The Tomorrow Children, la prova della beta
Il titolo di Q-Games si svela nuovamente in una beta: alla scoperta di The Tomorrow Children
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
The Tomorrow Children pare ispirarsi direttamente a questa controversa opera che ha scosso il mondo e innalzato la fama del suo autore a livello internazionale. Premesse e ambientazione, tuttavia, sono prese in prestito da una precisa corrente artistica: la distopia. La beta alla quale abbiamo avuto piacere e fortuna di provare nei giorni scorsi, non si dilungava su cause e motivi che hanno reso il mondo un’indistinguibile distesa oleosa praticamente incolore. L’oscuro e sinistro personaggio, che con malcelata retorica trasforma ogni richiesta in ordine, all’interno del teleschermo con cui comunica con il personaggio di cui vestiamo i panni accenna sbrigativamente ad un esperimento finito male. Accento e strambo linguaggio che utilizza ci proiettano automaticamente nei pressi nell’Est Europa: Russia probabilmente, Unione Sovietica vista la carica politica che caratterizza ogni frase.
Non sappiamo chi e cosa siamo di preciso, consci unicamente di essere imprigionati in una sorta di avatar, un guscio, forse composto da byte e stringhe di codice, che in qualche modo riesce a sopravvivere ed interagire nel Void: il vuoto incolore che ci circonda e si espande sino all’orizzonte. Difficile credere all’oscuro personaggio, impossibile non dare ascolto alle sue direttive e ritrovarsi, dopo un breve preambolo che funge da basilare tutorial, di fronte alla terribile realtà: non siamo altro che una delle tante operaie che si danno da fare per (ri)costruire e difendere i vari centri abitati che cercano disperatamente di contrastare la distesa del nulla e la furia distruttrice degli Izverg, creature colossali aggressive per natura, forse surrogati del male che un tempo albergava negli esseri umani.
"siete schiavi, costretti a lavorare di continuo con poche spiegazioni e magre consolazioni"[caption id="attachment_150071" align="aligncenter" width="508"] In pieno stile Age of Empire, costruendo statue, edifici e altre strutture farete progredire il livello tecnologico della città, potendo così sbloccare tutta una serie di nuovi potenziamenti per il vostro avatar e per lo stesso centro abitato.[/caption]
Tutto ruota attorno ad un interessante sistema di crafting che, almeno nel corso di questa beta, non ci ha dato l’idea di voler competere con quelli di Minecraft e Terraria. Per certi versi il termine di paragone più prossimo è Age of Empires: per costruire un edificio, per dare energia elettrica al centro abitato, servono un tot di risorse che potete recuperare raggiungendo location specifiche, come suggerito poco prima, o completando semplici minigiochi attivando particolari meccanismi nella città stessa. Persino quando si combattono i giganteschi Izverg si ha la costante impressione di adempiere semplicemente al proprio dovere. Nonostante la pericolosità degli avversari affrontati, ogni forma di eroismo, ogni sensazione di epicità è attenuata dal continuo conteggio dei proiettili, costosi e difficili da ottenere, che si consumano ogni volta che si preme sul grilletto. Essere efficienti è un obbligo verso la patria, non sprecare le risorse un riconoscimento verso il lavoro delle proprie compagne.
Anche per questo motivo è bene investire il denaro raccolto in giro per acquistare strumenti di contrabbando, che possano rendere il lavoro di estrazione e recupero metalli più veloce, nonché spendere con oculatezza i punti abilità ottenuti. Il poco tempo concessoci con questa beta non ci ha dato modo di saggiare la profondità del sistema ruolistico alla base di The Tomorrow Children, ma lascia presagire che prima o poi dovremo decidere in cosa specializzare l’avatar, se, cioè, farlo diventare soprattutto un raccoglitore, un costruttore o un soldato che possa difendere colleghe e città.
[caption id="attachment_150070" align="aligncenter" width="508"] Se tecnicamente il titolo non può certamente definirsi sbalorditivo, l’art design riesce a dipingere alienanti e affascinanti scorci di una desolazione indescrivibile.[/caption]
Q-Games, dopo l’eterogenea saga di PixelJunk, sembra essersi imbarcata in una sfida non da poco, in una scommessa rischiosissima che potrebbe anche perdere. The Tomorrow Children, più che un gioco, ci è parso un suggestivo esperimento antropologico, un “metavideogioco” che, con un pizzico di autocritica, vuole denunciare le meccaniche, distopiche e non certo democratiche, con cui certi titoli rendono l’utente schiavo di pratiche ripetitive e alienanti come il crafting. Manca la libertà creativa di Minecraft, elemento imprescindibile dell’opera di Markus Persson, ma il concetto alla base è effettivamente spiazzante. Resta da vedere se oltre alla strisciante analisi del medium stesso, The Tomorrow Children saprà offrire anche altro. Perché è certo che non basta un’ambientazione estremamente affascinante, né un prepotente despota per convincerci, dopo la meraviglia iniziale, a sgobbare come degli Ivan Denisovič qualunque.