Speciale - Le quattro fatiche di Hercules

Abbiamo voluto rivedere con gli occhi del 2014 quattro Ercole tra i più significativi della Storia del Cinema. Dall'Antica Grecia del 1958 allo spazio del 1983

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Nell'anno in cui escono al cinema non uno ma due nuovi film su Ercole, di cui l'ultimo arriva in sala proprio oggi - è Hercules: il Guerriero - abbiamo voluto rivedere con gli occhi del 2014 quattro versioni dell'eroe tra le più significative della Storia del Cinema.

Le fatiche di Ercole (1958), di Pietro Francisci

Il primo e forse ancora oggi più importante Ercole con un attore punto di riferimento dei futuri Arnold Schwarzenegger e Lou Ferrigno. Si tratta di Steve Reeves, storpiato in Stivi Rivi dai tanti giovani italiani nati nei '40 che affolleranno le sale per questo divertentissimo peplum che farà esplodere il genere dal 1958 al 1965 attraverso oltre 170 sgangherate avventure mitologiche per il grande schermo. La produzione è italiana, la regia di Pietro Francisci (con pesanti suggerimenti di Mario Bava) ma la distribuzione massiccia nelle sale americane per conto di Joseph E. Levine ne decreterà il successo internazionale. Nasce un genere e nasce definitivamente la star muscolosa dopo la prima apparizione del gigante al cinema nella figura del Maciste di Bartolomeo Pagano nel nostro kolossal rivoluzionario Cabira del 1915 la cui scenografia Dante Ferretti ha voluto richiamare per l'ingresso del parco a tema Cinecittà World.

Nasce un genere e nasce definitivamente la star muscolosa

Arriviamo a Ercole.

L'entrata in scena è appunto mitica: per aiutare una donna (Iole) pericolosamente attirata sul ciglio di un burrone da cavalli imbizzarriti, eccolo sradicare un albero e gettarlo davanti ai quadrupedi per fermare la biga. C'è forse un effettista nascosto sotto quell'arbusto per accentuare l'effetto sorpresa?

Sembra di sì.

C'è sicuramente Mario Bava sia alla fotografia che agli effetti speciali e regia della seconda unità. Il suo apporto è fondamentale così come per una sceneggiatura che fonde il mito del semidio Eracle (questo il corretto nome greco del ragazzone tradotto in Ercole dalla cultura latina) con Le Argonautiche di Apollonio Rodio.

Che tipo è Ercole in questo film? Intanto sconcerta subito Iole perché dopo averla salvata e nel bel mezzo di una conversazione... ecco che lo vediamo correre per controllare la cottura della sua carne sul fuoco. Lei si offende un po'. Il ragazzo è un semidio e giovialità e buonumore possono essere scambiati per indifferenza verso le vicende di noi comuni mortali. “Non capisco se sei audace o presuntuoso” gli dirà infatti pensosa Iole mentre Ercole addenta noncurante il pezzo di carne che stava cuocendo alla brace poco prima che lei rischiasse di cadere con la biga nel burrone. Look? Ha la barba leziosamente rifinita (voluta da Bava), chioma nera con ciuffo quasi a banana, pelliccia con singola bretellona che taglia in diagonale il torso scolpito, bracciali di cuoio, cintura dal motivo geometrico e sandaloni chiari. “Sai, non valgo molto come carpentiere” dirà a Iole in un momento di sorprendente autocritica.

fatiche di ercoleMa non pensate che il nostro Ercole di Tebe sia antipatico o scostante come il Jep Gamberdella de La grande bellezza. Nonostante pensi subito che Iole gli racconti un sacco di sciocchezze (ma in buona fede) su strane vicende familiari che vedono coinvolto il padre di lei, lo vediamo accompagnarla comunque con gentilezza a cavallo verso Iolco, città dove vive Pelia, unico genitore di Iole in cerca dell'aiuto di Ercole. Una volta arrivato in Tessaglia lo vedremo umiliare il figlio antipatico di Pelia ma sempre con un atteggiamento di grande signorilità. Ercole in questa prima parte del film dà consigli ai giovani, è un leader non impositivo e ricorda sempre che il cervello è importante quanto la forza (infatti il magrolino Ulisse lo venera dopo che Ercole gli ha insegnato a tirare con l'arco nonostante le braccine del futuro Re di Itaca). Gli intellettuali adorano Ercole e anche il popolo è con lui. Nell'umiliazione del figlio di Pelia attraverso delle sfide di atletica leggera, sentiamo un po' di fantascienza nell'effetto sonoro del lancio del disco.

Un disco... volante che sembra perdersi nello spazio per quanto lo lancia lontano il figlio di Zeus e della mortale Alcmene.
Ma se un rapido bacio con Iole gli facesse preferire la carne femminile a quella cotta alla brace? Purtroppo la situazione precipita e nonostante Pelia lo accusi ingiustamente della morte del figlio, Ercole subisce zitto la ramanzina per poi confidare all'ormai fidanzata: “Io non ho voluto smentire tuo padre perché so che soffre”. E' veramente un ragazzo dalla grande sensibilità questo Ercole e nella scena cardine del film lo vediamo prima lamentarsi dalla sibilla (“Non sono un fantoccio”) e poi rinunciare, sempre davanti all'oracolo, all'immortalità per poter provare un totale trasporto per Iole e smetterla di comportarsi con la freddezza di un alieno de L'invasione degli ultracorpi (1956).

Ecco spiegata la scena della carne!

Fino a che è semidio, Ercole avrà sempre quella leggera aria di distacco. Ci vuole la pioggia per mondarsi dell'alterigia divina, diventare definitivamente uno di noi e continuare a lottare per il bene prendendo a cazzottoni tori o leoni con la possibilità di morire perché addirittura così: “La lotta sarà più bella!”.

Dopo un primissimo piano dove spuntano degli occhioni celesti rendendolo simile a un Burt Reynolds + Channing Tatum, l'Ercole di Reeves deve aiutare Giasone a recuperare il Vello d'Oro chiudendosi un po' troppo in se stesso al punto da non dire a Iole che ha rinunciato all'immortalità per lei. Perché? Orgoglio? Vergogna? Estrema sensibilità visto che non vuole che lei si senta responsabile della scelta? Ercole in questo frangente ci fa riflettere non poco. E' un momento chiave del film. Forse il più bello. La lotta fisica è più dolorosa da mortale ma si può superare. Sono i pensieri che sembrano turbare fortemente la sua mente. Ercole diventa anche nelle inquadrature composte da Francisci e Bava uno di noi, occupando spesso il fotogramma panoramico mai in una posizione di sgradevole leadership ma in mezzo alla squadra di uomini con cui è partito per l'avventura del Vello d'Oro. Rema come tutti i rematori (ma non canta; il cuore è triste?), ripara il ponte, indaga su un possibile sabotatore, dà una mano senza imporre mai niente e mentre Giasone incontra la regina delle Amazzoni Antea e se ne innamora perdutamente, ecco il nostro ragazzone barbuto rimanere concentrato sulla missione con un tono e una postura tra l'educato e il remissivo.

Nella rinuncia alla vita eterna risiede il dono di una vita mortale al fianco di chi ci potrà amare giorno dopo giorno

È qui che ci siamo innamorati definitivamente dell'Ercole di questo dolcissimo bodybuilder al secolo Steve Reeves. Se alzerà la voce e se minaccerà: “Obbedite altrimenti vi rompo le ossa!” è solo perché è stato fin troppo paziente fino a quel momento a capire e accettare le istanze personali portate al suo cospetto da ogni singolo membro della comunità di uomini con cui sta viaggiando.
Guardatelo con che rabbiosa frustrazione suona il tamburo per dare il ritmo ai vogatori mentre Orfeo commenta con una canzone l'abbandono frettoloso dall'isola di quelle malinconiche ma letali Amazzoni pronte a farli fuori tutti dopo averli drogati. Se Ercole risulta più pensoso e tormentato da quell'incontro con la sibilla, continua però a sentire sempre meno i limiti della mortalità da un punto di vista fisico. Da questo punto di vista il film con Schwarzenegger sarà più problematico e in sostanza più efficace. Un mostrone che urla e si muove come Godzilla? Non un grande problema. Con i tradimenti degli uomini e nei confronti degli intrighi di palazzo che affronterà una volta tornato a Iolco, Ercole sarà meno deciso. “Non mi sporco le mani col tuo sangue!” lo sentiremo addirittura dire. Cadrà in una botola azionata da un cattivone e se non fosse per Iole... bye bye Ercole. Quel fatto gli darà una svegliata per la scena clou del finale in cui sradicherà le colonne di un palazzo dopo averle prese al lazzo con delle robuste catene. Sarà l'immagine simbolo del film di Francisci che manderà fuori di testa un popolo di maschi di un rampante dopoguerra fatto di italiani poveri ma belli... e pronti a farsi venire i muscoli come il loro amato Stivi Rivi.
A proposito di amore... l'Ercole del primo e definitivo Ercole del 1958 terminerà le sue fatiche al tramonto, in nave, abbracciato teneramente alla statuaria Iole di una sgargiante Sylva Koscina.

Ricordatevi che il semidio ha rinunciato all'immortalità per lei. Questa love story segnata da un atto così traumatico ci ricorda l'amore struggente che legherà Aragorn ad Arwen nella mitologia tolkieniana.

Nella rinuncia alla vita eterna risiede il dono di una vita mortale al fianco di chi ci potrà amare giorno dopo giorno. Arwen rinuncia all'immortalità per Aragorn. Ercole lo fa per Iole. E' questa la sua più grande fatica.

https://www.youtube.com/watch?v=tJBWwsGzrWE

Ercole al centro della Terra (1961) di Mario Bava

Da Steve Reeves a Reg Park il cambiamento è notevole. Meno aggraziato di Reeves, Park è un Bud Spencer ante litteram, dalla risata rumorosa e dallo sguardo leggermente più ottuso. Il suo Ercole per la divertente bizzarria che gioca con il registro dell'horror diretta da Mario Bava entra in scena scaraventando un carro contro degli aggressori per poi ridere di gusto. Siamo lontani mille miglia dalle pose tormentate da divo del muto di Reeves. La barba è meno leziosa mentre la divisa di pelle con bretellona in diagonale è confermata, anche se nella scena iniziale lo vediamo a torso nudo. La mancanza di particolare acume del suo Ercole è confermata dalla facilità con cui Christopher Lee riesce a raggirarlo manovrandolo per i suoi sordidi schemi.

Meno aggraziato di Reeves, Park è un Bud Spencer ante litteram

Tutte le avventure nell'Ade al fianco del Teseo di George Ardisson ricordano i duetti del futuro tra Spencer & Hill con Reg concentrato sulla forza bruta e Ardisson che zompetta di qua e di là sfruttando l'agilità. Un orso e una volpe. Al loro fianco in chiave di spalla comica un pregnante Franco Giacobini nei panni buffi di Telemaco, il quale vomita in nave suscitando le risatone di Ercole e Teseo. Grandi prove di forza di Park: tiene a bada quattro cavalli sulla spiaggia e usa come rampino un macigno cui lega delle redini per poter raggiungere la Mela d'Oro. Sollevare e lanciare un oggetto o una persona sono quasi una fissazione per il figlio di Zeus in questo film. Dopo aver nuotato con uno strano stile libero utilizzando il solo braccio destro, guarderà con tristezza l'amico Teseo sciogliersi nella lava per poi prendere a cazzottoni una pietra che deve estrarre da un arcigno complesso minerario.

ercole al centro della terraAppena torna in città ecco che Christopher Lee ricomincia a trattarlo come un burattino con lui che lo ringrazia sempre e pensa che sia buono pure se quello lo guarda in cagnesco. Forse scopriamo che Ercole soffre di amnesia perché non è molto chiaro perché a volte sembra sapere che Teseo si è portato la bella Persefone dall'Ade e a volte no. Nonostante la confusione, bisogna sbarazzarsi di lei ed ecco che l'Ercole di Park è fin troppo debole nella richiesta a un Teseo che si rifiuta e gli ferisce addirittura il braccio. Quando i piani del perfido Lico di Christopher Lee saranno così evidenti che anche quel babbeo di Ercole, finalmente, li capirà, ecco che lo vedremo sfondare le porte di una segreta e combattere con dei non morti che potrebbero aver influenzato nel trucco e nell'agilità il Sam Raimi de La casa (anche se i suoi andranno molto più veloci).

Dopo aver incomprensibilmente faticato a piegare il braccio di Lico in un corpo a corpo sarà ancora la strategia del “solleva & scaglia” a terminare la vicenda con un macigno troppo chiaramente di cartapesta addosso a Lico. Poi ne lancerà un nugolo contro i non morti. Il film si chiude con un Ercole campione della coppia borghese di nuovo al fianco della sua Deianira minacciata e ipnotizzata per tutta la pellicola dai piani malefici dello sfortunato Lico di Lee.

 

Ercole a New York (1969) di Arthur Allan Seidelman

E' arrivata la contestazione ai valori della famiglia borghese e all'autorità paterna per cui Ercole è un bambinone un po' viziato in costante litigio con uno Zeus che non vuole mandarlo sul pianeta Terra. Arnold Schwarzenegger è agli inizi della sua carriera d'attore e si vede anche se oggi è possibile recuperare il film con la sua voce doppiata nel 1969 perché all'epoca i suoi “Zenk Iu” (per Thank You) o “Ai vont stei” (per I won't stay) furono troppo ostici da mandare giù.

Il film di Seidelman è un revisionismo satirico del peplum che ha i suoi perché ed oggi appare in alcuni momenti incredibilmente intelligente. Intanto questo Zeus leggermente isterico circondato da bellezze discinte e da quella rosicona di Era ricorda un vero e proprio guru della controcultura con la sua “famiglia” di accoliti che vagano strafatti in attesa del suo verbo autoritario ma anche un po' hippie. Divertente. Ma lui non è Charlie Manson, anzi è un padre fin troppo paziente avendo a che fare con una montagna di muscoli dall'accento austriaco testardo come un mulo. Vuoi andare sulla Terra? E vai sulla Terra allora! Non è impossibile ipotizzare che qualcosa del primo Thor (2011) sia stato ispirato da questo scombiccherato film indie vista la quasi simpatica prosopopea con cui l'Ercole di Schwarzy affronta i newyorchesi moderni.

Il film di Seidelman è un revisionismo satirico del peplum che ha i suoi perché

Intanto è divertente l'ironia sul paternalismo della sinistra liberal rappresentato da un baffuto marinaio che giustifica in tutto e per tutto le marachelle e scortesie di Ercole solo perché: “E' uno straniero!”. Sembra di assistere allo humour acre di Happiness (1998) di Solondz con trentanni di anticipo. “Ercole va dove vuole!” dice il figlio di Zeus quando abbandona la nave con il suo look quasi da fighetto: maglioncino annodato al petto, berretto di lana, pantaloni di fustagno e converse. Lo adotterà l'adorabile Pretzie del caratterista comico Arnold Stang, motore del gioco dei titoli di testa che per creare una buffa assonanza trasformarono lo sconosciuto Schwarzenegger in Arnold Strong. Strong & Stang, un colosso con accento austriaco e un chipmunk... per le strade di New York.

hercules new yorkTutto il film gioca sul rapporto difficile tra Zeus ed Ercole con il primo costantemente in riunioni di famiglia in un Olimpo che sembra Central Park (perché è Central Park) e il secondo in mezzo a professori universitari liberal, gangster alla Al Capone, campionati di wrestling, collezioni di maglioncini attillati sempre più improbabili. Ercole ha un gusto tutto suo come quando accosta una maglietta celeste a una giacca grigia. Probabilmente gli sarebbero piaciuti i maglioni della mamma di Mark Darcy in Il fiario di Bridget Jones (2001). Donne? Una, ma la frequenta più come un'amica da cui imparare le buone maniere che non come interesse sentimentale. Prove fisiche? Mette fuori combattimento un orso grizzly a Central Park, umilia degli atleti yankee in alcune discipline olimpiche (echi della scena de Le fatiche di Ercole con Reeves), guadagna bei soldi come star del wrestling e fa sempre più amicizia con il mingherlino occhialuto Pretzie.

In una delle scene più divertenti, Ercole si indigna quando vede il manifesto cinematografico di un fantomatico “Hercules Against the Monster” per una gag metacinematografica di un certo gusto. “Insolenza!” dirà a lei. Come si permettono i mortali di usare il suo nome per quella paccottiglia cinematografica? Le distrazioni in dolce compagnia non bastano. “Perché il vecchio non mi lascia solo?” dirà del padre-padrone Zeus. Dolcissima la scena in cui Ercole mette a dormire su un divano Pretzie. C'è già tutto il magnetismo animale dello Schwarzy che ameremo negli '80. Il suo Ercole, anche se fa l'antipatico per quasi tutto il film, è in realtà un bambinone simpaticissimo e per niente aggressivo che vuole conoscere qualcosa del mondo dei mortali. La scena clou lo vede perdere l'immortalità e, a differenza dello Steve Reeves de Le fatiche di Ercole (1958), soffrire le pene dell'inferno in una gara di sollevamento pesi dove la sua frustrazione per aver perso... è autenticamente dolorosa (peraltro Schwarzenegger era già diventato Mr. Universo all'epoca). Forse questo bambino viziato deve solo sentire per la prima volta il dolore della sconfitta. Non è un caso che proprio dopo questo lancinante momento di frustrazione arriverà la scena clou con l'atto eroico attraverso l'inseguimento con i gangster cattivi per le strade di una New York in cui si intravede un cinema che proietta Easy Rider.

Tanta gente odia questo film. Noi lo troviamo adorabile

Pazzesco anche il ricordo in flashback di Pretziee di tutte le avventure vissute al fianco del suo grande amico Ercole, da quello sbarco dalla nave in cui era vestito come Brando di Fronte del porto (1954) in chiave fighetta all'inseguimento con la biga sull'asfalto della Grande Mela. Puro bromance moderno. Sembra Starsky & Hutch (2004) di Phillips quando i due si commuovono pensando alle cose che facevano insieme dopo aver tremendamente litigato.

Ultima ciliegina sulla torta: Ercole parla da una vecchia radio al suo amico Pretzie con la voce del doppiatore che aveva sostituito Schwarzy nella prima edizione del 1969. “Ogni volta che mi vorrai... io arriverò”. Come Batman. Ma soprattutto... come Optimus Prime. Il timbro è tremendamente simile.

L'unica nota veramente stonata: un'infinita, invadente e insopportabile colonna sonora a base di bouzouki alla Zorba il greco (1964). Tanta gente odia questo film. Noi lo troviamo adorabile. Come il suo Ercole di un già grande Arnold Schwarzenegger.

 

Ercole (1983) di Luigi Cozzi

Questa paccottiglia di exploitation italiana che incassa 10 milioni di dollari al box office Usa e quindi genera subito un sequel come Le avventure dell'incredibile Ercole (1985) è oggi una vestigia dei tempi che furono. Ci sembrava giusto chiudere qui questa assolutamente non esaustiva disamina di alcuni significativi caratteri erculei nella Storia del Cinema.

Noi italiani lo facemmo esplodere nel 1958 e noi italiani lo mandammo nello spazio nel 1983.

Ora che non facciamo più questi film dai tempi di Dellamorte Dellamore (1994), la nostalgia per questo genere di produzioni si fa così forte che la già scarsa lucidità del critico vacilla e si rischia di pensare che Ercole (1983) di Luigi Cozzi possa essere veramente, in qualche momento, un bel film. Rivederlo oggi è comunque un'esperienza fantastica. I produttori erano i mitici Globus e Golan (quest'ultimo è scomparso giusto tre giorni fa), Cozzi si firmò Lewis Coates e lo sfruttamento più pesante fu da Guerre stellari (1977) di George Lucas con più di qualcosa anche da Conan il barbaro (1982) di John Milius.

L'Ercole di Lou Ferrigno è un maestro dell'espressione guardinga

L'Ercole di Lou Ferrigno è un maestro dell'espressione guardinga. Se il Ken Watanabe del Godzilla (2014) di Gareth Edwards è perennemente attonito, l'Ercole dell'ex Incredibile Hulk televisivo è costantemente guardingo. Ercole viene creato per aiutare la razza umana da un Giove che abita lo spazio come un placido Babbo Natale. Il miscuglio esilarante attuato da Cozzi in sceneggiatura trasforma e riadatta la mitologia greca in un grande casino interstellare a base di sintetizzatori, orge di ralenti e colonna sonora alla John Williams con Dedalo in versione scienziato transformer perennemente incavolato (lo interpreta una bellissima Eva Robbins, tra i primi transgender italiani qui accreditata con due “b”) perché mostri che crea non funzionano mai troppo bene. Li usa Minosse che da un pianeta della galassia sogna di far cadere gli dèi a favore della scienza. In lui non è difficile vedere un qualcosa del Thanos assiso sul trono fluttuante de I guardiani della galassia (2014). Ercole viene abbandonato nella acque di un fiume da Giove, Era e Atena proprio come andò a Mosè, Romolo e Remo. E' la prima versione di Ercole bimbo e già ci piace. Guanciotte paffute, occhioni neri, capelli fluenti. Spappolerà a mani nude due serpenti pericolosi come potrebbero esserlo due grossi gambi di carciofo. Il bambino li stritola per bene ma la sensazione è che ce l'avremmo potuta fare anche noi. Stacco e lo troviamo lavorare a una macina come nel Conan di Milius.

hercules-624916lLook: niente bretellona ma torso nudo proprio come il cimmero Conan, gonnellino setoloso, barba lavorata, capello cespuglioso. Entra in scena al minuto 21 (!) perché prima Cozzi deve mettere in piedi tutta la sua complicata mitologia intergalattica con lenzuolate di spiegoni in voice over. Amiamo di più gli Ercole dove il ragazzo arriva subito.

Questo figlio delle stelle incontra il trauma e lo fa sempre di corsa. In una terra molto fantasy Lou Ferrigno si lancia correndo verso la morte prima di padre e poi di madre urlando: “Nooooooo!". Ha un modo di scattare molto compatto che ricorda quello di Ben Stiller nel franchise Una notte al museo. I cazzotti producono un suono elettronico ed ecco la prima grande caratteristica dell'Ercole di Cozzi: egli è un demiurgo. Prima lancia nello spazio un orso... creando la costellazione dell'Orsa maggiore (!). Poi dividerà i continenti separando l'Europa dell'Africa. Mai nessuno prima di lui, tra gli altri Ercole, aveva raggiunto questi risultati. Ferrigno lo interpreta sempre guardingo e un po' troppo sicuro di sé nella prima parte. Difficile affezionarsi a lui nonostante gli ammazzino subito i genitori e certamente Ferrigno non sembra conoscere dove siano di casa brio e vivacità. Infilerà un bastone nei meccanismi del solito insetto meccanico non particolarmente funzionante costruito da Dedalo, salterà in slow motion sopra delle bighe con lame rotanti inclini però a spaccarsi in mille pezzi al contatto con le sue gambone, sedurrà immediatamente una ragazza promessa in sposa a un altro e sarà pure in grado di far tracimare un torrente lanciandogli dei massi dentro. “Lui sa come comportarsi” dice Giove guardandolo dall'alto.

Ogni colpo sferrato dal nostro, anche di spada, produce un bizzarro effetto sonoro elettronico non proprio adatto alle belle scenografie fantasy di Geleng (la cosa migliore del film). Si comincia a vedere un pelino di umanità in Ercole quando parte il viaggio in compagnia della maga Circe di una bellissima Mirella D'Angelo. Qui grande cambiamento. Il saputello si mangia la lingua e si fa spiegare per filo e per segno cosa fare da questa sventolona sempre più eccitata dal vederlo combattere. C'è qualcosa nell'aria e la chimica di coppia tra la D'Angelo e Ferrigno migliora il film, spingendoli uno verso le braccia dell'altro. Cozzi avrebbe dovuto accorgersene perché il feeling tra questa femminista fumantina (tipica caratteristica della D'Angelo: ricordiamo anche la sua fantastica giornalista lesbica in Tenebre di Dario Argento) e il nerboruto omaccione ora meno guardingo e so-tutto-io è lampante. Purtroppo Circe è l'amor profano ed Ercole non ci pensa nemmeno a preferire. La moscissima Cassiopea, con la quale ha condiviso molte meno esperienze rispetto a Circe, lo aspetta prigioniera di Minosse.

Questo figlio delle stelle incontra il trauma e lo fa sempre di corsa

Grande scontro finale con il nuovo mostro transformer creato dal trans Dedalo, ovviamente con il sospetto che qualche ingranaggio sia fuori posto. Di fronte a un Minosse che sogna un mondo di “Scienza per la scienza” dove non ci sono più né speranze, né emozioni, Ercole contrappone uno spadone che una cattivona bionda vestita in spandex blu che sembra uscita da Donne amazzoni sull luna (1987) aveva rubato all'inizio del film. C'è tempo per Minosse che combatte con una specie di lightsaber ed Ercole graffiato sul petto come Bruce Lee ne I tre dell'Operazione Drago (1973). Quando Cassiopea gli chiede di baciarlo e lui sospetta (guardingo) che lei possa non essere la vera Cassiopea, la ragazza asseconderà questo mistero confessandogli che lei saprà essere tutte le donne che lui ha incontrato in questa epica avventura. Con uno stacco che ci porta incomprensibilmente in riva al mare (prima eravamo tra le rocce), Ercole appoggerà il testone sul collo di lei. Carina questa versione finale dello stolido gigante della prima parte trasformatosi in romantico cucciolone.

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