Piramide di Paura: a scuola con Sherlock Holmes

Piramide di Paura portò il pubblico a scuola con Sherlock Holmes, diventando un classico dell'avventura nel segno del celebre detective

Redattore su BadTaste.it e BadTv.it.


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Il cinema ha dato a Sherlock Holmes mille volti, imprimendo il personaggio nell’immaginario popolare, strappandolo all’universo letterario fino quasi a appropriarsene completamente. Il volto più efficace resta forse ancora quello di Basil Rathbone, interprete che ha regalato al mondo l’iconico look del detective con pipa e copricapo. Non a caso, il suo nome viene omaggiato dalla Disney in Basil l’Investigatopo, che propone un’avventura collaterale alle indagini di Holmes con protagonista il più geniale e astuto tra i roditori di Londra e del mondo intero. In live-action il personaggio ha avuto molte facce e, cosa non da poco, molte età. Giocare con gli anni di Holmes è un espediente narrativo forte per caratterizzarne l’approccio alle indagini con una dose più o meno ampia di esperienza e disincanto. Dal giovane e impulsivo detective di Nicholas Rowe in Piramide di Paura all’anziano e saggio Holmes di Ian McKellen in Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto (con tanto di gustoso cameo proprio di Rowe, nei panni dell’attore che interpreta al cinema il leggendario investigatore), passando per il funambolico Robert Downey Jr. del franchise lanciato da Guy Ritchie, la settima arte non fa che aggiungere continuamente tanti mattoncini a un castello di stanze non comunicanti: sul grande schermo, le innumerevoli avventure di Holmes non sono parte di un universo cinematografico, ma di un mito composito e allo stesso tempo disomogeneo, alimentato da tanti cantastorie con tonalità, sfumature e ambizioni differenti. E come tutti i miti, quello di Holmes è fatto per essere costantemente alimentato e declinato in una giostra di racconti talmente vasta al punto che, pellicola dopo pellicola, la questione non è più chi sia davvero Sherlock Holmes, ma chi si creda di essere e che idea abbia di se stesso. Nel 1985, Piramide di Paura (Young Sherlock Holmes) di Barry Levinson racconta in maniera del tutto anarchica e fuori dai confini letterari l'origine del mito, la giovinezza del protagonista e l'inizio della celeberrima collaborazione con il dottor Watson. Chi è, in questo caso, il testardo e geniale ragazzo dall'intuito sopraffino destinato a divenire leggenda?

Ragion d’essere, ragione di vita

Anche per chi crede che la più grande tecnologia umana sia la ragione, la vita è un continuo salto mortale tra capacità analitica e sospensione dell’incredulità: “Se elimini l’impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità” è il mantra che dalla Londra di Holmes arriva fino all’Enterprise di J.J. Abrams, dove il razionalissimo Spock ribadisce che lo scarto delle possibilità non contemplate non può che restituire un'inoppugnabile evidenza. A volte, gli individui votati alla ragione sono destinati a essere soli, ma in assoluto sono i più romantici e i più carichi di pathos, in continua lotta con quella parte di se stessi che li spinge verso una sfera emotiva che potrebbe sopraffarli. Nel film di Levinson lo si evince da una breve e fondamentale scena: quando gli studenti più in vista della scuola rivelano le loro ambizioni professionali, tra chi si affretta a vedersi avvocato e chi dottore, Holmes si limita a sentenziare “Io non voglio rimanere solo”.

Piramide di Paura 1985

Votati al sillogismo, paladini di tesi, antitesi e sintesi, cavalieri di logica e consequenzialità, gli uomini dalle menti brillanti come Holmes saltano spesso dai gangli nella psiche ai meandri della psichedelia: l’Holmes di Conan Doyle ricorreva spesso agli stupefacenti, ma l’Holmes adolescente di Barry Levinson è di fatto un travisamento sostanziale del personaggio che, ironia della sorte, indaga proprio su un gran numero di vittime di sostanze allucinogene. E’ un capovolgimento curioso ma inevitabile, a tal punto che sia nei titoli di testa che in quelli di coda appaiono due vistose specifiche: la prima avvisa il pubblico che la storia narrata non ha nulla a che vedere con i romanzi di Sir. Arthur Conan Doyle, la seconda ribadisce la vasta libertà creativa a scapito della fedeltà all’universo letterario, con l'utilizzo di alcuni personaggi per gentile concessione di Jean Conan Doyle. La terza specifica, rigorosamente non scritta, è quella compresa tra le prime due: un lungometraggio di puro entertainment nel quale ritmo, azione e affabulazione prendono il totale sopravvento su qualsiasi velleità introspettiva. Funziona? Molto, e per una ragione ben precisa. Nella pancia di Piramide di Paura c’è infatti una squadra giovane ma navigata, e dunque anche un’idea ben precisa di fare cinema e di intrattenere il pubblico. Producono uno Steven Spielberg all’apice del successo e il duo formato da Kathleen Kennedy e Frank Marshall; scrive Chris Columbus, che nell’85 è già stato autore degli script di Gremlins di Joe Dante e de I Goonies di Richard Donner; dirige Barry Levinson, pochi anni prima dei successi di Good Morning, Vietnam e di Rain Man - L’uomo della pioggia. Il marchio distintivo della squadra è nel senso del ritmo, nel continuo ondeggiare tra atmosfera e spettacolo e nella macroscopica volontà di bilanciare spavento e suspance giocando su due fronti: da un lato vengono mostrate in maniera diretta e invasiva le terrificanti allucinazioni delle vittime, grazie a una giostra di effetti visivi sia di scena che digitali (con lo splendido cavaliere di vetro creato, in tempi non sospetti, dal team di John Lasseter); dall’altro si adottano espedienti di pura regia, scegliendo ad esempio di nascondere per tre quarti di film l’identità di un individuo misterioso, inquadrandone sempre l’ombra, il cappuccio o semplicemente avvisando il pubblico della sua presenza con uno snervante e ricorrente tintinnio.

Piramide di Paura cavaliere

Sherlock Potter, senza saperlo

Rivedere oggi Piramide di Paura è anche accorgersi di quanto sia stato, senza saperlo e con una cosmogonia inevitabilmente ridotta, precursore di molte atmosfere dell’Harry Potter cinematografico. L’ambientazione è una scuola imponente e di grande tradizione, con un fiume di professori bizzarri e di misteri che si infittiscono tra le mura e le guglie del castello, con tanto di biblioteca da consultare di nascosto durante le ore notturne. C’è anche una sala grande che funge da refettorio e un continuo addestramento di mente e corpo degli allievi, con la scherma al posto del Quidditch e l’alchimia al posto delle pozioni. E, naturalmente, c’è il gusto della più nobile investigazione al posto della magia. I protagonisti sono proprio tre giovani eroi, due ragazzi e una ragazza, naturalmente al centro di un complotto più grande di loro. Holmes è il Potter della scuola: è già celebre per via di una fama che lo precede, dovuta alla sua straordinaria arguzia. E naturalmente non può mancare la sua nemesi scolastica: il suo Malfoy si chiama, ironia della sorte, Dudley.

Piramide di Paura Dudley

Gustosa coincidenza che allo script ci sia proprio Chris Columbus, il primo dei registi scelti dalla Warner per portare l'universo di J.K. Rowling sul grande schermo. Come spesso accade anche nella saga di Hogwarts, i due alleati e comprimari finiscono più di una volta per rubare la scena al protagonista, grazie alle interpretazioni di Alan Cox nei panni di Watson e di Sophie Ward in quelli di Elizabeth. Il giovane Holmes di Nicholas Rowe è un adolescente tormentato dalle continue oscillazioni tra il culto della dea ragione e la propensione all’emotività. Eppure, è già una spanna sopra al resto degli studenti, che appaiono disposti a seguirlo con fede messianica e culto della personalità, a gridarne i successi da un capo all’altro della scuola (“Holmes ha accettato di svolgere le indagini!”) e a seguirne con trepidazione le sfide di intelligenza nelle quali ha regolarmente la meglio. Nonostante tutto, l'enfant prodige dalla mente superiore fa la conoscenza del giovane Watson mentre tenta di fracassare, in preda alla rabbia, un violino su un muro. “Fermo! Deve valere una fortuna!” lo gela Watson, “Cos’è più importante, una fortuna o la mia salute mentale?” sbotta il giovane e impulsivo genio, furioso per non saper suonare perfettamente dopo appena tre giorni di pratica. Chiaramente, Holmes guadagna Watson come alleato riuscendo immediatamente a svelarne nome, provenienza e abitudini grazie a uno sguardo attento e a un uso accorto del metodo deduttivo, a tal punto che Watson scambia la sua diagnosi per un trucco di magia. “Nessuna magia, pura intuizione” replica serafico il giovane detective. Anni più tardi anche l’Ichabod Crane di Johnny Depp ne Il Mistero di Sleepy Hollow sarà un giovane investigatore la cui razionalità viene scambiata per un potere occulto: “Sapete fare magia, insegnatemi!” esclama Katrina Van Tassel alla vista di uno degli effetti ottici di Crane, “Non è una magia, è ciò che noi chiamiamo illusione ottica: due immagini separate diventano una nella rotazione. E’ la verità, ma la verità non è sempre ciò che appare” replicava placido Ichabod. E' una massima ancora più valida nel corso di un'indagine su misteriosi suicidi di vittime che, prima di togliersi la vita, hanno mostruose visioni di incubi rigorosamente irreali. E dal canto suo, Holmes non si fa scrupolo a mettere in discussione anche le ipotesi più plateali: “Mai credere all’evidenza Watson!” esclama dopo l’apparente suicidio del professor Waxflatter, con tanto di testimone oculare. Prova ne é che l’intera avventura tocca il suo punto più alto proprio quanto i tre eroi, vagando in piena notte nel cimitero di Londra e inseguiti dai membri di una spietata setta, si ritrovano in preda alle più macabre allucinazioni. La trovata più azzeccata dello script è quella di fare delle orribili visioni un vero e proprio contrappasso momentaneo, che poggia sulla paure più recondite e sulle insicurezze nascoste di chiunque ne venga colto. Elizabeth ha paura della morte e vede un essere mostruoso che scrive il suo nome su una lapide; Watson non riesce mai a tenere a freno la propria gola e viene assalito da un macabro branco di dolci alla crema che prendono vita; Holmes è destinato a scoprire sempre la verità, anche a caro prezzo, e vede sua madre disperata dopo essere stata informata del tradimento di suo padre con un’altra donna. Il dramma di Holmes è che talvolta la verità può essere proprio come appare, e anche il più razionale degli uomini può restarne emotivamente ferito.

 
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Il fascino delle origini

Piramide di Paura cover

A metà degli anni ’80 raccontare una storia di origini non è un unicum, ma non è certo usuale come oggi. Le storie vanno tendenzialmente avanti anziché indietro, e l’idea di una fantomatica parabola del primo incontro tra Holmes e Watson, con la possibilità di giocare con i luoghi più comuni del personaggio (perché è solo, come ha ottenuto la fama che ha, etc.) è una possibilità alla quale il pubblico guarda con curiosità. Ancor più se ci sono di mezzo nomi come quello di Spielberg, che non esita a far citare Indiana Jones e Il Tempio Maledetto nella scena in cui i tre eroi scoprono il tempio egizio durante un macabro rituale millenario. Avventuroso e riuscito esperimento, Piramide di Paura è una reazione chimica imprevedibile a un miscuglio di ingredienti noti, nei quali i più iconici personaggi del mondo di Doyle danno vita a qualcosa di altro e di smaccatamente immaginifico in ogni sequenza, cercando di portare il pubblico a dimenticare di assistere a una storia di Holmes, ricordandoglielo opportunamente con piccoli e gustosi espedienti e oggetti di scena (la pipa acquistata in un negozio pur di avere un'informazione, il cappello lasciato in eredità dal vecchio professore scomparso). Quando e se azzeccato, il format della School Story funziona e continua a funzionare da decenni a livello crossmediale tra film, serial, libri, giochi e fumetti, anche perché il giovane pubblico tende generalmente a annoiarsi a scuola. Per anni, prima di poter essere letteralmente bombardati da stimoli esterni e prima dell'accesso alla rete da un gran numero di dispositivi, immaginare che avventure e complotti potessero celarsi dietro i volti di professori, insegnanti e maestri di ogni sorta e materia è stato innanzitutto un potente palliativo alle mattinate passate a immagazzinare mnemonicamente nozioni. Dalle indagini del giovane Holmes tra i banchi di scuola alle avventure nei corridoi di Hogwarts, passando per le poesie del professor John Keating de L'Attimo Fuggente, per i Seed del Garden di Balamb fino agli allievi del Professor Xavier, tutto ha potuto assumere, all'occorrenza, una dimensione misteriosa, magica, avventurosa o rivoluzionaria pronta a far proiettare al pubblico eventi e persone della vita quotidiana in storie più emozionanti della propria routine scolastica. Cosa c'è davvero di Sherlock Holmes in Piramide di Paura? Forse soltanto la volontà di attingere ai personaggi di Conan Doyle, di avere sia le mani libere che la possibilità di raccontare un mondo rigorosamente fuori canone, addirittura relegando un grande colpo di scena, in tempi non sospetti, alla famosa scena a sorpresa dopo i titoli di coda. Chi è davvero il perfido antagonista del giovane Holmes? Anche una storica nemesi del personaggio, dopotutto, può avere le sue origini secondo Hollywood. A distanza di appena un anno esce nelle sale Basil l’Investigatopo, che condivide con il film di Levinson alcune gustose analogie: la voce narrante di Watson diviene quella del dottor Topson, entrambe le storie riguardano l’origine della collaborazione tra un grande detective e il suo fedele e inseparabile assistente e in entrambi i film c’è un mirabolante inseguimento finale che coinvolge improvvisati veicoli volanti nei cieli di Londra.  Al cinema, Piramide di Paura incassa 19 milioni a fronte di un budget di 18 ma diviene negli anni un piccolo cult celebrato da più di una generazione di spettatori, conquistati dal mix di avventura, giallo, thriller e tono fiabesco e innamorati della splendida colonna sonora di Bruce Broughton, che venne ripresa da David Copperfield per il numero di magia nello speciale "The Magic of David Copperfield XIII: Mystery on the Orient Express", nel quale l'illusionista si esibisce nei suoi trucchi apparentemente impossibili. Ma se elimini l'impossibile...

Piramide di Paura volo

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