Star Wars: Il ritorno dello Jedi, quarant’anni dopo

Star Wars: Il ritorno dello Jedi compie quarant’anni: pensieri sparsi su uno dei film di fantascienza più importanti di sempre

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Star Wars: Il ritorno dello Jedi uscì in Italia il 21 ottobre 1983

Fa un certo effetto ritrovarmi qui a celebrare il quarantesimo compleanno di Star Wars: Il ritorno dello Jedi (Star Wars: Episodio VI - Il ritorno dello Jedi), uno dei film più importanti della mia vita, talmente importante che sto scrivendo il pezzo in prima persona senza aver chiesto prima il permesso. Fa effetto perché ho la sua stessa età, il che significa che sono nato con lui e anche che l’ho scoperto prestissimo, appena raggiunta l’età da film credo; è una storia cresciuta con me, pure invecchiata se vogliamo dirla tutta, e anche se ultimamente le nostre strade si sono un po’ divise la c.d. “trilogia originale” rimane lì, nel mio piccolo Olimpo personale e in quello di milioni di altre persone. Per questo è quasi un sollievo poter scrivere, quarant’anni dopo, senza vergognarsi, che Il ritorno dello Jedi è il peggiore di quei tre – e non per colpa degli Ewoks.

Ovviamente, “il peggiore di quei tre” non significa “un brutto film”, tutt’altro; è un problema di confronto con due capolavori, il primo dei quali è uno dei film di fantascienza più influenti di sempre e il secondo dei quali ha una delle sceneggiature più perfette mai viste. Star Wars: Il ritorno dello Jedi è, credo, prima di tutto gravato dal peso di una responsabilità che i due predecessori non avevano: quello di essere la Conclusione della Saga, e quindi non solo un film con il suo arco narrativo interno ma anche il momento di tirare le fila di trame e sottotrame introdotte nei primi due episodi. In questo senso, l'Episodio VI è il più moderno della trilogia originale, quello che più di tutti si trovò a confrontarsi con esigenze e necessità che oggi, in un mondo dominato dai franchise, sono onnipresenti e hanno trascinato nel baratro parecchi film.

Non voglio ovviamente passare l’intero pezzo a criticare, per cui meglio togliersi subito il pensiero. Paradossalmente, il problema più grosso di Star Wars: Il ritorno dello Jedi è che gli manca un po’ di respiro. Vorrebbe essere, nella tradizione delle trilogie di quegli anni, una rivisitazione più esplosiva del primo. Il percorso lo conoscete: un primo film che introduce, un sequel che tenta qualcosa di diverso, un terzo che ritorna alla forma, espandendola e perfezionandola – pensate a Indiana Jones, ma anche a Super Mario Bros.. Lo Jedi, però, è troppo appesantito dalla sua stessa mitologia per spiccare il salto definitivo, e risulta essere una rivisitazione meno esplosiva del primo film. È una storia che oggi verrebbe espansa e raccontata su tre ore, tre ore e mezza almeno, se non addirittura spezzata in due episodi da far uscire a un anno di distanza l’uno dall’altro.

Gran parte di questo peso, ahimè, deriva dal primo atto del film, che vorrebbe riprendere certe atmosfere da bar malfamato che facevano tanto western in Una nuova speranza. A differenza della prima volta che incontriamo Han Solo, però, la sequenza nella tana di Jabba non aggiunge nulla ai personaggi e alla loro caratterizzazione, e serve solo a ricordarci che Luke ha imparato a fare le sue cose Jedi. È una sequenza che sembra infinita perché rallenta una cavalcata che non aveva bisogno di fermarsi così a lungo. È spettacolare, Boba Fett è un’icona, il Sarlacc è ancora oggi uno dei mostri grossi migliori della storia del cinema; ma è anche qualcosa che ti fa pensare “OK, ma quando inizia il film?” e poi se ne porta via quasi metà.

In questo senso anche gli Ewoks non sono un problema perché sono orsacchiotti pucciosi e un po’ buffi (OK, sì, un po’ è anche quello il problema), ma perché assolvono lo stesso compito già svolto da Jabba: rallentano l’azione, ci permettono di conoscere meglio i personaggi e di investire ulteriormente su di loro. Non ce n’era bisogno, non così a lungo e non a fronte di altrettanto tempo dedicato al cazzeggio fin dai primi minuti. Il risultato è un film rigonfio di cose ma che sembra comunque frettoloso, e molto più scarno dal punto di vista narrativo di quanto possa apparire a una prima visione.

Esaurite queste fastidiose necessità, fatemi dire che Il ritorno dello Jedi resta comunque un film che se uscisse oggi farebbe piangere di gioia anche il più duro e robotico dei cuori. È forse, della trilogia originale, quello che più di tutti si allontana dalla fantascienza per dichiarare senza vergogna il suo animo fantasy – un’antica diatriba sulla vera natura della saga che si risolve definitivamente qui, tra profezie, visioni, resurrezioni e lune boscose. È la conclusione di un percorso e questo vale per la storia ma anche per gli interpreti, che qui sono ormai di casa nei panni dei loro personaggi e regalano le prove migliori della trilogia originale (in particolare Mark Hamill, che qui diventa per la prima volta uno Skywalker convincente al 100%). La colonna sonora resta una delle più maestose mai concepite.

E poi sì, è vero, è un film di sottotrame da chiudere; ma vengono chiuse tutte nel modo migliore, non ci sono scorciatoie o fili che vengono dimenticati. È una conclusione da maestri per una trilogia pianificata da Lucas con amore più che con attenzione (e io sono convinto che le cose abbiano cominciato a peggiorare quando si è dimenticato il primo per puntare tutto sulla seconda), una storia scritta in primis per i suoi personaggi e per dar loro un degno addio – che per molti di loro si è rivelato poi essere un arrivederci, ma questa è un’altra storia.

Sono passati quarant’anni da quando Star Wars: Il ritorno dello Jedi ha cambiato per sempre un certo cinema mostrando come si chiude una storia. Io non ho mai smesso di guardarlo e riguardarlo, né di guardare e riguardare i due precedenti ovviamente, e non per forza tutti di fila: quanto è miracolosa una trilogia composta da tre film che funzionano alla perfezione anche se presi singolarmente? E allora vanno bene anche gli Ewoks e il fan service iniziale, se poi il risultato è un film che nobilita e completa i due precedenti, alla fine del quale ti rendi conto che sì, ne è valsa la pena, anche questa volta. Buon compleanno, Jedi, ti vogliamo ancora bene, anche con i tuoi nuovi, terrificanti e irricevibili effetti speciali datati 1997.

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