La tecnologia del “Volume” è ormai usata da tutta Hollywood, ma non senza difficoltà
La tecnologia del volume si è diffusa rapidamente in tutte le principali produzioni, ma stanno emergendo i primi svantaggi dello strumento
Un anno nel mondo del cinema corrisponde a tre nella vita reale per la velocità con cui si evolvono le cose. La tecnologia del “Volume” sperimentata con Il libro della giungla e Il re leone, consolidata poi con The Mandalorian, sembra ancora all'avanguardia, è invece già diventata imprescindibile per gli studi. Nel 2019 c’erano tre teatri di posa capaci di ospitarla. Oggi sono più di 300. Il costo varia sulla base della dimensione e può andare dai 3 milioni di dollari ai trenta milioni. Una luna di miele da parte di Hollywood e dei direttori della fotografia che sta però svanendo.
La crescita tecnologica e la sua diffusione non porta i risultati desiderati senza una profonda e lunga preparazione degli operatori. Si cerca pertanto di affidarsi a tecnici già preparati, molto contesi e molto rari. La Marvel ha usato il Volume per Thor: Love and Thunder affidandosi agli esperti dello StageCraft (il Volume usato per The Mandalorian). Per Ant-Man and the Wasp: Quantumania sono andati ai Pinewood Studios di Londra utilizzando il sistema della ILM.
Il Volume in sintesi
Come vi scrivevamo nel nostro approfondimento il Volume è una tecnologia che prevede l’utilizzo di un teatro di posa circondato da giganteschi schermi LED ad altissima definizione (4K). Su questi schermi vengono proiettate in tempo reale le ambientazioni e gli sfondi della scena da girare.
L’illuminazione è estremamente realistica perché controllata attraverso gli stessi pannelli LED ed è più semplice da gestire: si possono cambiare le angolazioni di ripresa senza dover reimpostare continuamente le luci. La fusione completa tra sfondi e set viene poi gestita in post-produzione, ma al contrario del girare davanti a un gigantesco green screen questa tecnologia rende tutto molto più controllabile e semplifica il lavoro anche degli attori. I fondali LED sono come dei giganteschi matte painting interattivi, ed essendo collegati alla cinepresa cambiano prospettiva a seconda dei movimenti di macchina.
I vantaggi visti in questi anni
Con il Volume si è pensato a lungo di poter risparmiare denaro aumentando la qualità della resa degli effetti. E in parte è così (ecco spiegato l’innamoramento delle produzioni). Servono però competenze specifiche sia per i direttori della fotografia che per gli effettisti. La formazione del personale costa soprattutto in termini di tempo. Per far fronte alla richiesta Epic ha offerto in partnership con l’American Society of Cinematographers e Art Directors Guild dei corsi di formazione specifici per la progettazione di questi spazi virtuali in 3D.
Rispetto all'esigenza di spostare tutta la troupe per andare a riprendere sulle location, il Volume permette di ottimizzare i tempi. Non essendo soggetto ai cambiamenti atmosferici permette anche di prendersi il tempo per sperimentare.
Il direttore della fotografia Greig Fraser l’ha usato per The Batman. Rileva che la tecnologia ha ancora dei margini di miglioramento che, per alcune sequenze, non permettono di sostituire la location. Non simula molto bene mezzogiorno o le giornate assolate per dei limiti nella luminosità e nello spettro cromatico, mentre è perfetto per le scene al tramonto in città. Quella che solitamente è una finestra di poche decine di minuti per riprendere una delle luci più belle, ma anche complicate, diventa un tempo infinito con il Volume.
Ha funzionato molto bene perché abbiamo usato una luce soft. In particolare con The Batman è stato ottimo perché giravamo delle scene lunghe e normalmente, se vuoi girare qualcosa all’alba o al tramonto, hai una finestra di tempo limitata.
Ma i vantaggi non hanno impedito di dismettere il set virtuale usato per House of the Dragon appena finite le riprese. Data la crescente richiesta di set normali per prodotti che non richiedono effetti speciali così complicati, si è deciso di riconvertirlo.
I problemi del Volume
La tecnologia si è diffusa a macchia d’olio ma, come dicevamo, ha portato con sé alcuni problemi. Con l’utilizzo si è scoperto che non basta inserire l’ambiente virtuale e filmare, serve tanta cura nel bilanciare i colori e ottenere il migliore effetto possibile. Contrariamente al pensiero comune che si è diffuso con il suo arrivo, non basta impostarlo e girare.
Questo comporta un aumento di costi. Gli schermi LED, una volta montati, restano lì e non comportano una grande spesa. La creazione dell’estensione del set a computer però richiede molte ore di lavoro e quindi è un costo non da poco, soprattutto per le serie o i film che cambiano spesso location. Gli artisti degli effetti speciali lavorano dai quattro ai sei mesi per ottenere un contenuto credibile.
Il premio Oscar per gli effetti speciali Ben Grossmann, della società Magnopus, una delle prime a sperimentare con il Volume, ha spiegato:
Penso che ci sia una sovracapacità di teatri di posa a LED, tutti li vogliono, ma non sono ancora preparati abbastanza per usarli. Credo però che a lungo andare l’industria colmerà il divario tra la comprensione che hanno e le considerazioni sul budget in modo da aumentare l’utilizzo.
Tra gli esperti di VFX si sta diffondendo così una certa diffidenza e l’idea che alcuni show che l’hanno utilizzato siano stati “un bagno di sangue” per via della poca preparazione.
Nel frattempo il regista Jay Holben ha realizzato per American Society of Cinematographers un cortometraggio sperimentale che incorpora sia le location reali che quelle virtuali. L’obiettivo del film, creato solo ad uso interno per i filmaker, è di vedere e valutare in azione questo nuovo sistema, potendo aver presente con precisione quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi.
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Fonte: hollywoodreporter