Suicide Squad alla luce di The Suicide Squad

Com’è rivedere il film di David Ayer ora che ne è uscita una versione migliore firmata dal nuovo capo supremo della DC James Gunn?

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Suicide Squad è su Amazon Prime Video

Nel 2015, Warner Bros. e DC Films affidarono a David Ayer un compito delicatissimo: quello di portare al cinema la Suicide Squad, il gruppo di villain-diventati-antieroi che sarebbe dovuto servire per lanciare una sfida alla Marvel. Sfida a colpi di politicamente scorretto, violenza, attitudine sfrontata. Basta battutine, famiglia e buoni sentimenti: Suicide Squad sarebbe dovuto essere l’antidoto allo strapotere del buonumore. Il film uscì nel 2016: da allora, e nonostante incassi globali più che soddisfacenti, David Ayer è un po’ sparito, tanto che ha girato due soli film e di uno dei due (Bright) preferiremmo non parlare.

Nel 2019, Warner Bros. e DC Films affidarono a James Gunn un compito delicatissimo: quello di riportare al cinema la Suicide Squad, aggiungendoci un “The” davanti e magari anche un po’ di qualità. Non che, come detto prima, la precedente versione fosse andata male in termini economici; ma la critica e anche il pubblico che pure era accorso in sala l’avevano visto come un’occasione sprecata, una mezza misura, un film che non manteneva nulla di quello che prometteva dal trailer. Il film è uscito l’anno scorso, ha floppato clamorosamente al box office a causa di una combinazione di fattori (virali e non), ma nonostante questo James Gunn oggi è il nuovo capo della baracca, il Kevin Feige della DC.

La notizia della promozione di Gunn, con tutte le sue possibili ramificazioni future e l’innegabile legame con il successo di critica di The Suicide Squad, unito al fatto che il film di Ayer è arrivato in questi giorni su Prime Video, ci hanno dunque spinto a fare qualcosa che pochissima gente farà negli anni a venire: riguardare Suicide Squad Senza The Davanti, e rivalutarlo alla luce dell’uscita di Suicide Squad Con Il The Davanti. Perché la DC ha scelto di affidare il suo futuro in mano a mr. “Sono rientrato a malapena nel budget” e non a mr. “Nonostante Jared Leto Joker ho incassato quasi 800 milioni”?, ci siamo chiesti. Il confronto è davvero così impietoso? La risposta breve è: sì, e potremmo chiudere qui il pezzo.

La risposta un po’ più lunga, la prima di una lunga serie, sta nel modo in cui i due film scelgono di presentarsi. The Suicide Squad ha una delle migliori cold open del cinema di supereroi moderno, che mette subito in chiaro quale sarà il tono e l’approccio del film. Sia perché è assurda e iperviolenta, sia perché è strutturalmente sorprendente nel momento in cui rivela di averti appena presentato gli eroi sbagliati, e fa entrare in scena i veri protagonisti del film quando ormai l’atmosfera è già bollente. Al contrario, Suicide Squad si apre appoggiandosi con tutto il suo peso alla campagna promozionale del film, e zoppica per svariati minuti in quella che si può solo descrivere come la versione video di una playlist di Spotify.

Suicide Squad ci venne venduto prima di tutto come un film di personaggi, quel genere di personaggi per i quali non siamo abituati a fare il tifo. Ayer ce li presenta uno per uno, ciascuno con la sua bella canzone pop-rock famosa di accompagnamento, in quelle che di fatto sono micro-origin story stilizzatissime che commettono uno dei peccati capitali del cinema di supereroi: ci spiegano esplicitamente cosa dobbiamo aspettarci invece di lasciare che sia l’azione del film a raccontarci chi siano e cosa vogliano questi personaggi. È un primo atto che continua a partire, fermarsi e ripartire da capo, ammazzando fin da subito ogni parvenza di ritmo.

Non aiuta poi che i suddetti personaggi si rivelino fin da subito meno disgustosi e deprecabili di quanto ci fosse stato promesso. Il peggiore da questo punto di vista è il Deadshot di Will Smith, un attore con un’immagine pubblica talmente prepotente che ne compromette irrimediabilmente il personaggio. Deadshot dovrebbe essere un assassino letale e soprattutto odiare Batman più di ogni altra cosa. Il Deadshot di Suicide Squad, invece, si ritrova davanti Batman indifeso e decide di non ammazzarlo perché non vuole che sua figlia lo veda commettere un omicidio. Ecco, questa democristianizzazione e forzata umanizzazione di quella che dovrebbe essere la feccia della società è uno dei motivi per cui Suicide Squad ha un decimo del mordente del suo successore con il The.

Anche perché Will Smith è il maggiore indiziato, ma anche gli altri personaggi sono in larga parte esseri umani con dei difetti e una possibilità di redenzione, non gli insalvabili pendagli da forca che Amanda Waller ci aveva promesso a inizio film. Almeno quando entrano in azione però tirano fuori tutta la loro cattiveria, giusto? E invece sbagliato, perché se il primo atto di Suicide Squad è una compilation di cringe supereroistico, quello che succede dopo si può descrivere solo con una parola: grigio. Che poi sarebbe più che altro blu, come l’onnipresente notturno che prima di questo film aveva fatto la fortuna di Ayer, ma non perdiamoci dietro a minuzie cromatiche: Suicide Squad è un film grigio nel senso più elevato e simbolico del termine.ù

La semplicità estrema della sua struttura non è, di per sé, un problema: la squadra deve fermare Enchantress, un’archeologa che è stata posseduta da una strega millenaria e che ora minaccia di fare quello che ogni supervillain vuole fare in un film di supereroi, cioè un gran casino. Suicide Squad è quindi un’infiltrazione, un film di guerriglia urbana che porta i nostri non-eroi sempre più vicini al cuore del problema. E il cuore del problema è che il film è letteralmente solo questo: gente che si sposta dal punto A al punto B, falciando senza troppa creatività una serie di anonime creature tutte uguali.

In un contesto così semplicistico non c’è neanche grande spazio per l’improvvisazione o i dialoghi brillanti: già solo sotto questo punto di vista The Suicide Squad schianta il predecessore senza neanche sudare. Non c’è grande caratterizzazione dei personaggi nel film di Ayer, e le interazioni tra loro sono ridotte ai minimi termini e vissute con lo stesso trasporto con cui la voce automatica del Bancomat dice “ritirare la tessera”. I membri del cast sono i primi a non credere troppo a quello che stanno girando, con l’unica luminosa eccezione di Margot Robbie/Harley Quinn: che infatti non a caso è l’unica che è stata richiamata anche da James Gunn, nonché l’unica a cui è stato dedicato un progetto solista (almeno fino a che non è uscita Peacemaker). Arriviamo al punto di affermare che la Harley Quinn di Suicide Squad è meglio di quella di The Suicide Squad, più integrata nel film e l’unica a presentare un personaggio coerente con le aspettative. È anche vero che, nel film di Gunn, Margot Robbie gioca in un campionato a parte e ha un’intera storyline dedicata, il che però la rende anche quasi un corpo estraneo nel quadro generale; nel film di Ayer è l’unica vera luce, e questo sicuramente aiuta.

Persino il finale, lo scontro con Enchantress a colpi di tremenda CGI, non riesce a esprimere neanche un decimo delle potenzialità di questo gruppo di personaggi – e fa una figura particolarmente pietosa di fronte alla magnificenza di una stella marina aliena gigante che sfascia cose. Insomma: non c’è nulla in Suicide Squad che non sia stato rifatto molto meglio in The Suicide Squad, la cui uscita ha reso sostanzialmente obsoleto il film di Ayer. La pensa così anche la DC, viste le ultime decisioni: i prossimi anni ci diranno se ci hanno visto giusto.

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