The Defenders è la prima serie a funzionare davvero come una graphic novel

The Defenders è quanto di più simile ci possa essere nella produzione audiovisiva alla graphic novel

Critico e giornalista cinematografico


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Da quando Hollywood si è innamorata dei supereroi (e dell’interesse che il pubblico ha nei confronti di qualsiasi prodotto audiovisivo li riguardi), il marketing sembra aver scoperto la locuzione “graphic novel” con cui etichetta qualsiasi storia a fumetti da cui venga tratto un film. In realtà pochissimi di questi progetti sono realmente tratti da graphic novel, la maggior parte viene da serie a fumetti regolari o spin-off. Di certo nessun film tratto da fumetti e nessuna serie tv somigliano realmente a una graphic novel, almeno come impianto narrativo, poiché sono tutti fatti per continuare, per esistere in serie. Tutti tranne The Defenders.

La decisione di rendere l’incontro tra Daredevil, Jessica Jones, Iron Fist e Luke Cage una miniserie e non una serie regolare (cioè un prodotto che finisce e non uno che continua) è quanto di più simile ci possa essere nella produzione audiovisiva alla graphic novel: un racconto grosso e corposo che ha un chiaro inizio e una chiara fine. Soprattutto, vista l’ampiezza del bacino a cui la Marvel può attingere (uno fatto di storie, personaggi e brand) la scelta della miniserie è quella che meglio serve i loro propositi.

Per un paradosso tipico del cinema i film, che sono nettamente più brevi delle serie tv, sono organizzati narrativamente come le serie regolari dei fumetti (cioè portano avanti una grande storia di capitolo in capitolo), una miniserie come Defenders, nonostante vanti più ore di narrato, funziona invece proprio come una graphic novel: un grande romanzo audiovisivo.

Defenders non è l’unione di quattro serie in una più grossa ma un temporanea associazione di 4 personaggi, uniti da uno scopo ben preciso

Non sfugge a nessuno ovviamente che dietro la decisione di fare di The Defenders una miniserie e non una serie ci siano anche ragioni produttive. Le stesse per le quali sempre di più la tv di qualità americana predilige questo formato ibrido tra il film molto lungo e la serie molto breve. Big Little Lies, The Night Of, Top of The Lake e poi anche le serie antologiche come True Detective o Feud sono organizzate così, un certo numero di ore e poi basta. Dettaglio che svantaggia chi ha avuto un’ottima idea da sfruttare al massimo (Il Trono di Spade, House Of Cards e simili renderebbero di meno se fossero più brevi) ma che avvantaggia chi invece vive di hype e anticipazioni come le produzioni Marvel, chi insomma preferisce saltare da un progetto a un altro.

Sembra dunque naturale che una casa che ha più confidenza con i fumetti che con l’audiovisivo sia portata a ragionare come un editore anche quando produce per la tv. Nessuno mai aveva pensato a unire personaggi da serie tv diverse in una nuova che, per giunta, non è effettivamente una nuova serie regolare, ma solo una piccola miniserie. Una che non serve ai singoli 4 personaggi ma crea un’entità nuova.

The Defenders infatti non è l’unione di quattro serie in una più grossa ma un temporanea associazione di 4 personaggi, uniti da uno scopo ben preciso. Dunque non è nemmeno un crossover, continuando il paragone con le modalità narrative dei fumetti. Non si tratta infatti di una storia che entra nelle trame dei singoli personaggi e le coinvolge. Quella della difesa di New York da una minaccia più grande di quanto ognuno dei quattro eroi possa affrontare non è una “storia ombrello” che contiene al suo interno altre storie più piccole, che si inserisce nella continuity di ogni personaggio (e della sua serie) portandola avanti o causando mutamenti che poi ritroveremo nelle nuove (eventuali) stagioni di ognuno. È solo una storia a sé stante. Una graphic novel per la televisione.

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