Speciale: La Morte ti fa Bella
Scopriamo come è invecchiato La Morte Ti Fa Bella, a distanza di quasi 25 anni dalla sua uscita nelle sale!
Con un budget di oltre 55 milioni il film fu, al momento della sua uscita, una delle commedie più costose mai realizzate. Meryl Streep non amò prendervi parte, dichiarandosi annoiata dalle innumerevoli ore di lavoro che i tecnici degli effetti visivi impiegarono per permettere a lei e a Goldie Hawn di ruotare la testa di 180 gradi o di camminare con disinvoltura con un enorme buco nello stomaco. “E’ la prima e l’ultima volta che lavoro a un film simile, è una gran noia. Puoi concentrarti quanto ti pare ma sei assolutamente vincolata. Te ne stai lì come l'ingranaggio di un macchinario e a volte ti chiedi perché non abbiano assunto una macchina. Dopodiché ho adorato come il film è venuto fuori, ma non è stato facile starsene lì ore e ore come un candelabro” dichiarò l’attrice, “Fate finta che qui ci sia Goldie, un attimo dopo ti ritrovi a dire cose come ‘Ops, scusa Bob, Goldie è finita cinque centimetri fuori dai segni e ora la sua testa non coincide più con il collo’ e cose simili. E’ stato come andare dal dentista!”. Dal canto suo, Zemeckis ama sperimentare e non rinuncia a strizzare l'occhio ai suoi precedenti lavori: per fermare il tempo sul proprio corpo, Helen ha preso la pozione il 26 ottobre del 1985, la stessa data nella quale in Ritorno al Futuro - Parte II il dottor Brown torna a trovare Marty per coinvolgerlo, guardacaso, in un nuovo viaggio nel tempo. E con un grosso buco nello stomaco, Goldie Hawn sembra quasi indossare il mitico foro per muri di Chi Ha Incastrato Roger Rabbit, che attaccato a una parete consente di passarci dentro.
Con incassi globali che sfiorarono i 150 milioni, il film fu un successo e, negli anni, ha conservato un nucleo di affezionati fan che ne adorano ancora la natura smaccatamente paradossale di quasi ogni singola battuta. Curiosamente, uscì nello stesso giorno di Buffy - L’ammazza Vampiri, il film ideato da Joss Whedon e diretto da Fran Rubel Kuzui che si rivelerà un totale fiasco al botteghino, convincendo Whedon a rimettere mano al soggetto per la fortunatissima serie tv con Sarah Michelle Gellar. Allo script c’è un giovane David Koepp, che con il film di Zemeckis mise a segno il primo colpo grosso e venne ingaggiato per scrivere Jurassic Park. Lo seguiranno il direttore della fotografia Dean Cundey e lo scenografo Rick Carter, pronti a passare dalla fauna gossippara di Los Angeles a quella altrettanto letale del parco di John Hammond. Proviamo a indagare se, quasi un quarto di secolo dopo, anche le disavventure di Helen e Madeline hanno trangugiato un elisir di lunga vita.
Forever Young
Hollywood, non è un mistero, ha un piccolo grande problema con l’età. Nella speranza di apparire politicamente corretta, la fabbrica dei sogni ha spesso cercato di mascherare in tutti i modi il proprio mantra secondo cui i divi acquisterebbero fascino con gli anni mentre le dive sarebbero inesorabilmente destinate a perderne con l'età. Sarà nuovamente Goldie Hawn a rimarcare la politica ingiusta del baraccone californiano ne Il Club delle Prime Mogli, esclamando: “Ci sono solamente tre età per le donne a Hollywood: bambina, procuratore distrettuale e A Spasso Con Daisy!”. Nel film di Zemeckis, lo script di Koepp parte proprio dall’ipotesi, opportunamente ridondante, che le donne plagiate dal circuito edonistico dello spettacolo puntino più a essere invidiate da amiche e colleghe che a essere desiderate dagli uomini. E che questo, in sostanza, possa trasformarle in delle moderne e incipriate streghe. “Siamo giovani!” esclamano nel '93 le sorelle Sanderson in Hocus Pocus, dopo aver rubato la giovinezza alla piccola Emily, “Bè, ringiovanite!” le correggeva Winifred, a rimarcare che la brama di una strega di avere un bell'aspetto non si ferma certo a qualche ruga in meno. E non è un caso che, nel finale del film di Zemeckis, Madeleine e Helen assumano una parlantina gracchiante degna di due novelle fattucchiere, ridotte a due manichini ambulanti.
Senza uno specchio delle brame al quale votarsi o un ritratto di Dorian Gray al quale affidare i segni del tempo, a Beverly Hills emerge la figura salvifica del chirurgo come un redivivo Mago Merlino, pronto a fermare il tempo, ingannare la sorte e restituire, magari per appena un lustro, l’illusione effimera di un’eterna gioventù. Ma anche nel nostro mondo la magia ha sempre un prezzo, e il bisturi del chirurgo è una bacchetta magica molto costosa. Negli anni 90 essere un chirurgo plastico a Beverly Hills significava l’ingresso in una categoria di divi invisibili, silenziosi e riservati che, non di rado, vantavano cachet hollywoodiani e accrediti di prim’ordine presso chiacchieratissimi club e circoli esclusivi del gotha di Los Angeles. Nel film, l’idea della setta rivive nel circolo ristretto della misteriosa Lisle Von Rhoman di Isabella Rossellini, che annovera tra i suoi accoliti i più grandi divi dello show business prematuramente scomparsi. Da Andy Warhol a Elvis fino a Greta Garbo e James Dean, le icone pop più in voga del ventesimo secolo se ne stanno tra di loro a godersi un’eterna giovinezza lontano dai riflettori, dopo aver inscenato la propria morte. L’ipotesi è gustosa, e negli anni è stata declinata in chiave ironica nei modi più disparati: “Elvis non è morto, è tornato a casa!” esclamava l’agente K in Men in Black.
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Mad vs Hell
Il bello è che, per quanto interpretate da due colonne della Hollywood più cool, né Madeline né Helen sono due dive del grande schermo: Madeleine è un’attrice teatrale di scarso talento, che si esibisce a Broadway con risultati poco lusinghieri ne La Dolce Ala della Giovinezza di Tennessee Williams, musical nel quale interpreta proprio un'attrice che si strugge per la propria giovinezza perduta; Helen diviene una scrittrice di libelli di cosmetica e lifestyle, nei quali mente spudoratamente sul proprio segreto per un aspetto giovanile. Vivono entrambe della brama di destare l’una l’invidia dell’altra, reinterpretando una rivalità alla Eva contro Eva in chiave grottesca e dimenandosi in universo di bassa mondanità basato esclusivamente sul più futile chiacchiericcio. Quando si incontrano nuovamente dopo 14 anni, si apostrofano con i diminutivi di Mad e Hell, ovvero come “pazza” e “inferno”: la prima è di fatto impazzita, prima ingrassando a dismisura e poi sviluppando manie omicide in una clinica psichiatrica nella quale Zemeckis cita apertamente Qualcuno Volò Sul Nido del Cuculo del '75; la seconda ha invece reso un vero inferno la vita del dottor Menville, lasciandolo annichilire nell'alcol e nel rimpianto di una mano ferma che ne aveva fatto un asso della chirurgia. Le due sono indiscutibilmente due mine vaganti fin da subito. Il tempo le ha divise ma non le ha certo placate e, alla presentazione del libro di Helen, il loro abbraccio è una nuova e rinnovata dichiarazione di guerra.
La loro rivalità è innanzitutto un duello concettuale. Mentre l’inimicizia nasce e si sviluppa su basi solide e differenze oggettive, la rivalità è una contrapposizione più sottile: cresce tra persone tendenzialmente simili che, più che cercare di ottenere qualcosa, puntano al danneggiamento di un avversario del quale, neanche troppo inconsciamente, nutrono una malcelata invidia. È anche per questo che la rivalità cresce esponenzialmente nel tempo per poi sgonfiarsi, tendenzialmente, in un colpo solo.
Nel prologo, Madeline sposa il dottor Ernest Menville dopo averlo sedotto e sottratto alla povera Helen, alla quale ha già soffiato in precedenza innumerevoli uomini. Anni più tardi, dopo un duello a base di vanghe e colpi bassi, Helen e Madeleine riescono finalmente a avere una conversazione pacata. Ed ecco che tutto cambia: Ernest, da che era oggetto del desiderio di entrambe, passa completamente in secondo piano. Tra le due nasce, in maniera del tutto naturale, una nuova e per nulla inconsueta alleanza volta non più a conquistare l’attenzione del malcapitato chirurgo, ma a servirsene in maniera del tutto strumentale. Se dovranno vivere in eterno avranno indubbiamente bisogno di qualcuno che le vernici a dovere e che faccia manutenzione ai loro corpi defunti.
Willis, fresco di due film di Die Hard, è irriconoscibile. Fu il rimpiazzo dell'ultimo minuto di Kevin KlineEd è proprio il personaggio di Bruce Willis il grande protagonista del secondo atto, capace di smontare in una battuta la millenaria ricerca del genere umano dell’elisir della vita eterna: “E se poi mi annoio?” esclama Ernest rifiutandosi di bere la pozione. Willis, fresco di due film di Die Hard, è irriconoscibile. Fu il rimpiazzo dell'ultimo minuto di Kevin Kline e, da icona dell'action movie, Zemeckis lo trasforma in un reietto alcolizzato che da brillante chirurgo si reinventa come visagista dei cadaveri. Ma il riscatto, nel lungo periodo, è tutto suo, riuscendo a liberarsi di due vere e proprie arpie come una lepre che sgattaiola via durante un confronto tra Alien e Predator. Il finale originario vedeva proprio Ernest fuggire con Toni, una barista interpretata da Tracey Ullman il cui ruolo fu completamente rimosso dal film, nonostante l'attrice fosse già apparsa nei primi trailer. L'ultima scena vedeva i due seduti su una panchina, romanticamente ancora l'uno accanto all'altra dopo tanti anni, mentre Helen e Madeleine passavano loro accanto senza riconoscerli. Dai primi test con un pubblico selezionato, il finale si rivelò di scarso gradimento: gli spettatori ne volevano uno più cinico e in linea con i tempi della commedia nera, e la sequenza venne dunque sostituita con la famosa scena del funerale e del malaugurato incidente delle due carampane sui gradini della chiesa. Le due vanno letteralmente in pezzi, ma restano inesorabilmente vive e coscienti. Dura tenersi in forma in piena putrefazione, forse sarebbe stato meglio un po' di sano jogging e un semplice antirughe. Meglio tenerlo presente, se neanche una risata ci seppellirà!