State of Decay 2, meglio soli che accompagnati?
Cosa ci può essere di meglio dell’affrontare l’apocalisse zombie con i propri amici? State of Decay 2 ci ha insegnato che non è sempre così
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
La produzione Microsoft, in fin dei conti, è una sorta di gestionale travestito da action in terza persona. Maciullare orde di non-morti ha il suo indiscutibile fascino, oltre che la sua innegabile utilità, ma il cuore pulsante del gioco si annida altrove, per l’esattezza nella complessa ricerca di un delicato ed instabile equilibrio che va mantenuto reperendo continuamente risorse, potenziando le strutture in proprio possesso, edificandone di nuove.
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"State of Decay 2 è una bellissima esperienza in singolo, che non dà il suo meglio in multiplayer"Questo, a conti fatti, è il primo, nonché principale motivo per cui il multiplayer di State of Decay 2 non funziona come ci saremmo aspettati. Sì, perché la co-op, di fatto, tradisce le fondamenta stesse su cui si basa l’intera esperienza, mortificando quel senso di onnipotenza che scaturisce, paradossalmente, proprio dal sentirsi costantemente e continuamente ad un passo, ad un minuscolo errore dalla catastrofe, dalla morte, dalla distruzione totale della propria comunità. Proprio nella continua disattesa di una disfatta ormai certa ed inevitabile, si palesa la gioia più grande che State of Decay 2 è in grado di regalare agli utenti.
[caption id="attachment_185075" align="aligncenter" width="1000"] Per le missioni più difficili, resta comunque vantaggiosissimo lasciarsi aiutare da un proprio amico, magari più esperto e meglio equipaggiato del proprio avatar.[/caption]
La chat vocale aiuta a sentirsi meno soli, tutt’altro che abbandonati e alla mercé di attacchi a sorpresa. Anche le battaglie con le enclavi nemiche, principale novità di questo sequel, si ridimensionano sensibilmente, rendendo anche questi scontri poco più che una mera formalità.
Farsi invitare nella partita di un proprio amico, se possibile, è anche più sconveniente. Completando missioni ed eliminando zombie si accumula notorietà e fama, merce di scambio per vantaggiosi baratti, oltre che principale valuta con cui edificare nuovi avamposti. Scordatevi, tuttavia, di portarvi dietro le risorse scovate o di riporre nella dispensa della vostra enclave armi o materie prime reperite. Al termine della sessione, semplicemente, si viene premiati con una serie di item, quantitativamente e qualitativamente non paragonabili rispetto ai vantaggi che la propria cooperazione ha apportato all’host.
Si ritorna alla propria comunità con l’amaro in bocca, consci di aver quasi inutilmente rischiato la vita del proprio avatar, di aver sprecato tempo, magari risorse ed equipaggiamento prezioso.
State of Decay 2, tirando le somme, è una bellissima esperienza in singolo, a modo suo particolare e dal sapore quasi inedito, facendo finta che il prequel non esista, ma che non dà il suo meglio in multiplayer.
Ci teniamo a specificarlo una volta di più: in co-op la produzione Microsoft è assolutamente in grado di divertire, regalare qualche risata sguaiata grazie ad immancabili situazioni ilari che inevitabilmente si verranno a creare. Semplicemente, non apporta vantaggi ludici tali da giustificare lunghe maratone e numerose sessioni insieme ad un proprio amico. Ciò che è peggio, il multiplayer vanifica in buona parte il feeling, l’atmosfera creata da State of Decay 2, rendendolo un survival in terza persona molto meno affascinante ed appagante di quanto non lo sia in solitaria.