E.T. L’Extra-Terrestre: 35 anni e una telefonata che allunga la vita
Veniva presentato a Cannes il 26 maggio di 35 anni fa E.T. L'Extra-Terrestre, capolavoro di Steven Spielberg con Henry Thomas e Drew Barrymore
Veniva presentato a Cannes il 26 maggio di 35 anni fa E.T. L'Extra-Terrestre, capolavoro di Steven Spielberg con Henry Thomas e Drew Barrymore. La celebre chiamata che il piccolo alieno ha richiesto nel 1982 è stata una telefonata che, per citare un gustoso spot anni 90, ha "allungato la vita" a un'opera che, come Star Wars, è divenuta un fenomeno globale raggiungendo un pubblico molto più vasto del target al quale si pensava fosse rivolta. Proviamo a pescare alcuni degli innumerevoli spunti che, ancora oggi, rendono il film di Spielberg unico del suo genere.
Meravigliarsi è la chiave per vincere
Una sottile distinzione tra "meraviglia" e "stupore" fa la differenza tra chi si lascia trasportare da ciò che è fuori dall’ordinario e chi rimette in discussione ciò che ritiene impossibile. A distanza di 35 anni dal debutto di E.T. L’Extra-Terrestre, i suoi eroi continuano a esprimere, attraverso sguardi e parole, un senso di pienezza davanti a ciò che è meraviglioso. Sul finale, non appena vedono l’alieno fuoriuscire dal camioncino come una sorta di divinità piombata in Terra, i ragazzi che aiutano Elliot a salvare E.T. sorridono più felici che stupiti. O, se volete, gioiscono dinnanzi a ciò che è fuori dall’ordinario, anziché rimettere in discussione ciò che reputano impossibile. La cesura che li separa dal mondo degli adulti è nella loro capacità di accogliere immediatamente ciò che è straordinario, senza alcuna necessità di doverlo immagazzinare e “digerire” prima di accettarlo. È per questo che a Elliot basta esclamare “Ok, lui è un uomo dello spazio e noi lo riportiamo alla sua nave spaziale”. Non serve fornire alcun antefatto: la mente brillante degli eroi è già preparata alla più epocale delle evenienze. E a chi chiede “Ma non viene teletrasportato?” si ricorda che “Questa è la realtà”.
La parabola dell’extraterrestre smarrito che necessita assolutamente di una telefonata è ancora attualissima, anche oggi che siamo raggiungibili da tutti. È invece controversa, e priva di una risposta univoca, la domanda se la maggiore accessibilità e raggiungibilità di cose e persone abbia reso il mondo un luogo meno affascinante. Il film di Spielberg, difatti, è affascinante nel senso di “misterioso” anche quando l’alieno non appare: le luci nella notte, riflesse nel cortile della casa di Elliot, restituiscono l’idea di una provincia sonnolenta che è tuttavia il terreno perfetto per un mistero riservato a coloro che hanno l’immaginazione per coglierlo. Proprio questo senso immaginifico, questa curiosità ai limiti del morboso che spinge a oltrepassare una collina o ad addentrarsi in un bosco di notte alla scoperta di luci lontane o di suoni sospetti, è alla base di una narrativa e di un’estetica che negli anni 80 hanno trovato terreno fertilissimo sul grande schermo. Andare a toccare con mano qualcosa che si può sperimentare solo dal vivo, senza alcuna mediazione e con l'attitudine di un giovane pioniere, è stato uno degli elementi chiave del successo di un intero filone che oggi, non a caso, rivive in nuovi prodotti cinematografici e televisivi rivolti in primo luogo a coloro che ricordano quei momenti.
L'apoteosi di un'infanzia che svanisce
L’emozione nel rivedere E.T. è indubbiamente molta sia che lo si abbia conosciuto durante l'infanzia sia che lo si veda oggi per la prima volta. Per più di una generazione, uno dei punti di forza che ha reso speciale il film è stato nel senso di “riscatto” di cui erano intrise le avventure dei piccoli grandi eroi. Tre decenni fa, nel comune sentire, l'infanzia e l'adolescenza erano relegate a un ruolo molto più subalterno agli adulti di quanto non siano oggi. Se è vero che parte del circo mediatico odierno tende a celebrare bambini e adolescenti come i candidati ideali a rimettere in discussione subito il mondo degli adulti e a "creare" (non importa cosa, non importa come), nel 1982 beffare ripetutamente la generazione dei padri (colpevoli di essere i grandi assenti) rendeva i protagonisti di E.T. degli eroi romantici. Elliot e soci erano uomini giusti in un contesto che non li valorizzava e che credeva di agire nel loro interesse, reputandoli troppo ingenui per decidere della propria vita. La telefonata di E.T. consegnava ai giovani eroi le chiavi di imprese epiche che i ragazzi "soffiavano" letteralmente ai grandi. A eccezione della madre di Elliot, per tre quarti del film nessun adulto è inquadrato in volto.
Di fatto, E.T. spostava la vita dei protagonisti "in avanti" regalando loro responsabilità prima inaccessibili, con tutte le conseguenti complicazioni e gli imprevisti di sorta ("Io non le so le strade! È sempre mamma che guida!"). Per Spielberg è stata una parabola che ha sortito un doppio effetto: celebrare la sua infanzia e permettergli, finalmente, di distaccarsene. Come riportato nella bella retrospettiva di Richard Shickel, Spielberg ha apertamente dichiarato:
Per me, E.T. è stata sia la quintessenza della storia della mia infanzia e sia, allo stesso tempo, la fine di quell’infanzia. Mi ha dato il coraggio, grazie anche al suo successo, di affrontare tematiche più adulte. In qualche modo, mi ha dato un lasciapassare gratuito, una sorta di permesso di fallire.
[Da R. Schickel. Spielberg - A Retrospective, Thames & Hudson, 2012]
E cinque anni dopo E.T., nel 1987, il piccolo Jamie "Jim" Graham ne L'Impero del Sole può permettersi di sentenziare "Ero più giovane, allora". Se l'Elliot di Henry Thomas, raggiunto da sua madre, contemplava con una consapevolezza nuova la partenza dell'amico appena salvato, il Jim di Christian Bale comprendeva di non poter più rivivere "come prima" l'abbraccio materno.
In effetti, se E.T. ha celebrato con senso del meraviglioso e malinconia un momento irripetibile della vita nel quale tutto è pathos, è proprio con quello spirito che è bene festeggiare i suoi 35 anni. Riconfermando il potere delle piccole storie che esaltano al meglio le grandi emozioni, E.T. L'Extra-Terrestre risulta ancora oggi il perfetto teorema a dimostrazione di una qualità essenziale del cinema di Spielberg: la capacità di non invecchiare.