The Mexican merita più amore

The Mexican è uno dei film meno amati di Gore Verbinski, e andrebbe almeno in parte rivalutato, soprattutto dai fan dei Soprano

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The Mexican è su Netflix

The Mexican di Gore Verbinski è un film che uscì, venne accolto tiepidamente dalla critica, incassò abbastanza da non essere considerato un flop ma non abbastanza considerando che era un film del 2000 con Brad Pitt e Julia Roberts, e venne subito dimenticato. E neanche il resto della carriera del suo regista, che pochi anni dopo infilò la clamorosa doppietta The Ring/Pirati dei Caraibi e che continua a sfornare opere di successo dal notevole al discreto e dalla qualità media molto alta, è servito a farlo rivalutare. È un peccato, soprattutto per tutta una serie di questioni apparentemente collaterali ma che in realtà, con il senno di poi, gli danno un enorme valore.

The Mexican è un regalo ai fan dei Soprano

Partiamo da quella che secondo noi è la più importante di queste questioni: The Mexican è uno dei migliori ruoli cinematografici di James Gandolfini, che al tempo era appena alla seconda stagione dei Soprano ed era dunque pronto, in teoria, a fare quello che allora era ancora “il grande salto”, e cominciare a ritagliarsi uno spazio sempre più importante anche nel cinema. Il fatto che il film di Verbinski non l’abbia aiutato per nulla (dovrà aspettare quattro anni perché gli propongano un altro ruolo di qualità, nel bellissimo Romance & Cigarettes di John Turturo) è una delle piccole grandi ingiustizie del cinema, perché il suo Leroy è di gran lunga il personaggio più interessante di The Mexican.

Non solo perché è gay, ma indiscutibilmente anche per questo: nel film viene detto apertamente quanto le sue preferenze sessuali siano di solito viste di cattivo occhio nel mondo nel quale lavora, ma è una considerazione che arricchisce il personaggio invece che svilirlo. In generale, The Mexican tratta quello che in un film meno elegante avrebbe potuto diventare (anche) il bersaglio di qualche battutina piccante con naturalezza, senza bisogno né di dimostrare nulla né di distaccarsi ironicamente da lui. E Gandolfini abbraccia il ruolo (in senso più ampio: Leroy ha una serie di strati che il film ci invita a scoprire nel corso del viaggio) con la dedizione totale che ha sempre caratterizzato il suo lavoro: la coppia che fa con Julia Roberts è la metà più interessante di questo road trip.

Il problema del dividersi

Perché il problema più grosso di The Mexican è proprio questo: ci è stato proposto come “un film con Brad Pitt e Julia Roberts”, quando in realtà i due si separano all’inizio del film e l’intera trama è sviluppata su rette quasi parallele che arrivano a reincontrarsi solo sul finale. Di per sé non ci sarebbe nulla di male, se non che in questo modo Verbinski ci priva di quello screentime condiviso che sarebbe stato bello potersi godere. D’altra parte, però, il rapporto tra Jerry e Sam è talmente tossico e sopra le righe fin dai primi momenti in cui li incontriamo che è chiaro che un film intero non avrebbe mai potuto reggere quei ritmi e quell’intensità.

No, il vero problema del dividersi è che le due metà del viaggio non sono altrettanto interessanti. Gandolfini e Roberts strizzano il massimo e anche di più dal trope classico da sindrome di Stoccolma, con il rapitore e la rapita che stringono una cauta amicizia sullo sfondo di motel, diner e altri luoghi molto americani. Brad Pitt, invece, seguito per un tempo troppo breve da JK Simmons, si imbarca in un’avventura quasi alla Robert Rodriguez, con tanti stereotipi sui messicani (e sugli americani) e una serie di situazioni che tendono a ripetersi un po’ troppo uguali a loro stesse – che è poi il grande rischio che si corre sempre con un film basato su un MacGuffin come The Mexican.

Le immancabili splendide cornici

C’è da dire che, anche quando gira un po’ a vuoto inseguendo Brad Pitt e la pistola che gli dà il titolo, The Mexican è sempre, costantemente uno spettacolo per gli occhi. Girato con la solita eleganza e il solito gran gusto per i colori accesi e/o i contrasti forti che caratterizza quasi tutti i film di Verbinski, gioca anche, ma con parsimonia e giudizio, con pellicole rovinate e altri effetti pseudo-vintage che contribuiscono all’aria gioiosamente tarantiniana (o da fratelli Coen, se preferite) di tutta la baracca.

Per cui, anche se il film avrebbe beneficiato di un paio di passaggi di proprietà della pistola in meno, The Mexican è comunque un piacere per tutte le sue due ore. C’è sempre, in qualsiasi scena, almeno un elemento che cattura l’attenzione. La storia della pistola maledetta è affascinante per il modo in cui viene reiterata e modificata come ogni brava tradizione orale, e le sottotrame più o meno impreviste (Gandolfini su tutti, e il suo elegantissimo e misterioso rivale) arricchiscono invece di appesantire. Se dovessimo dargli un voto diremmo: meriterebbe una seconda occasione.

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