Speciale – Il prezzo della realtà virtuale (e di Oculus Rift)
L’annuncio del costo di Oculus Rift ha scatenato uno sciame di polemiche. Fallimento in vista per il progetto di Palmer Luckey?
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Troppo facile e riduttivo, con il senno di poi, riversarsi su ogni social network esistente e commentare con ironia, persino con inutile e spocchiosa cattiveria, quello che in molti, ormai, sospettavano e avevano predetto da tempo. Perché, non lo mettiamo in dubbio, le intenzioni iniziali di Palmer circa un prezzo di vendita al pubblico intorno ai 400 dollari erano assolutamente fondate e condivisibili, ma era praticamente impossibile resistere alla tentazione di montare, nel modello definitivo, schermi più avanzati tecnologicamente che diminuissero al massimo la latenza e aumentassero il refresh rate. Il risultato ormai lo conosciamo bene: includendo nel conteggio spese di spedizioni e tasse, fanno 742 euro per portarsi a casa il tutto.
Il vero problema di Oculus Rift, tuttavia, non dipende direttamente dal suo costo, quanto da come viene percepito. Il visore del buon Palmer Luckey non è una console, o un sistema multimediale che cambierà per sempre il modo di fruire dei contenuti audio-visivi, né tanto meno un PC su cui si potranno sviluppare applicazioni e software realizzati appositamente: è a tutti gli effetti una periferica, un avveniristico add-on, un plus in grado di migliorare l’esperienza videoludica, ma di cui si può anche fare a meno. La questione va analizzata da due diversi punti di vista che, una volta considerati unitamente, aiutano a comprendere il vero grande rischio che la realtà virtuale sta attualmente correndo.
"è solo guardando l’altro lato della medaglia che si mette a fuoco il fondale roccioso contro il quale potrebbe incagliarsi e naufragare l’ancora giovanissimo trend della realtà virtuale. Ci riferiamo all’immobilismo degli sviluppatori"[caption id="attachment_149515" align="aligncenter" width="508"] Incluso nei 742 euro, anche un controller wireless di Xbox One: si tratta certamente di un gradito (e utilissimo) riempitivo per rendere la pillola meno amara.[/caption]
Ma è solo guardando l’altro lato della medaglia che si mette a fuoco il fondale roccioso contro il quale potrebbe incagliarsi e naufragare l’ancora giovanissimo trend della realtà virtuale. Ci riferiamo all’immobilismo degli sviluppatori, solo superficialmente stimolati a investire denaro e tempo per adattare le proprie creazioni al supporto dell’Oculus Rift. Scorrendo la (breve) lista di giochi che prendono in considerazione la periferica, si resta attoniti di fronte alla quasi totale assenza di esclusive e di titoli di una certa importanza che effettivamente lo supporteranno con modalità di visualizzazione e feature pensate ad hoc. Si dipinge così lo sconcertante quadro d’insieme: perché investire una notevole somma di denaro per qualcosa che, allo stato attuale, si può usare con pochi titoli, parte dei quali poco più che tech demo?
Eppure non ce la sentiamo proprio di mettere alla gogna Palmer Luckey, nonostante si meriti una bella tirata d’orecchi per aver reagito, soprattutto via Twitter, in modo piuttosto infantile alle critiche rivoltegli subito dopo l’annuncio del prezzo. Al contrario di tanti appassionati e colleghi, apprezziamo comunque il coraggio mostrato dalla sua società, intravedendone già da ora gli inevitabili sviluppi e benefici che quest’avventura, al di là del suo effettivo successo o meno, apporterà all’intero medium. Forse non siamo ancora pronti per rivivere in prima persona l’improbabile remake de Il Tagliaerbe, film con protagonista Pierce Brosnan del 1992, ma è pur vero che ora non ci resta che attendere le risposte di Sony e HTC-Valve. Del resto non c’è modo migliore, per abbassare i prezzi e favorire l’approdo di prodotti sempre migliori, che un po’ di sana concorrenza.
Ad Oculus VR vanno i nostri migliori auguri. La strada è certamente in salita, ma saremmo degli ipocriti se negassimo di desiderare ardentemente di poter giocare al prossimo Mirror’s Edge, solo per citarne uno, sentendoci tutt’uno con Faith.