Super Mario Bros., il Morton Jankel Cut prova a rendere giustizia al film

Super Mario Bros. fu un disastro senza precedenti. Ora una nuova versione restaurata prova a restituirgli un po’ di dignità

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Super Mario Bros. The Morton Jankel Cut si può vedere qui e scaricare qui

Super Mario Bros. sta ai film tratti da videogiochi come E.T. per Atari sta ai videogiochi tratti da film: un progetto apparentemente impossibile da sbagliare basato su una delle IP più grosse e famose del medium di ispirazione, che per una lunga serie di motivi che dicono molto non solo sul prodotto ma sull’intero ecosistema culturale nel quale è stato concepito fallisce fragorosamente e passa alla storia come cautionary tale ed esempio da non seguire se non si vuole rovinarsi la carriera. Le cartucce invendute di E.T. vennero sepolte, a centinaia di migliaia, nel deserto del New Mexico nel 1983, e il tonfo portò, tra le altre cose, all’ascesa di Nintendo e del suo sigillo, e più in generale all’introduzione del concetto di “controllo qualità” nello sviluppo dei videogiochi. Super Mario Bros., invece, è stato per anni indicato come il prodotto che meglio illustra come mai sia impossibile fare film tratti da videogiochi, e quanto sia più difficile gestire due attori che passano le giornate sul set a bere per dimenticare di essere sul set rispetto a un ammasso di pixel programmabili.

Ryan Hoss e Steven Applebaum sono convinti da anni che Super Mario Bros. non si meriti tutto questo, e vogliono dimostrarvelo.

Super Mario Bros. e Max Headroom

La fama di Super Mario Bros. è ingiusta, almeno in parte. Cioè: è vero che è un film che con non ha nulla a che fare, nomi utilizzati a parte, con il franchise di Nintendo. Certo, ci sono Mario Mario e Luigi Mario (chiamati per la prima volta in questo modo qui, non nei videogiochi), idraulici, c’è il Regno dei Funghi, la principessa Daisy (il love interest di Luigi, comparsa per la prima volta in Super Mario Land, mentre l’equivalente mariesco non è la principessa Peach ma “Danielle”), i Goomba e i Koopa e tutti gli altri brand il cui utilizzo la produzione riuscì ad assicurarsi. Ma Rocky Morton e Annabel Jankel, la coppia dietro la macchina da presa, venivano da una serie TV sci-fi/distopica chiamata Max Headroom, e la loro idea creativa per Super Mario Bros. fu quella di rifarla, cambiando nomi e spingendo il pedale dell’acceleratore su psichedelia, erotismo e grottesco.

Body horror

Cosa c’entri tutto questo con Super Mario Bros. non era chiaro neanche ai Mortonel (o Jankon?) nel 1993, e tantomeno lo era nelle sinergie tra reparto creativo, produttivo e marketing. Quello che intendiamo è che fin dal suo concepimento il film era diviso tra la necessità di accontentare il pubblico di Super Mario (che, all’epoca, stava soprattutto nella fascia d’età tra i 6 ai 13 anni) e quella di portare al cinema gli adulti, o quantomeno gli adolescenti edgy; tra la voglia di produrre un’avventura per famiglie con l’adorabile idraulico italiano come protagonista e quella della coppia registica di creare un universo tra il cyberpunk – anche se forse oggi lo chiamerebbero “biopunk” – e la postapocalisse delirante alla Mad Max, nel quale ambientare una storia che condividesse con il canone di Super Mario solo i nomi di personaggi e ambientazioni.

Super Mario Bros. e gli scarti di tono

Il risultato a livello creativo è sotto gli occhi di tutti; nessuna difesa per quanto appassionata potrà mai negare che Super Mario Bros. ha degli enormi problemi di coerenza anche all’interno delle stesse scene: vedere Mario e Luigi che corrono felici per le strade della città dei Koopa, accompagnati da un’allegra musichetta orchestrale che richiama colori brillanti, verdi colline e simpatici funghetti, però a bordo di un’auto della polizia mentre vengono inseguiti e bersagliati di colpi da dei dinopoliziotti con un lovecraftiano microcefalo da rettile, è quello che trovate sul dizionario se cercate “scarti di tono”.

Ci sono poi tutti gli altrettanto innegabili problemi che piagarono la produzione fin dal primo giorno, e che portarono Bob Hoskins a dichiarare che girare Super Mario Bros. fu “un incubo del cazzo”: gli aneddoti sono infiniti ma il migliore è ovviamente quello che vuole che Hoskins e John Leguizamo (cioè Mario e Luigi, rispettivamente) si trovassero ogni mattina prima delle riprese per bere, e che approfittassero di ogni pausa per ritornare in roulotte e continuare a sbronzarsi, in perfetto stile Duccio Patanè. Si dice anche che Jankel e Morton vennero cacciati dal set dai loro stessi agenti, e che compaiano come registi nonostante non abbiano davvero portato a termine le riprese; si racconta che Morton, alla vista di un Goomba che secondo lui non era abbastanza sporco per essere un abitante di Dinohattan (DINOHATTAN!), gli abbia versato in testa una tazza di caffè bollente, e si racconta anche che Morton si sia difeso dall’accusa affermando che “il caffè non era bollente, era freddo”.

Dennis Hopper

It was a shitshow

Se ne dicono di ogni, insomma, e la maggior parte di quello che si dice è vero: Super Mario Bros. fu quello che in inglese viene efficacemente definito “shitshow”, una raccolta di tutto quello che può andare storto durante la lavorazione di un film. E questo si riflette sul risultato finale: di Dennis Hopper, per esempio, si dice che non avesse idea di cosa stesse facendo, e questo stupore misto a fastidio si riflette anche sulla sua interpretazione di Koopa (non Bowser, per qualche motivo), presidente dittatore unico dei Koopa. Ci sono problemi di montaggio, raccordi frettolosi che non hanno senso se non alla luce di una post-produzione altrettanto complicata e raffazzonata, e c’è la costante sensazione che tutto Super Mario Bros. sia un altro film, costretto a travestirsi da idraulico con i baffi (un po’ come successo, con risultati decisamente opposti per fortuna, a Doki Doki Panic AKA Super Mario Bros. 2 per NES).

Eppure il film non venne universalmente odiato al momento della sua uscita: Roger Ebert lo detestò, per esempio, mentre Janet Maslin lo apprezzò, almeno in parte – e soprattutto ne apprezzò gli effetti speciali, molti dei quali erano sperimentali se non addirittura rivoluzionari per l’epoca. E con gli anni si è costruito un seguito di fan ai limiti del culto, che giurano sul suo valore e lo rivalutano non in quanto film sul franchise “Super Mario Bros.”, ma in quanto bizzarra distopia vagamente fantasy con una storia un po’ sciocca e una serie di sublimi idee visive e di ambientazione.

Extended 1

Rise of the Super Mario Bros. The Movie Archive

Ryan Hoss e Steven Applebaum, che citavamo a inizio pezzo, sono due di questi fan. Il primo, nel 2007, lanciò il progetto Super Mario Bros. The Movie Archive, che nacque come digitalizzazione della sua collezione di materiale video legato al film e che negli anni è cresciuto a dismisura anche grazie all’ingresso in società dell’altro mega-fan Applebaum. Il Super Mario Archive è una raccolta di tutto quello che avete sempre voluto sapere sul film di Jankel e Morton; c’è di tutto, dagli storyboard originali a interviste con i membri del cast e della crew, e da qualche giorno c’è anche questo, Super Mario Bros.: The Morton Jankel Cut, una versione da 125 minuti del film che contiene 20 e passa minuti di materiale extra. Si tratta di scene recuperate da un rough cut di proprietà del produttore Roland Joffé e venute in possesso del collezionista Skip Elsheimer, che gestisce il sito A/V Geeks. Elsheimer ha donato il materiale al SMB Archive, che l’ha girato al filmmaker (ed esperto di restauri cinematografici) Garrett Gilchrist, il quale ha rimontato il nuovo girato sulla versione VHS del film tramite una lunga e complicata serie di processi ai confini con l’esoterismo che vengono spiegati sul sito stesso o in questo minidocumentario su YouTube.

Il risultato è, secondo Gilchrist (che ha anche ritoccato un po’ di effetti speciali, ne ha aggiunto qualcuno e ha anche messo mano alla colonna sonora), “un film migliore di quello che uscì al cinema”. Noi l’abbiamo visto e siamo abbastanza sicuri che Gilchrist abbia ragione, ma anche che questa nuova versione di Super Mario Bros. conferma che il film avrebbe potuto avere tutt’altra accoglienza e tutt’altro destino se non fosse stato costretto a parlare di Mario, idraulico con i baffi, ma di due generici non-eroi terrestri catapultati in una dimensione parallela dove un dittatore rettiliano controlla con il pugno di ferro un mondo in decadenza il cui ex-sovrano benevolo si è trasformato in un gigantesco fungo senziente che minaccia di inglobare ogni cosa.

Innanzitutto la cosa più urgente: tra il materiale recuperato c’è questo! IL RAP DI IGGY E SPIKE! La singola scena più importante del film, che nella versione finale viene solo accennata di striscio in un dialogo ma che segna in realtà il momento in cui i due presunti scagnozzi del cattivo hanno un risveglio politico e si riscoprono antifascisti e diventano centrali nella rivoluzione proletaria che rovescia Koopa. Fa il paio con quest’altra scena tagliata brutalmente (Leguizamo dice che “le abbiamo girate ma già sapevamo che sarebbero state tagliate) che mostra il lato più esplicitamente erotico di Dinohattan, e che dimostra come Jankel e Morton avessero un’idea di Super Mario Bros. completamente diversa da quella della produzione; e volendo fa il paio anche con la scena post-credits, già presente nella versione cinematografica e che di fatto annuncia un sequel mai fatto con protagonisti proprio i due cugini del presidente Koopa.

[caption id="attachment_484917" align="aligncenter" width="1000"]Super Mario Bros. Extended 3 Le nuove scene si riconoscono facilmente: sono quelle dove c'è ancora il timestamp[/caption]

Ci sono altre aggiunte molto evidenti (una scena in cui Mario e Luigi fuggono da Scapelli, che suggerisce in modo esplicito i suoi legami con la mafia, un’altra in cui Koopa dimostra il potere della pistola de-evolvente trasformando un Goomba in melma primordiale, un’eco della sua stessa fine) e altre più sottili (parecchie scene sono allungate, qualcuna di pochi frame, e alcuni personaggi secondari acquistano così un po’ più di spazio). Ma quello che nessuna scena restaurata e recuperata dagli archivi potrà mai cambiare è il fatto che Super Mario Bros. non è un film basato su Super Mario Bros., ma una follia disto-punk sulla quale sono stati casualmente inseriti due tizi vestiti rispettivamente di rosso e di verde – il film di Jankel e Morton ha più cose in comune con Atto di forza che con questo:

o questo:

Che poi sia un bene o un male decidetelo voi. Di una cosa restiamo convintissimi: non sarà perfetto, ma Super Mario Bros. è un film interessante, e questo forse vale ancora di più.

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