Splatters – Gli schizzacervelli è ancora impareggiabile

Splatters – Gli schizzacervelli è una deliziosa orgia di violenza come non se ne sono mai più viste da allora.

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Splatters – Gli schizzacervelli, il terzo film di Peter Jackson dopo Meet the Feebles e quello che dà il nome a questo sito, sbarcò in America trent’anni fa, qualche mese dopo l’uscita in patria. E come sempre quando si parla di questo film, il pensiero uno solo. Immaginate di avere 15 anni: è il 2001 e al cinema è appena uscito La compagnia dell’anello, tratto dal vostro romanzo preferito. L’avete visto al primo spettacolo disponibile e vi ha migliorato l’umore e cambiato la vita. Decidete di recuperare il resto della filmografia di questo genio dorato che non avevate mai sentito nominare. Trovate il modo di recuperare Splatters – Gli schizzacervelli, dicendovi “il titolo sarà ingannevole, o magari è il nome dei villain di questo film che sicuramente sarà un fantasy epico”. Mettete su il film.

Un’ora e venti dopo, oppure un’ora e mezza se state guardando la versione europea, oppure un’ora e quaranta se avete recuperato quella integrale (consigliamo di farlo), la vostra vita è cambiata di nuovo, ma in tutt’altro modo. Splatters – Gli schizzacervelli è un’assurdità insostenibile, uno dei film più estremi dell’ultimo mezzo secolo almeno. È molto più di cattivo gusto di quanto lo fosse il debutto assoluto del regista, un film intitolato letteralmente “di cattivo gusto”. La versione uncut è anche piena di errori, scene con la color correction sballata, imprecisioni da semi-debuttante pieno di entusiasmo. Difficilmente lo vedremo aprire un qualche festival di lusso e venire rivalutato anche dalla critica che conta. Splatters è indigeribile nel 2023 quanto lo era nel 1993.

Ovviamente questo non gli impedisce di essere un film clamoroso e una delle migliori commedie horror di sempre, quando “commedia horror” non faceva per forza rima con “meta-cinema” o “rottura della quarta parete”. Splatters – Gli schizzacervelli è semplicemente un film popolato da gente scema, in cui ogni azione è conseguenza del fatto che chi la compie è scemo. Ci sono diversi tipi di scemenza, ma tutti portati al parossismo. C’è il naturalista svalvolato che, nell’incredibile sequenza di apertura, vuole a tutti i costi riportare in America la scimmia ratto di Sumatra. C’è la protagonista, Paquita, convinta dalle carte che il protagonista, Lionel, sia l’uomo della sua vita; e c’è lo stesso Lionel che è un bambinone mai cresciuto che si comporta come se avesse quindici anni e vive soggiogato da una madre iperprotettiva.

C’è la madre di Lionel, appunto, l’archetipo della vecchia suocera ficcanaso, ma anche una donna abbastanza ricca e potente che con la sua morte attira mezza città nella sua villa, favorendo così il massacro che caratterizza l’ultima mezz’ora di film. Splatters è un film di gente assurda che vive in un mondo in cui essere assurdi è normale, e nel quale quindi è naturale che succeda quello che succede. E cioè che la madre di Lionel venga morsa dalla scimmia ratto e si trasformi in una morta vivente, e che Splatters diventi così contemporaneamente un film di zombi e una commedia degli equivoci tipo Weekend con il morto nella quale Lionel deve fare di tutto per nascondere a Paquita il fatto che la futura suocera si nutre di carne umana.

Tutto questo viene raccontato da Jackson con i toni della commedia: Splatters non prova neanche per un secondo a fare paura, il suo intento è piuttosto far ridere e disgustare, spesso contemporaneamente. Paquita e Lionel sono una coppia da telenovela le cui interazioni sono messe in scena come nelle telenovele, hanno una storia da telenovela alla Romeo e Giulietta, e hanno solo la sfortuna di trovarsi al centro di un’invasione di zombi – nota a margine: li chiamiamo così perché il film stesso li chiama così, ma sono ovviamente molto lontani dai classici morti viventi romeriani. Sono per esempio molto più creativi: Splatters non si limita a essere un massacro, ma riesce nell’impresa di dare personalità a ogni singolo arto staccato o cranio spappolato.

Persino quando Jackson butta dalla finestra la prudenza e passa dalle morti singole al massacro di gruppo, il modo in cui lo fa è talmente gloriosamente assurdo che tutti coloro che sono venuti dopo hanno solo potuto copiarlo, mai superarlo. Splatters è il film che farebbero i Cannibal Corpse se non facessero musica ma cinema: una gioiosa celebrazione di tutti i modi più assurdi in cui si può fare a pezzi il corpo umano, un’orgia di gommapiuma, ketchup e frattaglie che esplodono in tutte le direzioni e vanno a spalmarsi sulle facce terrorizzate di questo o quell’astante, e con ogni probabilità futura carne da macello a sua volta.

È violentissimo, Splatters, ma non è cattivo. È come un amico un po’ strano, entusiasta di questo suo nuovo hobby degli sbudellamenti e che ci tiene a invitarti nella sua cantina per fartene vedere qualcuno in diretta. È un film pensato per una visione collettiva e rituale, con tantissimi pop-corn e tantissima birra; è il film perfetto per Il drive-in di Lansdale. Era anche, nel 1993, la miglior argomentazione a favore della tesi “Peter Jackson è l’erede naturale di Sam Raimi”. Trent’anni dopo le cose sono andate in maniera decisamente diversa, anche se un occhio attento potrebbe scorgere qui e là, soprattutto nella trilogia dell’Anello, tracce di quell’anima grezza e ultraviolenta che ha caratterizzato la prima fase della carriera di Jackson.

Non fraintendeteci: siamo felicissimi che il Nostro abbia trovato un’altra via, che si sia riscoperto autore di tutt’altro tipo e che soprattutto abbia fatto quello che gli andava. Con il senno di poi è un peccato che nessuno abbia raccolto la sua eredità, e che Splatters – Gli schizzacervelli non abbia mai avuto dei veri successori spirituali. Ma forse è giusto così, e soprattutto inevitabile: se si parla di arti mozzati, crani spappolati, piogge di sangue e matte risate, è impossibile fare di meglio di quanto fatto da Peter Jackson nel 1993.

(sarebbe ancora meglio essere smentiti)

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