Speciale Isao Takahata: Pom Poko
In Pom Poko Isao Takahata racconta la storia di una società di tanuki
Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.
Dopo Una Tomba per le Lucciole e Pioggia di Ricordi, per il suo terzo lungometraggio targato Studio Ghibli, il regista Isao Takahata si mise al lavoro su un progetto adatto a un pubblico di giovanissimi, pur essendo dotato di un livello di lettura più comprensibile agli spettatori adulti.
Nel film, ambientato alla fine degli anni '60, seguiamo una comunità di tanuki che dimora in una collina vicino a Tokyo. Due fazioni si contendono il territorio, ma il conflitto viene presto interrotto da un pericolo ben più grande: a causa dello sviluppo urbano, gli esseri umani stanno distruggendo le zone selvatiche per poterci costruire nuove abitazioni.
È bizzarro come Takahata sia riuscito a realizzare un film tanto solare, giocoso e fracassone raccontando qualcosa che inevitabilmente ha un retrogusto malinconico, trattando del disboscamento selvaggio e della perdita della cultura tradizionale. La seconda metà della trama appare leggermente più lenta e ripetitiva, ma gli animatori riescono a mantenere viva l'attenzione attraverso numerosi stratagemmi ricchi di creatività.
Uno degli elementi più bizzarri è l'utilizzo dei testicoli dei tanuki, spesso ingigantiti e sfruttati nell'offensiva contro gli avversari: una caratteristica proveniente dal folklore originale, ma che non può non stupire ritrovandola integrata in modo simpatico e leggero all'interno di un prodotto destinato anche ai bambini.
In Pom Poko, Takahata mette in secondo piano la ricerca del realismo e della ricercatezza espressiva per realizzare un film all'apparenza più spensierato, ma sofisticato nella morale e nel modo in cui viene comunicata, soprattutto al pubblico infantile. La ricerca della leggerezza si ritroverà nel successivo I miei vicini Yamada, unico suo lavoro del tutto privo di risvolti drammatici.