Terrifier è l’horror con meno fronzoli del millennio
Terrifier è uno slasher ridotto all’osso: niente trama, niente personaggi, solo tanta gustosa violenza
Terrifier è uno di quei film dei quali è paradossalmente difficile scrivere, a meno di non volersi concentrare sugli aspetti para-cinematografici: le origini in due cortometraggi e un’antologia, il sorprendente (per quanto relativo) successo al box office, l’esplosione con il secondo e soprattutto il terzo capitolo, la fama stellare raggiunta da Art il clown nonostante il suo interprete sia ancora un perfetto sconosciuto che neanche i fan più accaniti riconoscerebbero senza trucco… Tante storie collaterali che spiegano almeno in parte il successo del franchise, ma che hanno relativamente poco a che fare con il film in sé – che è un’operazione tanto semplice quanto efficace, i cui unici spunti di riflessione hanno a che fare con l’ultraviolenza.
Terrifier e gli anni Ottanta
Damien Leone è un fan di Romero, Hooper, Craven: li cita e ringrazia esplicitamente nei titoli di coda di Terrifier. Quelli però sono i nomi “facili”: Leone è anche, forse soprattutto, un fan di tutti quei film considerati a torto o a ragione di serie B che uscirono in particolare negli anni Ottanta sulla scia del successo dei vari masters of horror. Un amante del ketchup a fiumi, degli effetti speciali pratici, del modo in cui, usando tanta creatività e altrettanta materia organica, si possono mettere in scena omicidi indimenticabili. Leone è (immaginiamo noi) uno di quelli che di fronte a certi slasher manda avanti veloce quando c’è la trama, e si riguarda tre o quattro volte di fila le scene più cruente.
A Damien Leone piacciono fondamentalmente due cose: i villain carismatici e immediatamente riconoscibili, e vedere i suoi attori e le sue attrici morire malissimo, in scene che ti fanno venire voglia di metterti le mani davanti agli occhi o, nei casi più estremi, abbandonare la sala. Non gli interessa granché la grammatica base degli slasher, o dettagli come gli archi narrativi coerenti o una narrazione ben strutturata. Ama Art il clown, e lo considera sufficiente a fare un film. Come sappiamo tutte queste cose? Le sappiamo perché abbiamo guardato Terrifier.
La trama (?) di Terrifier
La trama di Terrifier è la seguente: è Halloween, ci sono due ragazze in costume che stanno tornando a casa dopo aver fatto festa, e c’è uno psicopatico vestito da clown che non parla ma fa un sacco di faccette e buffi gesti da mimo. Il clown vuole ammazzare le due ragazze, e chiunque si frapponga fra lui e l’obiettivo. Basta, questo è quanto: è tutto talmente scarno (o scarnificato) da essere quasi uno high concept. C’è una singola location (un edificio le cui porte sono quasi sempre chiuse), una manciata di personaggi condannati a morire male, e un pazzo con la faccia truccata in bianco e nero che sorride maligno prima di farti a pezzi.
Lo stesso Leone, con il tempo, ha ammesso che un po’ si è pentito di aver trascurato così tanto i personaggi e una struttura narrativa più classica. Terrifier è uno degli horror più semplici, addirittura basilari, del millennio in corso, e forse anche prima. È uno showcase del talento di Damien Leone con gli effetti pratici, e di quello di David Howard Thornton nel giocare con la sua faccia come se fosse un Jim Carrey assetato di sangue. È quindi un film che molta gente ha odiato perché non dà nulla se non una costante sensazione di pericolo, angoscia e anche schifo; e che ancora più gente ha amato esattamente per questo motivo.
Come ammazza Art non ammazza nessuno
Per cui, alla fine dei conti, Terrifier è i suoi omicidi. Non sono tantissimi, ma sono memorabili: persino quello che avviene fuori quadro lascia un’impressione indelebile. Ce n’è uno in particolare che è talmente estremo, talmente prolungato e grafico, che da solo è responsabile del successo del film, e dalla fama di Art il clown. È così orrendo che non si trova su YouTube, dove con ogni probabilità qualcuno ha provato a caricarlo e si è trovato colpito da una censura altrettanto violenta.
Cos’altro dobbiamo aggiungere? Damien Leone è il primo ad ammettere che Terrifier è stato scritto per far vedere al mondo quanto sia bravo con gli effetti speciali, e quanto sia spaventoso Art il clown. È un film semplicissimo, dritto come un fuso, che probabilmente verrebbe bocciato in ogni scuola di cinema del mondo perché gli mancano dei pezzi fondamentali (uno su tutti, una vera trama), ma che proprio per questo motivo ha fatto breccia nel cuore di chi dall’horror cerca solo orrore e nient’altro. Ed è chiaro che, a giudicare dai risultati al botteghino di questo e dei due sequel, parliamo di parecchia gente: ci sarebbe da ragionare sul perché un’opera così iperviolenta e senza compromessi abbia trovato un pubblico così vasto, ma ad Art non interessano queste menate – a lui basta segare la gente in due.