Speciale - Nintendo, 125 anni e iniziare a sentirli

Il 23 settembre Nintendo ha compiuto gli anni, ma il suo futuro sembra quanto mai incerto

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articolo a cura di Lorenzo "Kobe" Fazio

Se la mente corre al compianto “samurai” Hiroshi Yamauchi, presidentissimo di Nintendo dal 1949 al 2002, l’immagine che si ha della sua azienda è quella di una roccia che resiste fieramente alla tempesta. Sorda agli evidenti vantaggi del CD-ROM, indifferente al progressivo abbandono delle terze parti, compiaciuta nel dimostrare al mondo intero come solo lei (o quasi) fosse in possesso della formula alchemica del puro divertimento.

Un’impressionante dimostrazione di forza e “resistenza” la si ebbe negli anni più bui e oscuri, quando la fine (stando a sentire i pareri allarmati dell’audience) sembrava ormai prossima: durante il ciclo vitale del Game Cube. Superato nelle vendite persino dall’ultimo arrivato, l’Xbox di Microsoft, Nintendo sopperì al fuggi fuggi di investimenti dei publisher confezionando una line-up straordinaria contando solo sulle forze. Nonostante non siano mancati lunghi periodi di magra, la console ammaliò il suo audience con autentiche perle ancora indimenticate. L’elenco sarebbe lunghissimo ma basterà citare Metroid Prime, F-Zero GX, The Wind Waker, Eternal Darkness e Pikmin per avere una vaga idea del numero impressionante di pietre miliari regalateci dal publisher nipponico in quegli anni.

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Nintendo tuttavia non è stata sempre così. Per arrivare a spegnere ben centoventicinque candeline, traguardo raggiunto lo scorso 23 settembre, di cambi di rotta ne ha fatti molteplici. Dal lontano 1889, quando Nintendo Koppai venne fondata a Kyoto da Fusajiro Yamauchi (bisnonno di Hiroshi), l’azienda è passata dal produrre carte da gioco al fondare una catena di motel a ore, senza dimenticare l’infecondo e brevissimo blitz nelle telecomunicazioni con il tentativo di creare un’emittente televisiva. Un trasformismo dovuto, nel tentativo di restare sulla cresta dell’onda e rifarsi degli insuccessi, che ha dimostrato anche in campo videoludico. Nonostante l’immobilismo strategico dell’era Yamauchi, dal punto di vista tecnologico la multinazionale ha sempre dimostrato coraggio e inventiva: come definire il Virtual Boy, se non il figlio (illegittimo) di una visione che oggi, grazie all’Oculus Rif, sta lentamente diventando realtà?

Con il pensionamento del samurai e la nomina di Satoru Iwata al comando, le cose hanno subito un’apparente inversione di rotta. Wii e DS hanno ereditato la voglia di andare oltre gli schemi dei vari Miyamoto e Gunpei Yokoi, rinunciando tuttavia a settare nuovi picchi qualitativi in termini puramente grafici. Dopo anni a fare la voce grossa anche sulle specifiche tecniche, Nintendo cedeva il passo alle ben più performanti PS3 e Xbox 360, da una parte, PSP dall’altra.

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Sembrava una mossa necessaria per far rifiatare i conti dopo una generazione ampiamente sotto il par, ma alla luce di Wii U e 3DS il quadro assume prospettive completamente differenti.

Perché, dopo il successo planetario e senza precedenti del Wii, “accontentarsi” nuovamente di una console tecnologicamente limitata e superata? Perché tentare di attrarre, solo sulla carta questa volta, casual e hardcore rischiando di scontentare entrambi gli schieramenti, con una macchina dalle potenzialità ridotte? Perché spingere così tanto l’acceleratore su un sistema di controllo peculiare dopo il relativo insuccesso del Wiimote nell’attrarre coraggiosi e fantasiosi progetti delle terze parti?

Difficile dare una risposta certa, anche se un indizio ce la offre la lentezza pachidermica con cui Nintendo annuncia e pubblica i suoi titoli di punta per Wii U. Basti pensare a Super Smash Bros., annunciato per la prima volta addirittura all’E3 del 2011, all’ancora misterioso Xenoblade Chronichle e al futuro episodio di The Legend of Zelda per cui siamo rimasti a bocca asciutta a lungo, prima di goderci un (brevissimo) trailer.

Eccesso di rigorosità nei test qualitativi interni? Desiderio quasi ossessivo di puntare sull’innovazione estrema, sul perfezionismo magistrale, su prodotti che ricordino a chiunque quale sia, ancora oggi, il miglior publisher del mondo?

Il passaggio all’alta definizione, transizione procrastinata oltre il lecito e quanto mai sofferta, coincide “misteriosamente” con l’abbandono della strategia di marketing più discussa dell’epoca Wii: annunci di giochi, già in lavorazione da diverso tempo, che sarebbero stati pubblicati a poca distanza di tempo.

L’elaborazione di tali prove conducono in una sola direzione: Nintendo sta raggiungendo il limite fisiologico. Console sempre più performanti e raffinate richiedono investimenti di capitali non più alla portata dell’azienda di Kyoto, già affaticata dal doversi preoccupare di rifornire di prodotti di qualità ben

"Console sempre più performanti e raffinate richiedono investimenti di capitali non più alla portata dell’azienda di Kyoto"

due piattaforme. Alla mancanza di liquidità, comunque opinabile, si aggiungerebbe quella di personale qualificato. Sebbene non siano mai circolate cifre certe sul numero di dipendenti che lavorano attivamente nelle first e second party della Grande N, è certo che i suoi studi non vantino dimensioni paragonabili a quelli di altri publisher d’Oltreoceano.

Ipotesi, naturalmente, ma che purtroppo inquadrano alla perfezione la reticenza della multinazionale nell’approdare nel regno dell’HD, l’impossibilità nell’investire in infrastrutture online al passo con la concorrenza, la difficoltà di equipaggiare le sue piattaforme di un sistema operativo credibile e reattivo.

In questa sconsolante visione si incastrano alle perfezione anche le ultime “trovate” di Nintendo: gli Amiibo e il New 3DS. La prima: un tentativo, al momento piuttosto confuso, di cavalcare la moda del momento lanciata da Skylanders. L’altra: l’ennesima riprova della recidività della Grande N. Quanti (tra i casual gamer ovviamente) non noteranno la differenza tra i due handheld, un po’ come accadde tra Wii e Wii U? Quanti genitori confusi non comprenderanno perché, il nuovo gioco comprato al figlio, non funziona sul “vecchio” device? Anche in questo senso, accontentarsi di lanciare una versione 1.5 del 3DS, piuttosto che investire con decisione nella next-gen, è un segnale dell’insicurezza di Nintendo circa il suo futuro.

Del resto, allargando la prospettiva, la casa di Super Mario non è l’unica che sta faticando a stare al passo con i tempi. La crisi del Giappone in campo videoludico (in parte figlia del disastro di Fukushima), ha fatto sì che il baricentro dell’industria si spostasse progressivamente a occidente dove, anche lì, sempre più publisher e sviluppatori cercano nella scena indie nuove strade per garantirsi profitti a costi contenuti.

Henry Ford amava ripetere che “c'è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia

"Nintendo dà l’impressione di essere una roccia in grado di resistere fieramente anche a questa tempesta. "

diventano per tutti”. Mentre online la prima immagine in-game di Uncharted 4 fa gridare al miracolo e ci godiamo console potentissime a prezzi relativamente alla portata di tutti, dall’altra parte una buona parte di addetti ai lavori si trova in forte difficoltà.

Nintendo dà l’impressione di essere una roccia in grado di resistere fieramente anche a questa tempesta. La paura, tuttavia, è che presto o tardi uno tsunami finirà per inghiottirla, distruggendola per sempre o tramutandola fin troppo per i nostri (raffinatissimi) gusti.

Non ci resta che augurare a Nintendo altri centoventicinque anni come questi. Pur con tutti i ritardi del mondo, pur con specifiche tecniche meno esorbitanti di quanto spereremmo, abbiamo bisogno delle sue console e dei capolavori che solo lei sa confezionare a regola d’arte.

Seppur con ritardo: tanti auguri, Mamma Nintendo.

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