Il delirio in sala per Spider-Man: No Way Home è la grande differenza tra la visione contemplativa e quella collettiva

Spider-Man: No Way Home lavora sulla visione collettiva propone un'idea di cinema antica, ma fondamentale per il futuro della sala

Condividi
Parleremo più avanti nel dettaglio di quello che è questo Spider-Man: No Way Home. Mentre lasciamo che decanti la frenesia spoiler e la corsa ad ostacoli per evitarli c’è già un qualcosa di rivoluzionario che il film può dare. Una consapevolezza nuova, la rottura di tutti gli schemi di pensiero (e le scuse che spesso ci siamo raccontati) dietro alla crisi del cinema post pandemico. È chiaro che le restrizioni, l’avvento delle piattaforme streaming, la perdita dell’abitudine di fruizione, hanno duramente colpito l’esperienza di sala. Però, stando ai primi dati del box office, per l’Uomo Ragno la pandemia non è mai esistita.

Spider-Man: No Way Home è già da ora un fenomeno di costume: il film di cui tutti parlano e che, amanti o meno del genere, non si può non vedere. Molti compreranno il biglietto pur odiando il personaggio, tanti saranno gli spettatori casuali attirati dal passaparola. Le ultime settimane hanno visto un susseguirsi di eventi rapidissimo.

Crollano le casse virtuali dei cinema la notte dell’apertura delle prevendite.

Biglietti introvabili in molte sale, proiezioni aggiunte per far fronte alla richiesta.

Una prima giornata da record. Per quanto siano rari momenti d’oro del genere capita piuttosto regolarmente di vederli. 

Nella storia recente sono parecchi i casi simili di opere che hanno attratto un pubblico vastissimo: si pensi al fenomeno Avatar, al nostrano Checco Zalone che ha letteralmente spostato la concorrenza con una spallata. E non una volta sola! Il caso più recente, dopo il tramonto dell’attrattiva nazional popolare di Star Wars, fu Avengers: Endgame. Sappiamo bene come è andata. Anche gli altri generi se la sono battuta (seppur con minore frequenza). Bohemian Rhapsody diventò imperdibile sul lungo periodo, trascinando con sé tanti spettatori per molto tempo. Nel mondo d’autore, il fenomeno Parasite fu incredibile. Medie per sala altissime, una grande richiesta e un grande affetto tributato a un film che sembrava destinato a fare metà dell’incasso. 

Però tutto questo era prima della pandemia e delle mascherine e dei Green Pass.

Di fronte a Spider-Man: No Way Home, Eternals non ha scuse.

Per tanto si è pensato che, per lo meno in Italia, dover tenere dispositivi di protezione individuale per un lasso di tempo maggiore della “solita” ora e mezza di proiezione fungesse da grande disincentivo per il pubblico. Poi la paura del contagio e l’attrattiva delle piattaforme (questa sì, resta ancora tutta da discutere nel tema delle finestre di sfruttamento) hanno giustificato a lungo degli incassi drammatici. Solo che, mentre gli altri mercati ripartivano, noi siamo rimasti arenati a cercare le cause.

arcadia cinema super green pass

C’è però qualcosa di speciale in Spider-Man: No Way Home e che va oltre l’analisi dei dati economici. Sta nell’avere messo in evidenza ancora una volta, e con maggiore rilevanza, che esistono due diversi tipi di cinema che corrono parallelamente: quello della visione e quello dell’esperienza. O meglio, dell’evento. Nulla di nuovo, si intenda, gli indizi ci sono da almeno vent’anni, con la presa del potere da parte delle enormi nicchie di fan e l’intersecarsi crossmediale del prodotto film con altri media. Se torniamo a Harry Potter o al Signore degli Anelli questi si configurano molto meno come semplici opere cinematografiche, ma sono rituali collettivi, fenomeni di costume capaci di tornare in testa alle classifiche dopo 20 anni dalla loro uscita.

Un film non deve (più) essere nuovo per venire visto in sala dopo la pandemia, deve essere un evento. E questo cambia completamente il concetto stesso di visione in una struttura cinematografica. Sebbene chi vi scrive ritenga insuperabile l’esperienza in sala, è impossibile negare che gli impianti homevideo siano sempre più vicini a replicarne la qualità (come ci scriveva Bede, questo è un grosso problema “felice”). 

Semplifichiamo l’annoso discorso della qualità delle proiezioni immaginandoci una visione da “top di gamma”. Il grande schermo da sempre è raccontato dai cinefili come l’esperienza contemplativa per eccellenza. La sala buia immerge nell’immagine enorme. I dettagli sono nitidi, l’audio avvolgente. Non si può sfuggire, si è lì seduti senza possibilità di mettere in pausa, il film scorre come di fronte a una finestra verso un’altra realtà (quanti registi hanno usato questa metafora, però è ancora correttissima!).

I “film da cassetta” erano fatti per avere una buona vita in sala e ancora più respiro nei noleggi home video. Il cinema d’autore non aveva altra via per farsi notare che resistere a lungo al cinema che, come un museo che espone le proprie opere, valorizza la visione dell’artista. Il film si contempla quindi, nel suo luogo ideale. Si sta fermi, in silenzio, isolati nella folla, e si ammira il prodotto dell’ingegno.

Oggi non è più così. Poter fermare le immagini, tornare indietro, soffermarsi sulle inquadrature e dettare il ritmo di fruizione grazie al telecomando non è più percepito come un tradimento. Anzi, la fruizione individuale ha preso piede come momento privilegiato per vivere un film intellettualmente. Si toglie il fastidio del vicino di posto indisciplinato, il rumore dei popcorn, il pensiero al prezzo del biglietto e la scomodità di un orario prefissato. Lo spazio per la contemplazione si è spostato tra le quattro mura domestiche.

spider-man no way home doctor strange Benedict Cumberbatch

L’esperienza di visione di Spider-Man: No Way Home racconta un radicale cambiamento nel valore del film. Abbiamo ancora negli occhi l’Arcadia di Melzo gremita durante la proiezione “fan” organizzata dal nostro sito, ma in tantissimi cinema d’Italia si è venuta a creare la stessa situazione.

Il terzo capitolo delle avventure del Ragno è diventato quasi un happening. Un’emozione live da vivere al giorno uno. Non solo per evitare spoiler (che ingenuità pensare che sia solo per questo!). Si va all’apertura per tributare il proprio amore per quella storia e per farlo insieme alle persone che condividono lo stesso desiderio. La fatica di fare tardi in giorni lavorativi, di affrontare magari chilometri e pagare un prezzo del biglietto non trascurabile, sono parte del godimento stesso. Perché in quel momento, con le persone che condividono lo stesso desiderio di fare una festa grazie a quel fascio di luce che esce dall’alto, il film smette di essere proiettato sempre uguale.

Tra la prima serata e l’ultima di permanenza in sala c’è una differenza abissale. Non per tutti i film, si intenda, ma per Spider-Man: No Way Home sì. Ed è una cosa molto difficile da spiegare a chi non la vive, ma è tangibile. È quella differenza che passa tra vedere l’impatto di una pellicola e la pellicola stessa. Questo terzo film sull’Uomo Ragno targato MCU si vedrà molto meglio nella pace di una sala vuota, senza il chiacchiericcio social che influenza il giudizio portandolo ad estremi: “capolavoro” o “boiata assoluta” giusto per appiattire la discussione. Alzi la mano chi non lo trova degradante e fastidioso. Invece essere in sala quando il rumore di fondo è terminato permette di vivere un’esperienza molto personale e intensa… ma molto simile a quella di un buon impianto home video in casa.

Va qui sottolineato ancora una volta che il discorso vale solo per un certo tipo di film, facilmente individuabili tra il mucchio (il prossimo Matrix sarà così, e poi The Batman, ecc). Sono però anche quelli che, generalmente, fanno più soldi.

Può piacere o non piacere, ma l’esperienza narrativa di Spider-Man: No Way Home è fatta apposta per essere vissuta da quel pubblico di fan in quello specifico luogo e in quell’esatto momento. Un ritorno primordiale del cinema come attrazione? Certo che sì, ma che si somma a tutto il percorso fatto fino ad oggi. La grande sala smette di essere un contenitore di osservazione contemplativa, e ritorna ad essere l’oggetto che permette l’esperienza collettiva.

spider-man no way home green goblin

In quel momento si crea un’energia sincronizzata. I corpi delle persone sedute distanti - ma non troppo - si uniscono in una scarica unica. Chi si lascia trasportare perché gradisce ciò che vede avrà la sua energia amplificata mille volte dagli applausi e dalle grida (quando sono partecipative e non irrispettose) allo schermo. Contrariamente, se il film non piace, si uscirà infinitamente più arrabbiati di quando si vede qualcosa di poco gradito a casa. Perché ci si sente esclusi da un rito collettivo o, alla peggio, si pensa che il tributo speso dalla maggioranza allo schermo sia sbagliato.

È qui la risposta al grande quesito: anche i film brutti hanno un senso di essere visti? Eh si, perché anche nell’indignazione e nello sberleffo, o addirittura nella rabbia collettiva, c’è una ricchezza di emozioni consegnate in palmo di mano.

Spider-Man: No Way Home è tutt'altro che un brutto film, anzi! Ed è riuscito ancora una volta, dopo quell’ Endgame che appare lontanissimo, ad accendere gli animi. Sia per l’entusiasmo che per il disprezzo, non importa. Quello che conta è infatti la forza trasfusa da chi lo difende e la voglia di far sentire le proprie ragioni di chi non si è entusiasmato. Alla fine della proiezione i gruppi di amici si confrontano a pochi metri dalle porte di ingresso. Si perdono nel tempo, senza guardare l’orologio, intenti a rimasticare e digerire quello che hanno visto. E intanto restano vicini alla sala, ancora e ancora. C’è chi chiama questi film la morte del cinema, ma forse andrebbero guardati gli occhi degli spettatori durante i titoli di coda per accorgersi che sono tutto il contrario.  

Potete restare aggiornati su tutte le ultime novità su Spider-Man: No Way Home grazie alla nostra scheda del film.

Continua a leggere su BadTaste