The Meg e gli altri: qual è lo squalo migliore del cinema?

L’arrivo su Netflix di The Meg con Jason Statham è l’occasione per consigliarvi... altri film di squali

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The Meg, la prima grande occasione per Jason Statham come protagonista di un blockbuster estivo e il film che avrebbe potuto mettere la sua carriera in traiettoria-The Rock, è arrivato su Netflix, e, come due anni fa quando uscì al cinema, è... una piccola delusione, gradevole e con  uno Statham tutto sommato in parte ma un po’ soffocato dalle necessità del PG-13. Non un gran film, e neanche un gran film di squali, un sottogenere dell’horror a sé la cui paternità va attribuita quasi interamente a Steven Spielberg, e che dal 1975, anno di uscita di Lo squalo, ha generato una notevole quantità di opere che si rifanno a quel modello con risultati più o meno rivedibili.

The Meg gabbia

The Meg AKA Shark – Il primo squalo

Uscito al cinema con il titolo di Shark – Il primo squalo e arrivato su Netflix con quello originale, The Meg è tratto da un romanzo del 1997 di Steve Alten, una sorta di rivisitazione moderna di Moby Dick che racconta l’epica lotta tra un megalodonte ritenuto estinto e un tizio che di mestiere fa le immersioni e che un giorno durante una missione ha incontrato il bestione, e da allora fa di tutto per farsi prendere sul serio dalla gente che crede che la sua sia stata solo una visione allucinata dovuta probabilmente a una temporanea carenza di ossigeno al cervello. L’occasione gli si presenta anni dopo, quando gli viene offerta una missione nella fossa delle Marianne che lo porterà faccia a faccia proprio con il megalodonte in questione.

Il film con Jason Statham segue in linea di massima lo stesso canovaccio: Jonas Taylor è un ex esperto di immersioni diventato alcolista solitario che vive in Thailandia, e che viene reclutato per una missione di soccorso nella fossa delle Marianne da un miliardario che ha lì finanziato la costruzione di un centro di ricerca sottomarino (N.B. il nome del miliardario in questione NON è James Cameron). Da lì comincia un’avventura tipo gatto vs. topo dove il gatto è uno squalo preistorico lungo 23 metri e i topi vengono divorati uno dopo l’altro, finché non viene sconfitto dal testosterone emanato da Jason Statham.

In mezzo, nel corso delle quasi due ore di durata, ci sono molti squali ma pochissima paura vera, e un livello di violenza molto vicino allo zero; The Meg è un film di CGI e inquadrature subacquee confuse, nel quale il regista Jon Turtletaub fa di tutto per evitare di incorrere nelle ire di coloro che determinano il rating dei film: con un budget intorno ai 150 milioni di dollari, The Meg non può permettersi di sgarrare e scivolare in ambito rated-R, e questo ne ammazza un po’ le ambizioni – non è un caso che il primo regista contattato per il progetto, Eli Roth, abbia mollato quasi subito per via delle solite “differenze creative”, né che mentre il film era ancora in sala l’autore del romanzo Steve Alten stesse già raccontando i piani per un sequel “più cupo”.

The Meg Statham

Gli altri squali

The Meg è dunque un lavoro discreto ma insoddisfacente se il vostro punto di riferimento per i film di squali è Lo squalo di Spielberg, ancora oggi, lo diciamo subito, il miglior film di squali mai fatto. Abbiamo quindi preparato una breve lista di altre opere analoghe, da recuperare dopo The Meg se vi è rimasta un’insopprimibile voglia di vedere un film che ha al centro di tutto un pesce la cui struttura scheletrica è composta di cartilagine e non di osso.

47 metri

Film a basso budget e altissima resa (60 milioni di incassi a fronte di un budget di 5), è una variazione sul tema di altri film claustrofobici tipo Buried, nel quale però le due protagoniste sono intrappolate non sottoterra ma sott’acqua, in una gabbia da diving, e circondate, ovviamente, da squali. Tesissimo e spaventoso, ha un finale fulminante e, purtroppo, un sequel dimenticabilissimo.

Blu profondo

Il film di squali di Renny Harlin, il regista di Cliffhanger che quando uscì Blu profondo non azzeccava commercialmente un film da... be’, da Cliffhanger. Influenzato non solo da Lo squalo ma anche da Alien, girato sugli stessi set dov’era stato realizzato anche Titanic, si fa apprezzare in particolar modo per una delle scene di squali più famosa della storia, questa.

Open Water

Open Water

È costruito su una delle strutture più classiche dei film di squali (due persone rimangono intrappolate in alto mare e circondate da selaci feroci), ma glielo si perdona: è una storia (semi)vera, e oltretutto è girata utilizzando squali veri (il cui comportamento è un po’ meno assurdo di quanto si vede di solito nel genere) e non in CGI.

Paradise Beach – Dentro l’incubo

Rimasta alla deriva a 200 metri da riva, una surfista deve sopravvivere ai ripetuti attacchi di uno squalo bianco. La trama è semplice e lineare, perfetta per un survival movie tutto concentrato sul “come” e non sul “perché”, e Blake Lively tiene la scena alla perfezione, oltre a fare amicizia con un gabbiano che viene ribattezzato Steven Seagull – un dettaglio che da solo vale almeno un paio di punti in più in pagella.

Sharknado

Sharknado

Ebbene sì, includiamo anche la saga Asylum in questa lista non perché ci faccia ridere (anche se fa molto ridere), ma perché è un raro esempio di franchise che nasce quasi per scherzo e che, episodio dopo episodio, si costruisce un’identità ben definita e migliora a vista d’occhio sotto tutti i punti di vista, dal budget alla scrittura. Se non volete recuperarli tutti e sei, partite dal terzo, dove entra nel cast anche David Hasselhoff.

The Reef

Un’altra storia vera, un’altra storia di gente in mezzo al mare circondata da squali, che qui deve cercare di raggiungere un’isola e chiamare soccorsi. Costato quattro soldi (per realizzare lo squalo sono stati usati pochissimi effetti speciali e molte scene girate in natura, in Australia, con veri selaci), è un ottimo thriller, dritto, tesissimo e senza troppi fronzoli: c’è gente che deve sopravvivere e uno squalo che vuole impedirglielo. Non serve molto altro.

Tintorera

Tintorera

Tra i tanti cloni di Lo squalo usciti dopo il successo del film, non possiamo non citare questa stranezza anglo-messicana, che da un lato ricalca fedelmente il modello spielberghiano, dall’altro ci infila una serie di sottotrame amorose-sessuali che sfociano spesso e volentieri in scene di sesso ragionevolmente esplicito, ai confini con il soft porno. Se lo trovate, controllate che sia la versione internazionale e non quella uscita per il mercato messicano, nella quale mancano gran parte delle scene di sesso: se proprio dovete guardare un clone messicano di Lo squalo, tanto vale farlo per bene.

BONUS FINALE

La scena “zombie contro squalo” in Zombi 2 di Fulci.

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