tra candore e oscurità

Ecco i tre film di Tim Burton che raccomandiamo per passare un weekend natalizio fatto di chiaroscuri e outsider

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Nel labirinto di emozioni, simboli, atmosfere e tormenti che va a formare la filmografia di Tim Burton, strano a dirsi, il Natale ha un posto speciale. Tecnicamente dovrebbero esserci ben poche cose più lontane di neve, luci colorate, berretti rossi col pon pon e regali da scartare dall’estetica gotica burtoniana fatta di cieli neri, architetture gotiche, freak e brividi di paura. Ma proprio come molte delle sue creature, il regista è affascinato e attratto dal suo opposto: studia il Natale, e anche se non riesce a capirlo ne è affascinato, proprio come il suo Jack Skeletron, e lo ripropone in varie occasioni nelle sue pellicole: a volte come allegoria, a volte come tema centrale, a volte semplicemente come scenario agrodolce e controverso contro cui far muovere i protagonisti delle sue storie.

Per chi, come Burton, si sentisse allo stesso tempo affascinato ma estraniato dalle atmosfere che imperversano in queste giornate di festa, ecco i tre film del corpus burtoniano che raccomandiamo per un weekend natalizio fatto di chiaroscuri, di allegria mista a malinconia e di misfits a cui la neve, le slitte, i regali e le carole non portano tutta la gioia e la serenità che dovrebbero.

Edward Mani di Forbice

In quello che forse più di ogni altro è il film “manifesto” di Burton, il natale non ne esce benissimo. Nella dicotomia visiva e concettuale che separa la cittadina dei Boggs dal castello sulla collina, il natale è saldamente dalla parte del primo. Anzi, forse ne è l’espressione più vacua e di facciata in assoluto, con la sua neve finta da fissare sui tetti con la sparachiodi, i suoi addobbi kitsch ed eccessivi e i suoi riti comunitari vacui. Per di più, è nelle giornate che precedono il natale che si consumano gli ultimi atti della piccola tragedia di provincia di Edward. Prima attraverso l’ipocrisia e il bigottismo degli abitanti del villaggio, che disertano ‘la solita festa di natale di Boggs’, lasciando la famiglia sola in casa per quella che si presume sia la prima volta in assoluto, e poi sfociando nella rivolta finale: è tra alberi di natale e luci colorate che Edward viene braccato, inseguito e ricacciato nel castello di famiglia, ed è sempre nella notte di natale che i cittadini infuriati violano il confine che separava i due mondi per riversarsi in quello del castello, dove va in scena la catarsi finale che priva Edward della sua innocenza con il suo primo e unico omicidio consapevole, che chiude la vicenda e separa per sempre i due innamorati.

Verrebbe da pensare che, per il gioco delle contrapposizioni, il natale al castello abbia toni più sinceri e felici, ma non è così: è in un altro periodo natalizio, a cui assistiamo in flashback, che va in scena la morte del vecchio inventore di Vincent Price, che si accascia al suolo distruggendo il regalo che doveva ‘completare’ la creatura e renderlo una persona completa, come a dire che la felicità non è di casa nemmeno nell’‘altro’ natale, quello gotico.

Edwars Scissorhands è però un film agrodolce, e dopo tanta agrezza il finale regala anche un ultimo tocco di dolcezza, attribuendo alla figura di Edward la paternità della vera neve, che da allora cade sul villaggio, riportando un minimo di sincerità e di dolcezza. Non ci è dato di sapere cosa accade al resto degli abitanti della vicenda dopo l’atto finale, e non ci facciamo troppe illusioni sul fatto che Joyce e gli altri membri del vicinato siano cambiati troppo, ma a giudicare dal ricordo di Kim, dalla genuina sensibilità della nipotina e dalle atmosfere più calde e sincere che abbracciano le scene finali, ci permettiamo di credere che almeno ad alcuni pochi eletti la storia abbia regalato uno spirito diverso e sentimenti più genuini.

Nightmare Before Christmas

Più sfaccettato, più ironico e più divertente, ma comunque non privo di una sottile vena di amarezza è il Natale che diventa l’ossessione di Jack Skeletron nell’ormai grande classico di stagione prodotto da Burton, l’Incubo Prima di Natale che vede il Re di Halloween, stanco di atmosfere lugubri e di scherzi macabri, sognare le luci, i colori e i sentimenti benevoli associati alla festività “rivale”.

Vediamo il Natale di Nightmare (e la relativa città) quasi esclusivamente tramite gli occhi di Jack, e non manca di una certa connotazione caricaturale (come ogni cosa e ogni personaggio all’interno del film). Viene da chiederci quanto sia effettivo il miraggio del natale come ideale di perfezione dove ‘vivere, vivere, scaldarsi il cuore e vivere’ e quanto invece sia dettato dal desiderio di voltare pagina di Jack, ma anche se fosse semplicemente un’illusione, un ideale impossibile da perseguire, almeno una scintilla di magia vera è racchiusa nel natale di Nightmare, quella di restituire a Jack la voglia di organizzare, di creare e di comandare la sua popolazione, e in quello il miracolo natalizio è genuino.

Anche qui non manca un’eloquente stoccata allo spirito natalizio di facciata della gente comune, che vedendosi privata dei regali e dei gadget tradizionali reagisce sommariamente a cannonate e a colpi di contraerea, e sotto sotto non possiamo che provare un piccolo, perverso piacere nel vedere le reazioni e le grida di terrore di grandi e piccini di fronte al natale e ai regali alternativi di Jack che, diciamocelo, mettono un po’ più di brio e rendono stuzzicanti le atmosfere mielose e trite del natale più tradizionale. E viene da chiedersi anche quanto sia ‘lieto’ il lieto fine, che vede Jack accettare il suo ruolo e tornare di buon grado a spaventare il mondo per Halloween, avendo capito (con le ‘cattive’ che la bontà e le atmosfere benevole a lui sono precluse). Con la caduta della ‘vera neve’ (un leitmotiv ricorrente, vero?) sulla città di Halloween e una pace/amicizia ritrovata tra Jack e Santa Claus, però, il confine tra i due mondi ora è meno netto e più valicabile, e in questo gemellaggio ‘light’, Nightmare si conclude su una nota più felice rispetto a Edward.

Batman - il ritorno

Paradossalmente, il più ‘natalizio’ dei film di Burton è forse quello in cui il tema del natale è più defilato in sottofondo, il Batman - il ritorno che vede l’uomo pipistrello misurarsi con il Pinguino e Catwoman in una Gotham City ammantata di neve per le festività natalizie. Già, Gotham City: perché il connubio tra la città ‘oscura’ per eccellenza e il bianco della neve natalizia è visivamente potente e concettualmente… futile. Il manto bianco che in Edward era un dono tardivo per le generazioni future e in Nightmare era il simbolo di una pace ritrovata tra le due comunità e l’animo tormentato del protagonista, stavolta non ce la fa. La Gotham innevata è ancora una città oscura, dove il nero dei grattacieli e le sagome inquietanti della sua architettura gotica traspaiono anche sotto le decorazioni e la coltre bianca.

Scenario perfetto sia per la vicenda, dove la Gotham ‘sotterranea’, quella dei freak incarnati dal Pinguino, ‘trapela’ nonostante quella di superficie tenti di nasconderla, sia nelle storie incrociate dei tre protagonisti: il pipistrello, la gatta e il pinguino, tutti e tre alienati a modo loro dalla società ‘ufficiale’ e votati a reagire a modo loro a quell’esclusione. Esclusione che viene sottolineata e potenziata dalle atmosfere natalizie che tentano di ‘colorare’ Gotham City di buoni sentimenti. Se già nella Gotham City di tutti i giorni i tre non trovano il modo di integrarsi, come potranno mai farlo in una città che si ‘veste’ (seppur sommariamente e senza troppa efficacia) di bontà e di luci?

La visione del natale più lontana e meno ‘amichevole’ di tutte tra quelle Burtoniane, eppure – e qui forse sta la vera chiave di lettura della festività nella concezione del regista – un filtro più efficace e netto che mai per fare emergere i tormenti irrisolti, le sensibilità inappagate e l’impossibile desiderio di appartenenza che caratterizza tutti gli outsider dei film burtoniani.

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