Tartarughe Ninja alla riscossa, l’epitaffio di Jim Henson
Tartarughe Ninja alla riscossa uscì trent’anni fa e fece incassi da urlo, ma noi vogliamo ricordarlo come l’ultima opera del creatore dei Muppets
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Tartarughe Ninja alla riscossa, i fumetti e la TV
Tartarughe Ninja alla riscossa (guarda il trailer) è la terza versione dei Turtles (come li conosciamo anche in Italia) dopo quella originale e quella della serie animata, quest’ultima nata un po’ per caso – serviva come veicolo per convincere il produttore di giocattoli Playmates Toys a creare una linea dedicata alle tartarughe – e diventata rapidamente il punto di riferimento creativo del franchise, superando anche i fumetti in popolarità. È nella serie che nascono alcuni dei dettagli che verranno poi ripresi dal film (le bandane colorate, la pizza, il lavoro da reporter di April O’Neil), ed è a quella che si ispirò Bobby Herbeck per la stesura della sua sceneggiatura (che venne poi riscritta quasi completamente da Todd Langen).
Tartarughe Ninja alla riscossa e l’importanza della pizza
L’epico scontro tra un gruppo di rettili con guscio e i nomi ispirati ad artisti del Rinascimento italiano e un gruppo di adolescenti trasformati in ninja da un tizio con un casco di metallo e gli artigli tipo Wolverine si svolge sullo sfondo di una New York (in realtà la North Carolina, e parecchi set ricostruiti) che assomiglia più che altro a Gotham City: cupa, decadente, popolata di criminali e gente spaventata, (non) protetta da un capo della polizia incompetente e una politica completamente assente, la città delle Tartarughe ninja è un incubo, il cui impatto estetico è solo parzialmente attenuato dalla generale assurdità di tutto il resto.
Perché Tartarughe Ninja alla riscossa, come tutti gli altri prodotti del franchise, è prima di tutto un film da ridere, con quattro protagonisti che si esprimono a one-liner, proto-meme (“Mondo pizza!”) e che affrontano la vita, anche una vita confinata nelle fogne come la loro, con il sorriso e una gran voglia di spaccare le cose. Michelangelo, Donatello, Raffaello e Leonardo sono guerrieri, sono ninja, sono combattenti letali, ma sono prima di tutto degli adolescenti, che soffrono perché non possono andare al cinema senza nascondersi dietro un trench e che hanno una cotta per la bella giornalista televisiva del programma Testimone oculare. Il contrasto tra i toni cupi dell’ambientazione (e anche la cattiveria dei, ehm, cattivi) e l’adorabile demenza dei protagonisti è uno dei punti di forza del film, trent’anni fa come oggi.
Quattro tartarughe e Jim Henson
Il vero motivo per cui Tartarughe Ninja alla riscossa è ancora impressionante oggi sta però altrove, ed è lo stesso motivo per cui Labyrinth è un classico e per cui esiste una serie TV Netflix dedicata a Dark Crystal: ci ha lavorato Jim Henson con il suo Jim Henson’s Creature Shop, fondato in origine proprio per lavorare a Dark Crystal e divenuto poi uno dei più grandi laboratori di effetti speciali pratici del mondo del cinema. Henson contribuì ai Turtles creando i costumi delle tartarughe e quello di Splinter, un lavoro che richiese quattro mesi e mezzo e che è, sotto molti punti di vista, uno degli apici toccati dall’inventore dei Muppets nella sua carriera.
Prendete i già citati Dark Crystal e Labyrinth, e confrontate la mobilità dei pupazzi creati per quei due film con le acrobazie compiute dalle Tartarughe Ninja nel film di Barron. O ancora meglio, considerate questo particolare: Gogol, lo gnomo di Labyrinth, è interpretato da due persone (Brian Henson che ne fa la voce, Shari Weiser che indossa il costume), mentre per due dei Turtles (Raffaello e Donatello) ne servivano tre – una voce, un costume e un artista marziale per le scene di combattimento. In altre parole, quando vedete scene come questa ricordatevi che non stiamo parlando di CGI, ma di un tizio in un costume di gomma che sta effettivamente compiendo queste evoluzioni (in questo caso si tratta di David Forman, che come Michelan Sisti per Michelangelo ha girato da sé tutti i suoi stunt).
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Purtroppo Henson non ebbe modo di gustarsi appieno il risultato dei suoi sforzi: in America il film uscì il 30 marzo, un mese e mezzo prima della morte dell’artista in seguito a un’infezione polmonare. Tartarughe Ninja alla riscossa, tra l’altro, andò benissimo al botteghino, incassando 200 milioni di dollari a fronte di un budget di 13 – il film indipendente di maggior successo della storia, almeno fino al 1999 quando venne superato da The Blair Witch Project. Rivedendolo oggi è impossibile non notare difetti e scorciatoie dovute al budget (ci sono parecchie scene con protagonisti i Turtles e Splinter che sono girate su sfondo nero, per dire) e una certa tendenza ad appoggiarsi troppo alla battuta fulminante dimenticandosi il resto, ritmo compreso. Ma è anche impossibile non rimanere a bocca aperta davanti al lavoro del Creature Workshop e al genio di Jim Henson per un film che, nell’universo cinematografico di Turtles, è ancora oggi imbattibile.