Sweeney Todd è l’ultimo grande film della coppia Burton-Depp?

Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street è una favola nerissima di vendetta, emarginazione e violenza – gli ingredienti preferiti di Tim Burton e Johnny Depp

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Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street va in onda su Italia 2 questa sera alle 21:10 e in replica domani sera alle 23:15

Gli ultimi 15 anni della carriera (e della vita) di Tim Burton e Johnny Depp sono stati talmente movimentati, confusionari e ricchi di polemiche di ogni tipo che Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street, il loro sesto film insieme e uno di quelli che ha ricevuto più applausi e premi della critica, sembra appartenere a un’altra epoca, nonostante sia uscito appena 14 anni fa, nel 2007, quando ancora Depp era all’apice del suo successo grazie a... be’, una sfilza lunga così di titoli che lo hanno portato a monopolizzare le nostre attenzioni per anni, e quando Tim Burton non era ancora inciampato in quella che a oggi rimane la più grossa scivolata artistica della sua carriera (parliamo di Alice in Wonderland, ovviamente). Questo lunghissimo preambolo ci serve per introdurre la domanda che viene spontanea riguardando dopo tanto tempo questo film: perché il mondo se n’è praticamente dimenticato? Possibile che sia solo colpa della Deliranza?

Sweeney Todd e la collana di perle

Sweeney Todd, il film, ha fatto conoscere a un’enorme fetta di pubblico non inglese il personaggio di Sweeney Todd, il barbiere, una figura che è entrata di prepotenza nella cultura britannica nel 1846 con la storia a puntate (quelli che al tempo si chiamavano penny dreadful) The Strings of Pearls. Todd è una di quelle figure che al tempo spopolavano nel mondo dell’intrattenimento londinese e dintorni, un serial killer ante litteram (il primo esempio moderno di omicida seriale, che è ovviamente Jack lo squartatore, risale a quarant’anni dopo) con una tragica storia alle spalle e un grande amore per la violenza. Che nel suo caso viene praticata sui suoi clienti ignari: Todd è un barbiere che promette una rasatura perfetta, salvo poi tagliare la gola al malcapitato di turno e, con la complicità della proprietaria di un negozio di alimentari, utilizzare il suo cadavere per farcire degli ottimi (si suppone, visto il loro successo) pasticci di carne.

Da allora, la storia di Todd, sempre a metà tra tragedia e orrore, è stata raccontata in un’infinità di modi diversi, il più famoso dei quali è la versione musical scritta da Stephen Sondheim nel 1979, andata in scena a Broadway, vincitrice del Tony Award e molto apprezzata per il modo in cui gioca di contrasti: musiche raffinate (quasi fuori tempo per il 1979), linguaggio curatissimo (il contrario del modo in cui erano scritti i penny dreadful), e una storia che parla di due persone che usano la carne umana per preparare tortini. Basta anche una conoscenza superficiale della carriera di Tim Burton per capire che la materia è perfetta per un suo adattamento, che infatti lo stesso Burton covava fin dai tempi del debutto teatrale dell’opera di Sondheim.

I suoi sogni si realizzarono nel 2006, quando DreamWorks decise di chiamarlo per dirigere una sceneggiatura scritta da uno con un curriculum lungo così, John Logan, già candidato agli Oscar per Il gladiatore e The Aviator e autore tra l’altro di Ogni maledetta domenica di Oliver Stone e di L’ultimo samurai (nonché successivamente della serie TV Penny Dreadful, guarda caso). Burton non dovette neanche insistere per avere il suo amico e ormai collaboratore fisso Johnny Depp, che a sua volta era fresco di Pirati dei Caraibi, di La fabbrica di cioccolato e del pluripremiato e amatissimo Finding Neverland. Aggiungeteci che il resto del cast comprendeva Helena Bonham-Carter, Alan Rickman, Sacha Baron Cohen e una fenomenale attrice di teatro come Laura Michelle Kelly (che in teatro era già stata tra l’altro Eliza Doolittle in My Fair Lady e Mary Poppins in... be’, lo sapete) e otterrete un film che sulla carta era impossibile da sbagliare.

Sweeney Todd Depp

Sweeney Todd sembra scritto su misura per la strana coppia

E infatti Burton non lo sbagliò, anzi. Non parliamo solo del risultato in termini di critica (una nomination all’Oscar per l’art direction e una per Johnny Depp come attore protagonista) né ci riferiamo agli incassi (discreti, ma lontani da quello a cui Burton era abituato), ma dell’opera in sé. Che è una lussuosissima messa in scena dell’adattamento musical di Sondheim, ambientata in una Londra fatta tutta di fumo, pozzanghere luride e facce sporche di fango, un luogo che i due protagonisti (Depp/Todd e Anthony/Jamie Campbell Bower) descrivono come “un grande buco nero abitato dai parassiti del mondo” e dove “i pochi privilegiati si prendono gioco dei parassiti come animali dello zoo, e trasformano la bellezza in sporcizia e cupidigia”.

In queste due semplici descrizioni c’è tutto il Burton che volete: c’è la bellezza corrotta dall’essere umano, l’idea che il mondo si divida in “noi” e “loro” dove “noi” sono coloro che non hanno privilegi, i diversi, gli esclusi, c’è l’orrore del quotidiano, l’amore per lo schifo, una certa aria gotico-maledetta, quel pizzico di umorismo che aiuta a non perdere del tutto la testa... se non fosse stata scritta nel 1846, la storia di Sweeney Todd potrebbe essere un’invenzione dello stesso Burton, e il protagonista essere stato pensato su misura per il Johnny Depp di quegli anni, uno dei pochissimi attori a essere riuscito a portare (perdonateci il doppio inglesismo) la weirdness nel mainstream e a farla sembrare non solo bella, ma addirittura vendibile, qualcosa di cui godere al cinema con tutta la famiglia e un bello pacchetto di pop-corn in braccio.

Depp Bonham Carter

Fontane di sangue e cascate di intestini

Sennonché Burton e Depp sfruttarono l’occasione per portare al cinema qualcosa che quello che al tempo era il loro fandom forse non si aspettava: una storia elegante, certo, strapiena di musiche raffinatissime e onnipresenti (ai limiti dell’invadenza, ma un sito di cinema non è la sede giusta per discutere del lato musicale di Sweeney Todd), ma anche di tonnellate di violenza e fontane di sangue, che sgorgano felici e zampillanti dai colli perfettamente rasati di preti, banchieri, avvocati, fruttivendoli. Richard Zanuck, produttore del film, raccontò ai tempi dell’uscita che Burton volle che le gesta di Todd venissero messe in scena con uno stile surreale ed esagerato, “un po’ alla Kill Bill”, ed effettivamente fa un certo effetto pensare che questo curioso slasher musicato sia stato concepito dalla stessa persona che era reduce da Il pianeta delle scimmie (sostanzialmente un fantasy per famiglie, senza una goccia di sangue), Big Fish e la più innocua delle versioni di La fabbrica di cioccolato, e interpretato da quell’attore che faceva impazzire grandi e piccini vestito da pirata stramboide.

Sweeney Todd, quindi, è un musical ma è anche una sorta di contenitore, nel quale Tim Burton ha riversato tutte le sue passioni, anche quelle più apparentemente inconciliabili, e dentro il quale nuota un Johnny Depp che negli anni successivi non sarà mai più così felice e a suo agio (con la possibile eccezione del criminalmente sottovalutato The Lone Ranger) – indiscutibilmente al centro dell’attenzione, ma capace di diventare il suo personaggio invece di trasformare il suo personaggio in “Johnny Depp interpreta...”. I due si ritroveranno su un set altre due volte – nel già citato Alice e nell’anemico Dark Shadows –, ma Sweeney Todd rimane uno degli apici del loro sodalizio, e forse, a meno di sorprese, il loro ultimo grande film insieme.

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