The Others, il film più intelligente tratto da Giro di vite

La luce, il buio, le informazioni nascoste e quelle anticipate, tutto in The Others funziona come un trucco di prestigio per rileggere Giro di vite

Critico e giornalista cinematografico


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The Others, il film più intelligente tratto da Giro di vite

The Others sarebbe una delle mille versioni di Giro di vite messe in circolazione.

Ma ha la grandezza di usare il principio base del racconto cambiando completamente il punto di forza. Per farlo non solo occorre una gran capacità di capire il romanzo originale nelle sue debolezze e nelle sue grandezze ma anche di riuscire a riraccontarlo puntando su altro, usare quella storia per creare tutt’altre dinamiche.

L’idea vincente di Amenabar (che dirige e scrive) è di creare un contrasto tra ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo. Il principio base della narrazione, lo yin e lo yang, la luce e l’ombra. Partendo dall’idea visiva di un film tutto al buio (reso possibile dalla trovata dei bambini fotofobici a livello patologico), The Others illumina di volta in volta quel che gli serve, nelle immagini così come nella storia, e noi non ci accorgiamo che Amenabar ci sta raccontando solo quello che gli serve lasciando troppo al buio.

Per farlo va a pescare nell’inconscio collettivo. La prima idea è quella di attingere ad un bacino prima di tutto visivo che già conosciamo e già colleghiamo alla paura. Non ci può essere troppo da costruire, le immagini devono funzionare con poco e dobbiamo già temere quel che non vediamo. Il gotico è la scelta più scontata e semplice. Ma anche l’espressionismo tedesco, non altrettanto noto come il gotico ma così influente da ritrovarsi in tanti lavori successivi e quindi parte dell’immaginario collettivo inconsapevole. The Others contiene temi come la pazzia patologica, il doppio e gli specchi che da quel cinema vengono. Ma ha anche l’idea della sofferenza come rivelatrice di sensibilità, di prossimità alla morte in un mondo di pizzi, bambole e grandi ville che attinge al gotico.

the others kidman

Tutto il film è un elaborato gioco di prestigio che attira la nostra attenzione in una direzione con una finta trama, ci fa perdere tempo appresso ad un’ombra, al fatto cioè che i bambini siano fotofobici a livello terminale, come se quel dettaglio fosse cruciale a svelare i molti misteri. Così non ci accorgiamo di qualcosa di talmente evidente che ad una seconda visione sembra incredibile che non lo si sia capito subito. Fin dal titolo è sempre molto evidente cosa stia succedendo, il film ci fornisce tutti gli elementi per capirlo da noi, solo che siamo attirati altrove.
Quando Anne in un vestito da comunione che grida gotico gioca con una bambola, di colpo avrà le fattezze di una donna anziana. Non lo sappiamo ma è perché nella realtà la sta possedendo tuttavia le immagini ce lo stanno dicendo perché la bambola con cui gioca è la bambola di una donna anziana. Ma anche Mrs. Mills che dice “La morte di una persona cara può spingere la gente a fare le cose più strane” è una chiara spiegazione di cosa sia accaduto.

the others doll

Non ci arriviamo perché siamo presi dall’idea classica che ci siano dei fantasmi, il gotico e l’espressionismo fanno quel lavoro lì, ci spingono inconsapevoli in una direzione nota. Invece una serie di invenzioni intelligenti nella messa in scena creano l’intreccio e gettano una foschia simile a quella che sta intorno al maniero, impedendoci di capire ma nondimeno aumentando la curiosità.
Perché Amenabar oscilla tra due i due movimenti fondamentali della suspense (e non dell’horror) che sono levare informazioni agli spettatori o dargliene in numero maggiore rispetto ai personaggi. Quando Anne parla con Victor riguardo al proprio letto, il pubblico e Nicholas sentono una voce, ma avendo inquadrato Anne di schiena non sappiamo se non sia lei a fare quella voce. E anche quando Victor le vuole toccare la guancia non ci viene mostrato cosa accade ma solo il volto di Nicholas.
E poi avviene il contrario come quando seguiamo in parallelo Grace che scopre che il personale di servizio è deceduto mentre nel cimitero i bambini ci interagiscono.

the others stairs

The Others è un film pensato e meticoloso nella maniera in cui mostra i suoi eventi come pochi altri. Mentre gli horror dozzinali imitano, The Others finge di imitare e in realtà sta innovando, finge di essere prevedibile ma calcola ogni scena di suspense per avere due significati, ciò che sta davvero succedendo e ciò che noi crediamo stia succedendo, giocando con la messa in scena per fare in modo che propendiamo sempre per la seconda ipotesi. È complicatissimo tenere questo tono lungo tutto il film, e richiede una capacità non comune di saper lavorare le immagini più che il testo.

https://www.youtube.com/watch?v=fiQp2wP0XrM

Tanto che è con le immagini che il film, fin dalla prima scena introduce la logica del nascondimento (la nebbia, il buio). E alla fine la risoluzione a suo modo banale (in fondo è solo la classica storia di fantasmi che infestano una casa vista dal loro inconsapevole punto di vista) sarà resa geniale dall’impressione che noi, il pubblico, abbiamo capito tutto da soli. Invece di rivelarci il trucco a parole (cosa che sarà comunque fatta poco dopo con dovizia di spiegone) scopriamo come stanno le cose con un’immagine, quando i bambini in camicia da notte irrompono in una seduta spiritica e Anne sussurra qualcosa all’orecchio della medium. Lì c’è tutto. Quel gesto e quell’immagine, così classici, così gotici, così noti spiegano tutto ben prima che sia detto e ripetuto.

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