The Strangers è il male senza un perché

The Strangers di Bryan Bertino è uno home invasion il cui l’aspetto più spaventoso è l’assenza di motivazioni dietro la violenza

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The Strangers va in onda su Italia 2 questa sera alle 21:10 e domani sera in replica alle 22:52

The Strangers di Bryan Bertino è un piccolo thriller (almeno in termini di budget) fin troppo dimenticato e soprattutto incompreso e criticato per i motivi sbagliati. Uscito nel 2008 in contemporanea con un altro film molto simile nei presupposti ma ricevuto dalla critica in maniera quasi opposta (l’auto-remake di Funny Games di Haneke), è uno degli esempi più puri e incontaminati di home invasion, quel sottogenere tra thriller e horror che prevede una o più persone intrappolate in un contesto domestico e uno o più assassini che li perseguitano. Rispetto a molti altri rappresentanti, però, gli manca qualcosa, che di norma viene considerato vitale per dare un senso a un’opera del genere e la cui assenza è al contrario uno dei punti di forza del film: un perché.

The Strangers e l’home invasion

L’idea di rinchiudere un gruppo di persone nel luogo teoricamente più sacro e inviolabile che esista (casa propria) e di sovvertire il loro senso di sicurezza trasformando uno spazio conosciuto in un labirinto mortale è vecchia come il cinema: David W. Griffith, quello di Nascita di una nazione, nel 1909 diresse un corto intitolato The Lonely Villa (lo trovate su YouTube, per esempio qui), nel quale un gruppo di criminali si infiltra in una villa dove mamma e figlia devono nascondersi in attesa che arrivi il padre a salvare la situazione. E se in queste poche righe ci avete letto un po’ di, per esempio, Panic Room di David Fincher, be’, ci avete visto giusto: la storia della home invasion va in parallelo a quella del cinema tutto, quello che cambia anno dopo anno sono i dettagli, le ambientazioni, gli strumenti a disposizione (pensate solo a quanto è cambiato il genere da quando esistono gli smartphone), la quantità di violenza mostrata...

Anche in questa lunga storia creativa, però, il 2008 spicca come uno degli anni più importanti per il genere (per quanto non alla pari del glorioso 1971, l’anno di Arancia meccanica, Brivido nella notte, Cane di paglia e Terrore cieco). Eravamo alla fine del primo decennio degli anni 2000, che aveva visto il grande ritorno della home invasion dopo anni di oblio: prima grazie al già citato Panic Room, poi al secondo film di Alexandre Aja Alta tensione e all’altrettanto francese Them, datato 2006; quello stesso anno uscì anche il remake di Chiamata da uno sconosciuto (un classico del genere del 1979), e l’anno successivo fu il turno di À l’intérieur. The Strangers arriva nel pieno di questa resurrezione, accompagnato dal remake di Funny Games e dal dimenticatissimo La terrazza sul lago con Samuel L. Jackson (e volendo anche da Martyrs); e lo fa in un modo tutto suo, che all’epoca spiazzò buona parte della critica e che è invece il motivo per cui funziona così bene.

Liv Tyler Scott Speedman

The Strangers è una storia vera?

Se volete sapere tutto su The Strangers e volete farvelo dire direttamente da Bertino, su Internet Archive trovate le note del film; se non avete voglia di leggere tutto vi facciamo un riassunto: il regista racconta che quando era piccolo viveva in una casa in mezzo al nulla, e una sera che era a casa da solo con la sorella qualcuno venne a bussare alla porta chiedendo se una certa persona vivesse lì; più tardi si scoprì che era una banda di ladri che entravano nelle case dalle quali non arrivava risposta. Per The Strangers, Bertino sceglie quindi di immaginarsi la situazione opposta: un gruppo di persone che bussano a casa tua per vedere se c’è qualcuno, sperando che la risposta sia sì.

Liv Tyler e Scott Speedman sono Kristen e James, i due “qualcuno” del film: una coppia in crisi che si ritrova suo malgrado in una casetta in mezzo al nulla, dove James sperava di festeggiare il “sì” di Kristen alla sua proposta di matrimonio. Il fatto che le cose non siano andate così è il minore dei problemi per i due, che si ritrovano perseguitati da un trio di persone mascherate che li intrappolano in casa e li terrorizzano e torturano con l’evidente intento a un certo punto di farli fuori: come detto, è il più classico dei setup da home invasion, che Bertino gestisce con un approccio quasi mumblecore fatto di frasi smozzicate, conversazioni sospese in aria, non-detti e tanta, tantissima (a tratti troppa, soprattutto sui primi piani) camera a mano, e che evolve poi in una altrettanto classica sfida gatto vs topo piacevolmente sanguinolenta seppure un po’ troppo buia.

Liv Tyler

Il male senza un perché

Descritto così, quindi, The Strangers sembra solo un altro dei tanti rappresentanti del genere, un nome in più da aggiungere a una lista e poco altro. E le recensioni dell’epoca lo confermano: secondo Roger Ebert, “neanche tutto il mestiere del mondo può salvare questa storia”, e altre voci critiche all’epoca lo definirono “home invasion sadico e immotivato”, “titillazione sadica”, un film che “usa il cinema per scopi discutibili e malvagi”. Ed è incredibile constatare quanta verità ci sia in queste affermazioni, e quanto a molte persone all’epoca (ma non al pubblico pagante, visto che a fronte di 9 milioni di budget il film ne incassò 82) sia sfuggito completamente il punto di The Strangers.

Che è precisamente il motivo per il quale è stato criticato: i tre killer di turno fanno quello che fanno semplicemente perché lo fanno – “because you were home”, “perché eravate in casa”, come spiegano loro stessi. Non hanno motivazioni, scopi, secondi fini, non hanno un passato tormentato da vendicare e non sono neanche dei presunti esteti come Alex di Arancia meccanica, o gente la cui apparente carenza di motivi è in realtà spiegata nel titolo del film (ancora Funny Games, ovviamente): sono tre persone che fanno quello che fanno e non hanno alcuna intenzione di spiegare perché. Possiamo assumere che si divertano, almeno così sembra a vederli in azione, ma a parte quello The Strangers è un film dove il male si esprime puramente tramite azione, e non ha bisogno di giustificare la propria esistenza andando a scavare nella psiche di chi lo perpetra: il fatto di non sapere perché i tre assassini mascherati stiano facendo quello che stanno facendo è fondamentale per l’atmosfera di The Strangers, perché elimina ogni tipo di speranza e riduce i due protagonisti ad animali che devono sopravvivere.

Non è quindi un problema se Dollface, Pin-Up Girl e The Man in the Mask non hanno alcun motivo per fare quello che fanno: il punto è che lo fanno, esattamente come nel mondo reale l’hanno fatto Reginald e Jonathan Carr o Joshua Komisarjevsky e Steven Hayes. La violenza senza un perché esiste ed è spaventosa proprio perché incontrollabile e incomprensibile, e il fatto che The Strangers scelga di parlarne ne elimina ogni possibile aspetto consolatorio (“l’hanno fatto perché... e quindi...”), lasciando scoperto solo l’orrore.

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