The Last of Us Parte II e l’importanza delle ultime parole | Speciale

Ellie non cerca la vendetta, ma un modo per perdonarsi, questa è una delle tante chiavi di lettura possibili di The Last of Us Parte II

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Spoiler Alert

ATTENZIONE: L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SULLA TRAMA E SUL FINALE DI THE LAST OF US PARTE II

The Last of Us Parte II è una storia che parla di una rabbia cieca, sorda, annichilente. Un sentimento fagocitante che non lascia scampo, sorto da un rimorso a cui non si può in alcun modo ovviare.

Il capolavoro di Naughty Dog ci porta lontano, vive di estremi, si spinge fino al paradosso. Recupera quel credibilissimo mondo post-apocalittico già conosciuto, ammirato ed esplorato nel 2013; richiama sul palcoscenico una Ellie quanto mai disillusa; inscena e sviluppa un’ossessiva e violentissima ricerca di una vendetta fine a sé stessa.

L’epopea è virtualmente tanto lontana dalla nostra quotidianità, sospesa in una distopia che persino oggi, ai tempi del Coronavirus, sembra irrealizzabile, quanto intimamente connessa a un rischio che corriamo giornalmente, un pericolo che fingiamo di non vedere, ma che ci tallona costantemente.

Non bisogna scavare più del dovuto per scoprire il motivo profondo che spinge Ellie a mettersi sulle tracce di Abby. Non c’è solo la voglia di giustizia, parola che ha un significato assolutamente relativo e opinabile in un mondo senza civiltà, né leggi. C’è qualcosa di più dell’ovvio affetto che la ragazza prova per Joel. Non basta giustificare il tutto spolverando l’adagio del “dente per dente”.

Ellie, molto semplicemente, si sente in colpa e non sa, non può ovviare a ciò che ha fatto. Come abbiamo già detto altrove, la protagonista anela la morte in qualche modo, certo, ma non solo. Abby incarna il suo errore, un male secondo lei estirpabile solo tagliando la radice, ciò che sulle prime le sembra l’origine della sua sofferenza, del suo dolore ormai in metastasi.

Questo qualcosa che ci riguarda da vicino, che spinge lentamente alla follia la giovane, viene mostrato a chiare lettere nell’ultima parte del gioco, tramite due flashback che mostrano cosa sia accaduto a Jackson la notte precedente alla tragica morte di Joel, ciò che ha spinto all’ennesimo litigio i due, già coinvolti in una spirale degenerativa del loro rapporto, uno strappo generato, come sappiamo bene, dalla grande bugia del padre surrogato, reo di aver mentito a Ellie circa la sua inutilità come vittima sacrificale nel tentativo di trovare una cura all’infezione del Cordyceps.

In entrambe le sequenze, la ragazza chiarisce in maniera (involontariamente) definitiva che l’affetto è compromesso, irrimediabilmente finito, quasi impossibile da ricostruire. Quella di Ellie è una chiusura forte, ma non certo il primo sfogo, forse quello più rabbioso, dovuto anche all’innato desiderio di autoaffermazione che ogni adolescente finisce per palesare nei confronti dei propri genitori a un certo punto della propria vita.

Joel non può e non deve difenderla, soprattutto dopo essersi dimostrato un padre doppiamente fallimentare: Sarah le è morta tra le braccia e ha condannato l’umanità assecondando un sentimento profondamente egoista. In un mondo senza valori, il potenziale modello che Ellie impara ad amare e ammirare nel viaggio verso Salt Lake City, a poco a poco si sgretola davanti ai suoi occhi. L’iniziale sospetto, diventa una certezza qualche anno dopo, rivelazione cercata e trovata dalla ragazza che traccia l’esponenziale distacco tra i due.

Ellie ha i suoi motivi e le sue ragioni. In più combatte per la sua identità sessuale contro il vecchio bigottismo di un mondo che non c’è più, ed in questo senso per fortuna, che ancora condanna un bacio omosessuale. Joel non ha il diritto di difenderla perché non è suo padre e non è più un modello etico da seguire.

Eppure non basta la delusione, il dolore, la conseguente inadeguatezza che Ellie prova ogni giorno per essere ancora viva, per cancellare un legame così profondo ed intimo. The Last of Us Parte II ci fa vedere tutto ciò nello splendido flashback ambientato nel museo di scienza naturale, luogo che ospita una festa di compleanno molto particolare, limitata a due persone, dove la ragazza si concede persino il lusso di fantasticare un po’, lasciandosi letteralmente l’apocalisse alle spalle (o meglio: sotto di lei), volando a bordo di un razzo diretto verso l’immensità del cosmo.

Mentre l’impotente protagonista del gioco osserva affranta e iraconda Abby che assassina Joel, all’inizio del gioco, non può che provare rimorso per l’ultimo dialogo avuto con lui, una conversazione tutt’altro che piacevole, che non potrà in alcun modo correggere, cambiare, cancellare. Le sue ultime parole sono e resteranno per sempre di disprezzo, di rifiuto, di chiusura.

Abby diventa l’incarnazione della sua impossibilità di dimostrare il reale affetto provato per Joel. L’ossessione di ucciderla è l’unico strumento che la sua psiche trova per sfuggire all’annichilimento totale, alla presa di coscienza che nulla abbia più senso nella sua vita. Nemmeno l’amore per Dina, che infatti abbandona per andare in California, che già appena nato era stato messo in discussione non solo dall’inevitabile vicinanza con Jesse, il suo ex, ma dall’arrivo di un bambino che, al massimo, potrà crescere come se fosse suo. Esattamente come Joel che l’ha cresciuta, e protetta, come se fosse sua.

L’incantesimo ovviamente si spezza. Mentre Ellie sta per ottenere l’agognata vendetta, ricorda Joel a terra, sanguinante, già praticamente morto. Lo rivede nella sua mente così come l’ha visto per l’ultima volta in un addio definitivo, guarda caso, privo di parole, perché nel mondo di The Last of Us Parte II non c’è il tempo di chissà quali discorsi.

La visione interrompe la follia omicida della ragazza, finalmente consapevole quanto in realtà stesse combattendo contro sé stessa, incapace di perdonarsi, di andare avanti, di trovare un modo migliore per onorare la memoria di Joel.

Consapevole che nessuna ulteriore morte sulla coscienza potrà offrirgli la possibilità di risistemare le cose, tornerà sui suoi passi, alla ricerca di Dina, e del bambino, che intanto, con ogni probabilità, è tornata a Jackson, voltando pagina, cercando nuovi stimoli e motivi per continuare a vivere, invece che di struggersi per l’accaduto.

Come il primo capitolo, anche The Last Parte II si conclude non senza una certa incertezza. Nell’originale non sapevamo se Ellie avesse capito o meno che Joel le stesse mentendo; nel sequel ci si chiede se sia riuscita a perdonarsi o se cercherà in tutti i modi di porre fine ad un’esistenza priva di senso, ora che non può essere l’antidoto, ora che non può essere un’amorevole figlia.

La produzione Sony ha innumerevoli strati di lettura. Di sicuro, l’epopea della protagonista è uno stimolo a non dare mai per scontato chi amiamo e chi vediamo ogni giorno, perché un rimorso può condurci alla dannazione eterna.

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