The Last of Us, la serie TV non deve essere uguale al videogioco | Speciale

Sulla serie di The Last of Us ci sono molteplici zone d’ombra che rendono il progetto potenzialmente problematico e rischioso, ma anche dannatamente intrigante

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Da grande fan della saga di The Last of Us, sapere della progettazione di una serie TV ispirata al brand di Sony ha suscitato emozioni contrastanti, un mix di esaltazione ed inquietudine non troppo dissimile a quello già esperito ai tempi della presentazione ufficiale di The Last of Us Part II, già di per sé un discreto azzardo, fortunatamente vinto, visti i delicati equilibri tracciati dal capitolo originariamente pubblicato su PlayStation 3.

Del resto, non doveva esserci un sequel, almeno stando a quanto dichiarato inizialmente da Naughty Dog, figurarsi una produzione televisiva.

La prima avventura di Joel ed Ellie, del resto, poggiava su una coerenza narrativa talmente ferrea e chiusa in sé stessa, che la semplice aggiunta del più minuscolo dei pezzettini avrebbe messo a repentaglio la stabilità di un universo narrativo suggellato da un finale di per sé perfetto, conclusivo nella maniera più netta.

Eppure il castello non è crollato nel sequel, ennesimo test superato con successo dal team di sceneggiatori della software house statunitense, prova del fuoco che ha anche constatato la solidità delle fondamenta del brand, ancora generoso di storie, avventure, piccoli e grandi drammi.

The Last Of Us screenshot

Va da sé, tuttavia, che con una serie TV la posta in gioco, l’azzardo di cui sopra, aumenti ulteriormente, non fosse altro che la relativa durata di ogni puntata e, chissà, di ogni stagione, implica già di suo un’espansione tutt’altro che superflua dei contorni narrativi del brand. Ciò che è peggio, ciò che rende l’operazione già di suo controverso, stando alle prime anticipazioni almeno all’inizio il tutto dovrebbe ricalcare quanto già visto, apprezzato ed affrontato nel primissimo The Last of Us, una sorta di rifacimento diretto che, ovviamente e forzatamente, non mancherà di ampliare la storia qui e lì, con eventuali deviazioni sul percorso che rappresenteranno il terreno di scontro preferito tra i fan più intransigenti e quelli più aperti al nuovo, all’inaspettato, alla sorpresa.

La community, del resto, si è già spaccata in merito all’unico dato certo della produzione: gli attori che interpreteranno Joel e Ellie, rispettivamente Pedro Pascal e Bella Ramsey, già colleghi in Game of Thrones. Il problema in casi simili, abbiamo visto uno scenario quasi identico con il Geralt di Rivia di Henry Cavill, è sempre lo stesso: non saper scindere il videogioco, dall’adattamento. Per dirla in altri termini, non capire che è sbagliato pretendere, e aspettarsi, una similitudine totale tra due prodotti concepiti e rivolti a medium differenti.

Le gare a chi trova l’attore più somigliante alla controparte digitale di Joel, in buona sostanza, non servono a nulla, fermo restando che più che l’aspetto estetico a fare il personaggio ci penseranno i caratteri, le scelte, le reazioni dei personaggi lungo tutto l’arco narrativo.

Proprio per questo ha senso valutare più le carriere, che le facce. Pedro Pascal, ormai accostato a qualsiasi produzione di una certa rilevanza, dopo il successo di The Mandalorian, è un attore esperto, a suo agio, grazie ai suoi tratti, nell’interpretare ruoli drammatici e di spessore. Esperto di serie TV, ricordiamo il suo esordio addirittura in Buffy l’ammazzavampiri, è innegabile che abbia dato prova del suo talento soprattutto interpretando lo sfortunato principe Oberyn Martell di Dorne in Games of Thrones, personaggio romantico e dal destino ovviamente segnato.

La stessa produzione di HBO, del resto, ha messo in chiaro tutto il talento dell’altra protagonista di The Last of Us, la giovane Bella Ramsey, classe 2003, che con i suoi lineamenti particolari e caratteristici sembra ideale per restituire la vaga apatia, ma anche l’insicurezza e la malinconia, classica di Ellie, soprattutto l’Ellie accecata dall’odio di The Last of Us Part II.

Le premesse, insomma, sembrano ottime, dal punto di vista del cast, nonostante qualche dubbio possa sorgere nei confronti dell’arco narrativo in sé e per sé. Come anticipato, la serie poggia su basi solide e al tempo stesso delicatissime. Ripercorrere fatti già noti ai fan espone la serie TV ad un doppio rischio: quella di non essere per nulla interessante agli occhi di chi già sa o, al contrario, quella di introdurre fin troppi elementi che possano persino entrare in conflitto con quanto poi giocato su PlayStation.

La vera preoccupazione, insomma, ancor prima degli attori, è capire come vorrà gestire il tutto Naughty Dog. Nulla vieta che questa serie TV faccia testo a sé, forse soluzione preferibile, con una trama indipendente dai videogiochi, sviluppata adeguandosi totalmente alle esigenze di un medium (e di un pubblico) molto diverso dai videogiochi.

The Last of Us Ellie

Inoltre viene da chiedersi perché, per la seconda volta, si sia scelto di tornare sullo stesso sentiero, invece di sperimentare ed esplorare nuovi territori di un brand potenzialmente ricchissimo di altre storie da poter raccontare. Se con The Last of Us Part II la gestione di personaggi già visti è stata quasi perfetta, cosa accadrà ora che vedremo nuovamente all’opera Joel e Ellie? Va da sé che rinunciare a due volti iconici sarebbe stato in ogni caso difficile, forse impossibile per un brand che dovrà camminare sulle proprie gambe in un territorio sconosciuto, ma visto che il pubblico di riferimento, almeno inizialmente, sarà composto principalmente da videogiocatori, perché non scommettere su nuovi personaggi e su un setting inedito?

Molto probabilmente la serie TV offrirà innumerevoli flash-back, utili per scoprire meglio il background soprattutto di Joel, visto che per quello di Ellie ci hanno pensato in parte il DLC del capitolo originario e il fumetto, ma quanto si potrà scavare pur di offrire qualcosa di veramente nuovo agli appassionati?

Tante domane, tutte di vitale importanza, che non hanno nulla a che vedere con il cast. Perché la serie TV di The Last of Us non sarà e non dovrà essere come il videogioco. Altrimenti si correrà il rischio di avere solo una copia carbone che, per un motivo o l’altro, non accontenterà nessuno, né i videogiocatori, che punteranno il dito sulla mancanza di novità, né gli amanti di produzioni seriali, che lamenteranno le pecche e le lacune di una trama nata per essere raccontata in altri contesti.

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