The LEGO Movie, 10 anni dopo è finito ovunque per le ragioni più sbagliate
Il successo di The Lego Movie nel 2014 ha dato il via a una serie di film, spesso adattamenti di giocattoli, che lo imitavano senza capirlo
Nonostante sia stato uno dei film più influenti di questi anni da The LEGO Movie ha preso solo quello che criticava
La sua idea non era produttiva, cioè non stava nell’intuizione di fare un film da una linea di giocattoli, per quello già Transformers aveva impostato uno standard difficile da raggiungere e altri film anche prima di quello avevano tentato l’impresa. La sua idea era di scrittura prima e di regia dopo. Lord e Miller avevano scritto una storia con diversi livelli di lettura, tutti estremamente semplici da raggiungere (la cosa più difficile in assoluto). Nel mondo dei LEGO tutto è preordinato e segue “le istruzioni”, un omino qualsiasi, impiegato come tutti e plagiato da un regime, scopre che esistono dei ribelli che resistono a questo e creano liberamente, senza le istruzioni. Si unirà a loro per ribellarsi al dittatore. Alla fine scopriremo che è tutto un gioco di un bambino (in un segmento live action) frustrato da come il padre voglia giocare con i Lego a modo proprio, incollando i pezzi così che non si possa fare altro se non quello che è previsto.
La rivoluzione di The LEGO Movie
C’è tutto dentro, c’è la lotta contro le stesse proprietà intellettuali di cui il film è pieno e che lo finanziano, c’è una critica fortissima al copyright come è concepito oggi (sempre all’interno di un film che è pieno di proprietà intellettuali e di diritti da tutelare), c’è l’idea che le persone che non seguono le regole siano le più interessanti e libere, la sfiducia nei governi e nei loro buoni consigli e un senso del divertimento così ritmato e originale da essere irresistibile. Il sequel, solo scritto da Lord e Miller, va più a fondo sul rapporto con i bambini e vediamo due mondi di Lego che corrispondono a due persone che ci giocano con atteggiamenti e toni diversi perché una è un maschio e una è una femmina, e questo porta a galla domande e considerazioni non banale sugli atteggiamenti a cui i personaggi sono obbligati dagli stereotipi di genere.
Tutto questo veniva fatto con una regia in grado di inventarsi un’animazione diversa, che finge di essere stop motion, usa gli scatti e rifiuta la perfezione della fluidità, crea in libertà un umorismo tutto suo attraverso quei movimenti e imita la maniera in cui un bambino fa muovere i pupazzi. La quantità di gag di regia, di montaggio o di composizione che ci sono in quel film è almeno pari alle gag verbali. Altra cosa che non si vede mai nel cinema hollywoodiano. L’incasso potentissimo del film ha poi fatto sì che diventasse uno standard. Ma non nel senso che si può sperare.
Dopo The LEGO Movie abbiamo visto tutta una serie di altri film che seguivano la sua strada ma non per raccontare la fuga dalle norme delle corporation e nemmeno per condannare il copyright, anzi! Ralph Spaccainternet si è riempito anche più del primo di altre proprietà intellettuali ed essendo Disney ha riservato uno spazio a parte alla sua proprietà intellettuale maggiore (le principesse Disney promosse proprio a parte) oppure Space Jam della Warner, pieno di proprietà intellettuali dello studio. È quel modo di far dialogare mondi narrativi commercialmente diversi, perché appartenenti a società diverse, che in The LEGO Movie era un espediente per allargare il discorso sul copyright e in questi film diventa solo occasione crosspromozionale.
La strada verso Barbie
Anche un adattamento cinematografico del romanzo Ready Player One, che proprio sulle diverse proprietà intellettuali che collassano, è a quel punto diventato possibile. E soprattutto, quasi dieci anni dopo, un altro film tratto da una linea di giocattoli, Barbie, che aveva uno degli stessi attori di The LEGO Movie in una parte quasi uguale, Will Ferrell, si è seduto sulle spalle di quel gigante.
È noto che Diablo Cody, a cui era stato dato il compito di scrivere una sceneggiatura per Barbie prima che tutto passasse a Greta Gerwig, non è riuscita a tirare fuori qualcosa che la soddisfacesse perché non riusciva a uscire dall’imitazione di The LEGO Movie, continuava a finire in qualcosa di troppo simile a quel film. E anche Greta Gerwig e Noah Baumbach, che sono riusciti a fare qualcosa di diverso puntando su altri elementi, hanno ripreso da The LEGO Movie l’idea di un gruppo di personaggi diversi che sono bambole con cui si gioca diversamente, appartenenti a bambine diverse dalla media.
La cosa peggiore è che tutto quello che è venuto dopo The LEGO Movie, nel suo stesso universo, ha fatto il lavoro degli studios, cioè ignorare la componente più dirompente e libertaria e assimilare quella più corporativa. Lego Batman e Lego Ninjago sono emanazione delle riunioni degli executive più che frutto di idee di reali esseri umani. Hanno ripreso la parte di integrazione di diverse proprietà intellettuali in una e non quella del racconto di come in realtà proprio le proprietà intellettuali, tramite il copyright, siano un ostacolo alla libera creazione. Sarebbe andato bene anche se avessero raccontato altro, qualsiasi cosa, ma personale, invece della solita parabola preconfezionata (quella sì da manuale di istruzioni) su valori indiscutibili, ecumenici e per questo innocui di tolleranza, fiducia in sé, inclusività ecc. ecc.
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