The Northman è il film “di vichinghi” definitivo?

The Northman è una storia di vendetta ispirata alla mitologia e alla cultura vichinghe: è il meglio che sia mai stato fatto nel genere?

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The Northman è su Prime Video

Non fatevi ingannare dal punto di domanda nel titolo: non è un artificio retorico ma una vera domanda che ci poniamo da quando il film di Robert Eggers è uscito al cinema un anno fa, e che non abbiamo mai smesso di porci anche solo perché non è ancora uscito un concorrente plausibile. Eggers è uno che ci tiene molto a fare i film [x] definitivi: The Witch, per esempio, è il film di streghe del New England definitivo, come The Lighthouse è il film di fari definitivo. The Northman è arrivato sulla scorta di una generale riscoperta dell’estetica e dell’epica vichinga, al cinema, in TV ma non solo: a un anno di distanza dall’uscita, possiamo considerarlo come “definitivo”?

Innanzitutto, spieghiamo cosa intendiamo con “definitivo”. È presto detto: Robert Eggers è un nerd nel senso più puro del termine, è un maniaco dei dettagli, è uno che passa più tempo a studiare ogni singolo passaggio, ogni singolo costume dei suoi film che a girarli effettivamente. Aneddoto personale: due anni fa, chi scrive ebbe modo di fare quattro chiacchiere con Paolo Buzzetti, assistente al montaggio del film nonché esperto di effetti speciali che tra le altre cose ha in curriculum The Martian e Alien: Covenant, il quale raccontò che Eggers si presentava ogni giorno sul set con una nuova pila di libri da studiare per assicurarsi di non sbagliare nulla. Tutto quello che si vede nei film di Robert Eggers è accuratamente studiato e ricercato e controllato e fatto controllare a esperti e ricontrollare a esperti di esperti.

Il fatto che questa attenzione maniacale al dettaglio e alla ricostruzione fedele non vada a inficiare sulla qualità del resto dell’oggetto-film è uno dei motivi per cui Robert Eggers è uno dei migliori registi in circolazione, ma il nostro punto è un altro: quando decide di raccontare qualcosa, Eggers ci tiene a farlo nel modo più giusto possibile – gli piace aprire finestre su altri mondi ormai scomparsi, e gli piace l’idea di portarli sul grande schermo in modo definitivo, appunto: chiunque volesse fare un altro film sulle streghe e i coloni del New England con lo stesso approccio folk/storico dovrà confrontarsi per forza con The Witch; oggi, al cinema, quel periodo storico è quel film.

L’idea alla base di The Northman è la stessa: intercettare questa fascinazione con la c.d. “cultura vichinga” che in questi ultimi anni è stata soddisfatta con film, serie TV, musica, videogiochi e chissà cos’altro, e mettere la parola “fine” sulla costante ricerca della versione migliore, o più, passateci il termine, “realistica”. Eggers si è fatto aiutare, nella scrittura e nella ricostruzione scenografica, da un archeologo, da un professore di folklore nordico, da una storica dell’epoca vichinga e da Sjón, poeta, romanziere e grande amico di Björk: ha voluto un’intera squadra che tenesse sotto controllo i costumi, le architetture, la foggia delle armi, ma anche dettagli più minuti e difficili da notare – un esempio è la valchiria con i denti tatuati, che si intravede in un paio di inquadrature e che al tempo dell’uscita suscitò facili ironie sul fatto che portasse l’apparecchio.

Fin qui abbiamo parlato di intenzioni. E il risultato? Be’, c’è un problema di fondo dietro alla domanda “The Northman è il film di vichinghi definitivo?”, ed è il fatto che “vichinghi” vuol dire tutto e niente: stiamo parlando di gente che veniva dalle attuali Danimarca, Svezia e Norvegia, e che nel giro di due secoli arrivò fino in Gran Bretagna, in Russia e anche dall’altra parte dell’oceano, sull’isola di Terranova. Soprattutto, non tutti i popoli nordici erano vichinghi, cioè: “vichingo” non è una nazionalità ma un mestiere. Alcuni vichinghi erano, come li definivano, nel sud dell’Europa, pagani, cioè seguaci delle antiche religioni norrene; altri divennero cristiani, pur senza smettere di essere vichinghi. E questa che abbiamo scritto in questo paragrafo è un’estrema semplificazione (della quale ci perdoneranno gli storici all’ascolto) di una situazione culturalmente ancora più complessa.

In sostanza stiamo dicendo che è impossibile fare “il film di vichinghi definitivo”, perché sarebbe un po’ come pensare di  fare il “film definitivo sui corsari”, o magari “sui preti”. The Northman è ambientato nell’895, quando i vichinghi esistevano già da circa un secolo: al massimo può essere il film definitivo su quei vichinghi. Se non fosse che… non lo è: è piuttosto una sorta di Best Of, un mix di elementi presi da diverse fonti, mix peraltro giustificato dal fatto che The Northman non vuole essere un film storico ma un fantasy fatto e finito, con magia, spade di fuoco, valchirie e visioni.

Tutto questo è stato peraltro confermato in diverse interviste sia da Eggers sia dai suoi consulenti. Qui, per esempio, l’archeologo Neil Price spiega che “[nel film] ci sono pochissimi elementi che sono specifici di un luogo e di un tempo”. Il forte vichingo è stato costruito ispirandosi a “diversi siti architettonici in Danimarca e Svezia”, le decorazioni della sala reale di re Aurvandil (Ethan Hawke) sono ispirate a certi artefatti ritrovati in un noto luogo di sepoltura in Norvegia, e addirittura la succitata spada di fuoco rimanda a quest’altra spada che precede cronologicamente l’era vichinga. Potremmo andare avanti citando ogni singolo elemento di scena, ma ci siamo capiti: il punto è che The Northman è un collage, che pesca pezzi da più di duecento anni (e svariate migliaia di chilometri) di storia e li unisce in un mosaico che è corretto nei dettagli ma fantastico (nel senso di immaginario) nell’insieme.

Il che, in un certo senso, significa anche che sì, The Northman è il film di vichinghi definitivo: è una compilation di storia e storie assemblata con la massima attenzione al dettaglio ma con tutte le licenze e le libertà storiche che servono a raccontare quella che di fatto è una leggenda, non un fatto di cronaca (la stessa leggenda che, modificata, diventò l’Amleto di Shakespeare). Vedetela così: non è un film sui vichinghi ma sulla vichinghità. È anche un film estremamente ambizioso, girato su una scala decisamente più ampia di quella a cui Eggers ci aveva abituato fin qui. Ci sono scene di massa, interi villaggi ricostruiti, una cura maniacale nell’uso delle luci e dei colori, acrobatici piani sequenza tra arti mozzati e metallo coperto di sangue…

Insomma: anche al di là del suo valore storiografico ed estetico, The Northman è anche un grande spettacolo. Drittissimo, grezzo, parlato il giusto, sobrio quanto basta ma che non ha paura di esagerare e sfiorare addirittura il cattivo gusto, evitandolo sempre per un pelo. A fronte di tutto questo, è così importante che sia un film definitivo? Conoscendo Eggers sì, ma noi che siamo meno severi di lui siamo disposti ad accontentarci di questo spettacolo.

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