Speciale - il crollo di GAME e il futuro del mercato retail

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Prendendo spunto dalla cronaca di questi giorni, qualche riflessione sul domani della grande distribuzione.

Stretto fra l’aumento esponenziale dell’eCommerce, e la volontà delle software house di rendere sempre più proprietaria la fruizione dei giochi, il mercato retail in questi anni sta vivendo la seconda grande trasformazione della sua storia. Dagli eroici anni ‘70/’80 in cui pochi - pionieristici - imprenditori avevano osato scommettere sul mercato videoludico, abbiamo assistito alla spettacolare crescita di alcune realtà americane e britanniche che, all’inizio degli anni duemila, di fatto dominavano il settore in maniera quasi oligopolistica. In Italia arrivò EB Games, poi acquisito da GameStop che, ad oggi, è praticamente l’unico retailer di dimensioni nazionali, mentre nel resto d’Europa, oltre a GameStop vanno ricordati HMV, GameRush e, soprattutto GAME.

La catena inglese di cui sopra sembrava, fino a meno di un’anno fa, un esempio di best practice aziendale: posizione dominante sul mercato inglese, buoni prezzi, offerte interessanti e uno store online in grado di far concorrenza ai vari blahdvd.com e play.com. Tuttavia in pochissimo tempo qualcosa s’é guastato ed è notizia di questi giorni che l’intera catena molto probabilmente sarà ceduta “a prezzo di saldo” per ripianare i debiti contratti negli ultimi anni dall’azienda. Come se non bastasse GAME, negli ultimi mesi si è reso protagonista di una battaglia sui prezzi, condotta contro EA e Nintendo, ree, secondo il management del retailer, di praticare una politica di prezzo troppo svantaggiosa per i rivenditori.
Il risultato finale è stato quanto di peggio si potesse immaginare, EA ha deciso di togliere GAME dalla sua lista di partner e né SSX né Mass Effect 3 sono arrivati sugli scaffali della catena inglese, mentre Nintendo ha dichiarato che nessun gioco da lei distribuito arriverà mai più a GAME, mentre Capcom e altre aziende si stanno preparando a seguire l’esempio dei due colossi. A questo proposito il CEO di EA, John Riccitiello è stato abbastanza caustico, intervistato riguardo la querelle ha detto:

Si, ho sentito che abbiamo qualche problema con un retailer europeo...cosa le devo dire...forse qualcuno non riuscirà a comprare Mass Effect 3 perché non lo troverà nel suo negozio preferito? Credo di no, credo che i consumatori sappiano esattamente a chi rivolgersi per acquistare i nostri prodotti

Il destino che sta toccando in questi giorni a GAME sembra essere una sorta di realizzazione di tutti gli incubi più oscuri dell’industria della distribuzione: l’essere totalmente bypassata da produttori ormai in grado di interfacciarsi direttamente con il pubblico, senza più bisogno di intermediari di qualunque tipo.
Steam per primo, ma anche Apple con il suo AppStore e, infine, EA con Origin hanno già cannibalizzato buona parte del mercato che un tempo apparteneva ai rivenditori e, con buona probabilità, il braccio di ferro delle aziende con GAME è solo l’ennesima variante del “colpirne uno per educarne cento” di collettivistica memoria. In poche settimane i publisher sono riusciti a tirare a fondo uno dei retailer più importanti del Regno Unito semplicemente negandogli le scorte dei titoli più attesi, e invitando i clienti a rivolgersi ad altri canali. Cosa gli impedisce, un domani, di usare la stessa pratica con GameStop, HMV o addirittura Amazon? Quasi nulla, il mercato globale, soprattutto su prodotti che si rivolgono a un pubblico evoluto come quello dei videogiocatori, ha spazzato via i piccoli recenti di “clientela fedele” su cui i reseller basano gran parte del loro fatturato. Gamespot, Amazon e company hanno davanti a se una sola via d’uscita, proporre un’esperienza d’acquisto di qualità superiore rispetto a quella offerta dalle fredde piattaforme di digital delivery, proponendo, per esempio, una customer care molto più curata e la possibilità di rispondere alle esigenze più particolari, come il recupero di titoli import, di limited edition o di giochi particolarmente rari. L’ossessione per il mass market ha portato Blockbuster prima e GAME ora a confrontarsi con un mondo dove le regole sono cambiate: se un tempo erano i distributori a dover implorare i vari retailer per avere il loro prodotto più visibile, con più scorte e quant’altro, oggi sono i retailer a dover convivere con una realtà dove sia da una parte (quella dei publisher) che dall’altra (i consumatori) si vorrebbe solo riuscire ad eliminarli.

L’uscita di GAME dalla scena, oltre contemplare ovvie perdite umane (centinaia di persone rimarranno senza lavoro) segna anche la fine di un’epoca, quella dominata dai rivenditori e dalla grande distribuzione, per aprire le porte a un futuro sempre più spostato sulle piattaforme virtuali. Non sappiamo quanto esattamente questo tipo di cambiamento possa essere favorevole ai giocatori, forse risparmieremo qualche euro al momento dell’acquisto, ma in cambio rinunceremo al possesso fisico del software, per non menzionare tutte le questioni legate alla privacy degli account e all’effettiva affidabilità delle piattaforme cloud.

Questa vicenda, dunque, seppur geograficamente lontana da noi, merita un’attenzione tutta particolare, e non è escluso che abbia presto ripercussioni anche al di qua della Manica, dove il mercato è meno complesso ma altrettanto importante. Per quanto riguarda il nostro paese, il rischio che GameStop o le altre catene possano subire il destino di GAME è, almeno per ora piuttosto basso, ma, come diceva qualcuno, chi non impara dalla storia è destinato a subirla.

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