The Batman è una storia di origini vista con gli occhi socchiusi per poi spalancarli nel finale

L'oscurità di The Batman è come un occhio stretto e incapace di aprirsi. Un film senza orizzonte alla disperata ricerca di verità...

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Spoiler Alert
È incredibile quante volte abbiamo rivisto le origini di Batman, il legendario Crociato di Gotham. I genitori uccisi, l’aumento della criminalità nelle strade, l’orfano Bruce Wayne che decide di usare le sue risorse per provare a cambiare le cose nell’ombra. Gli eventi, bene o male, sono sempre quelli. Anche in The Batman tutto ruota intorno a pochi momenti decisivi. Anche se sono fuori campo, e nessuna sequenza li mostra direttamente, innervano l'intera trama come un fantasma del passato.

Ogni volta che Batman attraversa al cinema questa sequela di traumi e decisioni radicali c’è sempre un qualcosa di diverso nel modo in cui sono rappresentati. Ogni regista decide cosa variare: l’età in cui il bambino resta solo, la caratura morale di Thomas Wayne, la mano che preme il grilletto e il movente. Persino il titolo del film che stava guardando la famiglia prima di venire spezzata viene modificato di volta in volta.

Quei piccoli dettagli che variano danno origine a un eroe diverso. Come se lo influenzassero direttamente. Le scelte di Zack Snyder nel raccontare l'origine hanno generato un Batman diverso da quello di Tim Burton proprio perché il dramma alla base era leggermente diverso. In Joker (dove c'è un'origine secondaria) cambiano le coordinate morali della famiglia. Si ribaltano di conseguenza i tratti che definiscono l’eroe. Cambiano le motivazioni, la rabbia, le modalità. Anche solo la scelta di uccidere o no è presa sulla base di tutti i dettagli, le ragioni e i significati attribuiti in quel drammatico momento.

The Batman e il problema di sguardo

In The Batman non si vede l’uccisione dei Wayne. È misteriosa per noi spettatori come lo è anche per Bruce. Colmare quel buco, conoscere gli elementi mancanti, significa risolvere l’enigma che potrebbe salvare Gotham. Un’origine oscura quindi, come tutto il film immerso nelle ombre. 

Le inquadrature di The Batman rappresentano proprio questa vicinanza. Sono tutte molto attaccate ai personaggi, tanto che lo sfondo diventa sfocato. Psicologicamente sono l’equivalente di una concentrazione esclusiva su sé stessi, sui problemi che affliggono i singoli eroi. Bruce Wayne crede di sapere da dove viene, ma è incapace di guardarsi intorno in direzione della verità. Così Reeves inquadra i dettagli e molto meno il quadro totale.

the batman

Non è infatti solo l’oscurità a bloccare lo sguardo, c'è anche lo sfocato, la grana della messa a fuoco che spalma i colori e confonde le forme. A volte addirittura rende incomprensibili le immagini (una furba autocensura delle scene violente). È proprio un limite nello sguardo che non raggiunge mai la linea dell’orizzonte e offre un senso di claustrofobica oppressione. Si intenda, non è nulla di originale nella saga di Batman. Anzi, questa Gotham City sebbene molto più dettagliata delle altre appare di gran lunga più evanescente di quella di Christopher Nolan

(Ri)costruire Gotham

È come se la città si trovasse in uno stacco netto con il passato. Intuiamo che ci sia stato in un passato prossimo un qualche evento che l’ha ferita. Gotham è in ricostruzione dopo un evento distruttivo. I palazzi, più che abitazioni, sono magazzini, scheletri di strutture non ancora formate. C’è poi la parte ricca, quella sì splendente e dai tratti molto chiari. I grattacieli degli abitanti che hanno i soldi tendono all’alto come a cercare il calore di un sole che non riescono a raggiungere. Batman, e quindi Bruce Wayne, potrebbe essere uno di quelli con un attico in cima al mondo. Invece lavora dal basso, nelle strade. Appartiene più alle fogne che al cielo.

Da quella posizione umile, così carnale e disperata non riesce a vedere oltre a sé. Per un detective non è proprio il massimo. E sul tema dello sguardo, su cui Matt Reeves ha costruito gran parte della sua poetica (soprattutto in film come Cloverfield), si muove anche The Batman. La soggettiva è un’inquadratura qui fondamentale. La troviamo all’inizio e con forza nel mezzo del film direttamente dagli occhi di Selina Kyle. 

Ci si mette nei panni di tutti grazie alle lenti a contatto speciali, ma non sempre si vede veramente. E allora la sensazione che accompagna tutto The Batman è di un film ripreso con gli occhi socchiusi, come se non si riuscisse ad aprirli appieno. Fate una prova: guardate di fronte a voi e stringete gli occhi. Tutto è più sfocato, il campo di visione è limitato, i colori sembrano più scuri. Se poi li spalancate anche la luce più tenue darà fastidio per un attimo. Quando poi l’occhio si abitua si accentua il senso di distanza. Questa è la pasta visiva di cui è fatto il film nella sua cupa vicinanza. Così è il cambiamento di mentalità dell’eroe.

La miopia politica del vigilante

Prima le azioni di Batman sono guidate dalla voglia di vendetta. È una prospettiva miope, falsa anche rispetto a quello che Bruce Wayne vuole, ma non sa di volere. E quindi muove i primi passi un po’ alla cieca, sbagliando, capendo le cose con gravissimo ritardo.

È tutta una questione di orizzonte, quello che manca a Gotham. Non si vede mai l’infinito. Tutto è schiacciato, compresso, manca uno sguardo lungimirante che si getti oltre gli ostacoli visivi. Quindi, politicamente, serve qualcuno che sappia dove portare quella maledetta città. 

Quando si apre gli occhi? Sul finale! Quando Batman capisce di non dover essere simbolo di vendetta. Perché quella la portano avanti i cattivi. La vendetta poi è un concetto vuoto, emotivo, e che non riesce a far prevalere quella razionalità che è essenziale per costruire il bene. Serve invece un simbolo diverso. Bruce trova la verità nelle sue origini e capisce quello che deve fare per aiutare veramente: curare la ricostruzione, non distruggere l’esistente.

Questo quindi è un vero Batman, perché è dotato di un codice morale, ha un proposito ben preciso anche se non sa bene come realizzarlo. Però la decisione di diventare speranza, e non morte, è una rivoluzione.

O meglio: non lo è per chi conosce bene il personaggio ma, visti gli ultimi trascorsi, è un ritorno alle basi molto importante. Negli ultimi 20 minuti il film si riempie quindi di luce; in particolare nelle sequenze finali si inizia ad allungare il campo. I personaggi si muovono in profondità (come nel saluto in moto tra il pipistrello e la gatta), corrono spediti sulle strade e si allontanano dalla loro città. La fotografia si inonda di luce come se avessimo finalmente spalancato gli occhi. Quando le cose si mettono a fuoco si può iniziare a pensare ad altro, ad andare avanti verso il futuro e verso nuove avventure.

Cosa ne pensate di The Batman? fatecelo sapere nei commenti.
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