Storia della Televisione: Lost compie dieci anni!

Lost, i suoi misteri e i suoi protagonisti raggiungono un traguardo importante: ricordiamo la serie a dieci anni dal debutto in televisione

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Interno di una botola situata al centro di un'isola sperduta. L'ambiente è spoglio ed essenziale. Seduta ad un tavolo, nella sala più grande dello spazio sotterraneo, una figura nell'ombra davanti ad un terminale, unica fonte di luce.

I voce: Guarda. Qui dice che oggi è il 22 settembre 2014.

II voce: E allora?

I: Allora, esattamente 10 anni fa, il 22 settembre 2004, andava in onda sulla ABC il primo episodio di Lost. Mi ricordo ancora tutto. Un occhio che si apre, Jack che si risveglia nella giungla e vede Vincent che si allontana, poi corre incontro alle urla e la scena si spalanca sull'aereo distrutto in spiaggia. Uno degli inizi di serie più folgoranti di sempre per una delle serie più iconiche e influenti di sempre. Un capolavoro della televisione.

II: Ormai siete rimasti solo tu e Lindelof a pensarla così. Il resto del mondo ha mangiato la foglia da un pezzo. Nessuno mette in dubbio la sua influenza, se non altro per il fatto che da anni dobbiamo sorbirci annunci sul presunto "erede di Lost", ma quanto al resto non sono affatto d'accordo. J.J. Abrams, Carlton Cuse o chi per loro ci hanno preso in giro per sei anni, "vincendo facile" nelle prime stagioni gettando benzina e misteri sul fuoco, per poi chiudersi ogni via di fuga nel momento in cui hanno dovuto tirare le somme. Zero risposte, zero logica e la scusa che "la storia non riguardava i misteri, ma i personaggi". Ma per favore.

I: Ma, dude, è esattamente così! La storia, anzi tutte le storie, riguardano in primo luogo i personaggi, la loro verosimiglianza, la possibilità di empatizzare con loro e di emozionarsi con loro. Se io nomino Charlie, Kate o Sawyer non ho bisogno di specificare il cognome di questi protagonisti, perché la loro carica, la loro forza e il lavoro di scrittura alle spalle sono riusciti a renderli vivi e memorabili. Esattamente come le frasi – semplici frasi! – "Not Penny's boat" o "We have to go back" o "See you in another life". Ed è questo che tutti gli "eredi di Lost", da Flashforward ad Alcatraz a The Event a chissà quanti altri non hanno mai capito, e che rende questa serie così speciale proprio perché irripetuta nella formula. Non basta presentare al pubblico dei misteri per bloccarli con la promessa delle risposte, se poi non si crea un contesto e dei personaggi degni di essere raccontati e ricordati.

II: Primo, Sawyer non ha un cognome visto che era il nome assunto da James Ford. Secondo, il discorso dell'empatia va bene fino ad un certo punto, ma la vera benzina al motore degli eventi la danno la mitologia interna e l'intuizione, in effetti molto furba, di coinvolgere in prima persona gli spettatori seriali nel processo di decostruzione e ricostruzione della serie. È quello che è accaduto settimanalmente con le piccole strizzatine d'occhio dei famosi numeri 4-8-15-16-23-42, o con i simboli nascosti della DHARMA o con le inspiegate coincidenze che vedevano incontrarsi i personaggi nel passato. Per non parlare degli alternate reality games come Lost Experience e Find 815, o come i Missing Pieces. Quasi dimenticavo! I misteri erano così "poco importanti", che hanno dovuto tirare fuori un epilogo speciale, The New Man in Charge, per spiegarne alcuni.

I: Non ho detto che i misteri non erano importanti, ma che non bastano a spiegare il successo della serie. Insomma, anche se il bianco e il nero tornavano spesso nello show per rappresentare il bene e il male, a noi qualche tonalità di grigio è concessa. Sono fraintendimenti e semplificazioni di questo tipo che hanno portato al totale revisionismo della serie una volta terminata. Un po' come chi, dopo il finale, si lamentava che fossero tutti morti all'inizio, rendendo vane le sei stagioni, e dimostrando di non averci capito molto. Ma questo è normale, le risposte non sono mai affascinanti quanto le domande, e non è la prima volta che succede qualcosa di simile. Patrick McGoohan, il creatore del Prigioniero, fu sommerso dalle proteste alla fine degli anni '60 dopo la fine della serie, e non credo sia andata tanto meglio con Twin Peaks. Non è un caso che siano tutte cesure fondamentali nella storia della televisione.

II: Risposte? Quali risposte? Non mi aspetto certo una programmazione a lungo termine, anche Vince Gilligan ha ammesso di lavorare stagione dopo stagione, episodio dopo episodio, su Breaking Bad, ma un serio lavoro di integrazione e un senso di chiusura lo pretendo. Non facciamo paragoni con la statura autoriale di David Lynch, Lost aveva spesso delle pretese piuttosto basse. Rimane un prodotto da broadcast network, con la zavorra delle 24 puntate stagionali, con l'incubo degli ascolti, che rivela tutte le proprie difficoltà nelle molte storyline nate e sepolte. Spesso letteralmente, ricordi le buon'anime di Nikki e Paulo? E poi capanne che apparivano a caso, poteri random, l'incompresibile ruolo di Walt. L'equilibrio si è mantenuto fino al finale della terza stagione, quando la serie era in fase crescente. Purtroppo, complice lo sciopero degli sceneggiatori del 2007-2008, qualcosa si è spezzato. Giocare con lo spazio-tempo si è rivelato un colpo basso, anche se gli autori sono stati bravi a mantenersi fedeli al "what happened, happened". La sesta stagione poi è stata un disastro, un continuo girare a vuoto fino al finale.

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I: La serie aveva delle catene e delle limitazioni, sono poche quelle che non ne hanno, ma è anche la presenza di queste a rendere il successo ancora più eclatante. Non capisco bene il concetto di statura autoriale, ma Lost è tutt'altro che un progetto tirato via. Parliamo del pilot più costoso mai realizzato fino a quel momento, di una serie che vive di contaminazioni e tematiche ricorrenti. È fantascienza, è un survivor, è un drama romantico, ma è anche molto di più. L'isola, qui come nel Signore delle mosche, che rimane uno dei riferimenti principali, è il non-luogo nel quale l'uomo viene sradicato dal passato e dalle leggi, e viene affidato a se stesso, pronto a rinascere o a soccombere ai propri demoni. L'intuizione, ancora oggi ripresa, dei flashback come indispensabile chiave di lettura degli avvenimenti presenti, è poi geniale, ed è la porta di collegamento alla dicotomia tra fede e scienza, tra destino e libera scelta, che poi è quella incarnata dalle due figure emblematiche di Locke e Jack.

II: Ma questi sono sofismi, quando invece Lost è sempre stata una serie tremendamente concreta. Tornando a Lynch, il suo caos e la sua mancanza di risposte possono avere un senso nella misura in cui la sua visione è completamente onirica, simbolica e slegata dalla realtà. Qui, nell'ultima stagione, ci siamo ritrovati in una specie di limbo dove le persone venivano uccise: il finale è emozionante e d'impatto, e va riconosciuto a Michael Giacchino di aver fatto un lavoro splendido sulla colonna sonora, ma, ad un livello appena appena più profondo, non ha senso.

I: E chi lo dice che debba averlo a tutti i costi? In un contesto del genere una risoluzione di tipo spirituale può essere forzata, parziale, ma non incoerente con quanto abbiamo visto negli anni precedenti. Per sei anni la serie è stata anche metanarrazione pura, con i suoi vari protagonisti/filosofi Locke, Rousseau, Hume (e ti risparmio il discorso sul ritorno allo stato di natura), con un personaggio leader che di cognome faceva Shepard (ossia, quasi, "pastore"), addirittura con una "genesi" di ispirazione biblica per gli eventi nella lotta tra Jacob e suo fratello, per non parlare degli inside joke degli autori. Ricordi i 108 minuti, che nient'altro erano che la somma dei sei numeri fortunati? E comunque ci stiamo tenendo sempre sul piano astratto delle risposte e dei perché, quando per il resto, come giustamente hai ricordato, musiche, interpretazioni, location e regia sono sempre state di alto livello e meritano di essere ricordate.

II: Grazie per non aver tirato in ballo gli effetti speciali, visto che il tappone del finale ancora fa male a pensarci. Comunque a me non sembra per niente un piano astratto, anzi. Il finale commemorativo, quasi autoreferenziale, posso capirlo, ma nessuno può obbligarmi ad amarlo. Il fluire emotivo degli eventi può essere il leitmotiv di una storia, ma non la sua giustificazione. Ciò detto, vedere Lost, seguirlo, sbatterci la testa settimana dopo settimana, è stata comunque un'esperienza irripetibile e indimenticabile, anche per l'incoscienza di chi per la prima volta si affacciava ad una serie tv di tale portata. Posso dire di essere grato di averlo vissuto.

I: La grande rivoluzione è stata quella di imbastire un approccio serio e stimolante alla visione. In un periodo nel quale la HBO soprattutto faceva la storia a colpi di capolavori, si è creata un'esperienza multimediale senza precedenti, impensabile all'epoca, irrinunciabile oggi. Si è dettata, sicuramente in modo inconsapevole, l'agenda nella programmazione futura degli show televisivi, che oggi vivono anche e soprattutto al di fuori del piccolo schermo. Un contesto nel quale il feedback non può essere più a senso unico. Lost era lì quando tutto è iniziato.

II: Dimmi una cosa, ma secondo te le persone normali si esprimono così?

I: Non ne ho idea, sono vent'anni che non esco da qui. E poi credo che in questo momento sia l'ultimo dei miei problemi.

II: E quale sarebbe il primo?

I: Non mi ricordo più da quanto tempo ho iniziato a parlare da solo.

Dita veloci scorrono sulla tastiera. Luci verdi su sfondo nero. L'uomo si alza e va a stendersi sul letto. Sa che tra un'ora dovrà risvegliarsi per ricominciare.

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