The Watchers: dove si vede il patrimonio genetico di Shyamalan nel film della figlia Ishana?
Con The Watchers Ishana voleva mostrare la nascita di una nuova regista. Ha dimostrato che è nata una nuova Shyamalan.
C’era sempre uno Shyamalan dietro alcuni degli episodi più clamorosi di Servant. Non solo M. Night, che ha ideato e dato il via alla serie, bensì un nome nuovo: Ishana. È giovanissima. Così giovane che la sua pagina Wikipedia americana attualmente presenta uno shyamalan twist sulla sua data di nascita. Indica un vaghissimo, e per questo esilarante, “age 22–23”. Però siamo lì insomma, è nata dopo Unbreakable (2000) e prima di Signs (2002). Fa film perché è una nepo baby cresciuta sui set del padre masticando cinema e arte (la sorella è Saleka, cantante che vedremo anche in Trap). The Watchers è il suo esordio alla regia di un lungometraggio. È un film complicatissimo che deve fare due cose contraddittorie: dimostrare che Ishana ha il talento del padre e dimostrare che Ishana non è suo padre, ma una regista con idee e uno stile proprio.
Ne parliamo senza spoiler sui colpi di scena più importanti, ma entrando nel dettaglio della trama. Leggete con cautela.
The Watchers - Loro ti guardano e ti danno delle regole
Per un attimo The Watchers sembra un film distopico che prende le mosse da una sorta di "Grande Fratello” perverso. È il tema del panopticon, della visione diffusa. Un carceriere guarda il carcerato, ma non può essere visto a sua volta. Il carcerato non sa quando la guardia lo osserva o quando no. Questa incertezza di un controllo che può essere assente o, al contrario, diffuso e costante lo rende incapace di ogni ribellione. È il principio su cui si basa The Village, dove un popolo vive nel bosco circondato da delle creature che li sorvegliano.
Shyamalan lavora spesso con le regole. Segnano la base della convivenza tra diversi. Ci sono nel villaggio infestato della Pennsylvania, ma anche nel residence in cui si svolge l’incontro tra uomini e la narf di Lady in the Water. Persino in The Visit nonni e nipoti hanno impostato delle regole ben precise da seguire! The Watchers non è da meno.
Mina si ritrova in una foresta irlandese, è smarrita proprio come una qualsiasi protagonista delle fiabe. Viene salvata da una donna che la porta in un bunker con altre due persone. Dentro c’è un arredamento spartano, tre pareti e un vetro riflettente. Di sera dovranno essere spontanei mentre sono chiusi nell'edificio, osservati da un pubblico misterioso.
Dal “vedo la gente morta” del Sesto senso ai arriva allo stato di costante osservazione che affrontano i protagonisti di The Watchers. Chi sono le persone viste? Quando è al suo meglio il film prova a continuare un discorso molto caro al padre: l’esperienza di essere spettatori, il rapporto tra rappresentazione ed essere. Mina si mette una parrucca in una sequenza prima di mettersi in viaggio. La sua scrittura in quanto personaggio è, come il marchio Shyamalan richiede, caricata di significati simbolici. Essere attori nella propria vita, è questo uno degli spunti principali che Ishana Shyamalan cerca di sviluppare a partire dal romanzo di A. M. Shine.
La foresta e le fiabe
Sembra di essere dalle parti di Wayward Pines o dell’ambientazione rurale di Bussano alla porta. In The Watchers la sospensione dell’incredulità che viene richiesta è la stessa che devono applicare i bambini ascoltando una fiaba. La foresta è un luogo separato da tutto il resto, un mondo a parte, dotato di confini precisissimi: i cartelli che indicano “punti di non ritorno” posti qua e là. Dentro e fuori dalla fiaba.
Sempre inserito nel marchio Shyamalan è il trattamento del “villain”. Come il padre, anche Ishana usa archetipi per delineare i personaggi principali, salvo poi provare a sfumare gli antagonisti. Nei film migliori del genitore c’è sempre il desiderio di trovare ragioni psicologiche dentro figure costrette in ruoli narrativamente rigidi. In altre parole: il cattivo Elijah Price di Unbreakable dovrebbe essere un classico antagonista, opposto al supereroe. Risulta essere, alla fine, il vero protagonista: colui che ha l’arco narrativo più ampio e rilevante. I mostri di The Village allo stesso modo da anonimi trovano un’identità nel twist a fine film.
The Watchers la giovane regista cerca di emulare lo stesso meccanismo narrativo del padre, rendendo i misteriosi spettatori qualcosa di più che dei semplici carcerieri. La regia ha fretta, ha il desiderio ingenuo da opera prima, di inondarli di simboli e significati.
Chi sorveglia i sorveglianti?
Il cinema di M. Night è legato all’11 settembre; a quel tipo di paura originata da un nemico infiltrato negli spazi ritenuti sicuri. La tragedia, nel suo cinema, arriva all’improvviso come un plot twist. Ishana ha assimilato questo pensiero però poi lo porta dove interessa di più alla generazione Z.
Le inquietudini vengono dai media che portano TV spazzatura, che fanno sentire osservati e giudicati. Essere visti, dover essere se stessi, ma al contempo fornire informazioni interessanti per chi guarda è un meccanismo da social network. Ad un certo punto, in The Watchers, si descrivono delle aberrazioni. Sembra di ascoltare un discorso intorno all’intelligenza artificiale e alla sua potenziale sostituzione degli artisti.
Shyamalan twist
Con un cognome del genere non può mancare nemmeno l’amato e talvolta odiatissimo Shyamalan twist. The Watchers abbonda di colpi di scena e contraccolpi. La sceneggiatura si svolge come in una strada a tornanti, cambiando talvolta genere, stile e focus narrativo.
Una fiaba di paura, una storia che cerca di stupire ad ogni costo, un’opera prima fatta con mezzi importanti e con lo sguardo libero della giovinezza. Un film che vive sul suo mistero centrale e che vuole trovare profondità nei suoi ribaltamenti. Con The Watchers Ishana voleva mostrare la nascita di una nuova regista. Ha dimostrato che è nata una nuova Shyamalan.
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