Stella Dallas, la clamorosa pre-apertura di Venezia è forse la migliore di sempre

L'edizione 79 della Mostra del cinema di Venezia inizia con un evento di cinefilia che finalmente torna ad essere sorprendente e illuminante

Critico e giornalista cinematografico


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Stella Dallas del 1925 diretto da Henry King è stata la pre-apertura della Mostra del cinema di Venezia

L’aveva promessa la chicca Alberto Barbera, l’aveva detto in conferenza stampa che quel film poco conosciuto e poco visto (anche lui ha ammesso di non averlo mai visto prima) scelto per la pre-apertura di quest’anno sarebbe stata una cosa speciale. E lo è stato. Stella Dallas, nella versione originale di Henry King del 1925, musicato dal vivo e restaurato, è probabilmente il film più lucente e sorprendente che si sia visto in una pre-apertura veneziana almeno dai tempi di Maciste alpino.

Non solo, è uno straordinario documento sul cinema femminile in anni in cui questo era il più importante e prodotto ad Hollywood (mentre a noi oggi arrivano più che altro i film maschili dell’epoca).

La storia è quella di una donna povera che sogna il salto sociale e, morto l’orribile padre, sposa un uomo altolocato con il quale però non è felice. Separatosi da lui cresce la figlia Laurel da sola, emarginata dalle reali classi altolocate ma anche dalla media borghesi per il suo fare palesemente grossolano e poco raffinato. Il dramma sociale slitta però il posto al melodramma spintissimo nella seconda parte, una corsa a perdifiato in cui Stella Dallas capisce che è lei a frenare la crescita sociale (e l’amore) della figlia, giudicata e guardata male perché legata ad una donna così volgare, e decide di mandarla a vivere con il padre, in una famiglia rispettabile e raffinata, perdendola per sempre ma lasciandole il futuro che lei sognava.

Ad oggi dei molti film dell’era del muto conosciamo più che altro quelli degli autori più noti e poi quelli tecnicamente più all’avanguardia, quelli che hanno fondato parte del linguaggio per immagini moderno, quelli che hanno innovato e quelli che tiravano il mezzo all’estremo. Pochissimo del cinema muto medio, fatto di scrittura e di regia invisibile, è quello che ricordiamo e mostriamo. Stella Dallas è un’eccellenza di questa categoria, un film che porta su di sé gli stilemi dei suoi anni ma che in certi momenti rilascia una sfrenata modernità (come nella scena in cui Laurel si vergogna della madre e scappa in barca), sfacciato nella critica sociale, ma poi incredibilmente dentro al sistema quando racconta il desiderio di denaro e di un salto sociale come la cosa più nobile che ci sia.

Questo film così profondamente americano (dell’America del 1925, del resto il romanzo che fa da base è di soli due anni precedente), è scritto da Frances Marion, una delle più grandi sceneggiatrici della sua epoca, vincitrice di due premi Oscar (ma non con questo film) e ha nella parte protagonista Belle Bennett, asset fondamentale nel successo sfrenato che il film ebbe. Dunque questo film che racconta dei problemi delle donne in una società spietata, scritto da due donne (l’autrice del romanzo e quella della sceneggiatrice), diventato un successo soprattutto per l’interpretazione della protagonista, è il simbolo di quella Hollywood a misura di donna. Non stupisce infatti che più volte Stella Dallas sia inquadrata mentre legge letteratura femminile (romanzetti considerati da poco) e faccia anche una tirata contro i libri troppo ponderosi e a favore delle romanziere. Quella era la produzione culturale.

In questi anni di pre-aperture spesso abbiamo visto film musicati dal vivo ma mai la colonna sonora era stata così eccezionale. Composta ex novo da Stephen Horne, compositore per il cinema muto, la partitura è fatta di melodie molto moderne, d’influenza quasi nipponica per essenzialità e potere evocativo, che funzionano benissimo ed enfatizzano la modernità di interazioni e inquadrature (in un certo senso e con i limiti di un film che rimane del 1925) di Stella Dallas. Sempre di più la presenza di una musica dalla sensibilità contemporanea traduce gli aspetti più invecchiati del film, raddrizza ciò che ci suona meno familiare e sospinge tutto questo film ad un livello altissimo, senza mai negarne la capacità di parlare del proprio periodo, cioè di appartenere al 1925 ma anzi esaltandolo. 

Quando in un finale che è inspiegabile (davvero inspiegabile!) come mai non sia impresso nella storia del cinema, Stella Dallas senza essere vista osserva il matrimonio della figlia dalla strada, sotto la pioggia e attraverso una finestra, Henry King crea un’inquadratura mostruosa dalla quale capiamo che quella finestra è come lo schermo di un cinema (anche perché dentro i personaggi sono disposti proprio come in un’inquadratura). È piena di luce che invade la strada piovosa e Stella Dallas guarda estasiata, illuminata da quella luce. Da una realtà misera e piovosa, guarda i sogni di qualcun altro capendo che sono anche i suoi, che lo sono sempre stati (il dettaglio eccezionale è che un poliziotto arrivato a dirle di allontanarsi rimane anche lui rapito proprio come se stessero guardando un film), e di colpo anche quella notte di pioggia e quella vita mesta cambiano. Mai come nei primi del novecento il cinema era una forma d’intrattenimento popolare, la più amata e praticata. Mai come in quegli anni il pubblico più umile sognava i sogni di altri, di interni borghesi e amori coronati e poi usciva in una realtà misera.

Trovate tutte le informazioni e le notizie sul Festival di Venezia nel nostro speciale.

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