Speciale - Il femminino videoludico
Un viaggio alla scoperta della femminilità e delle sue declinazioni nei videogiochi
Parlare di videogiochi e universo femminile è cosa assai difficile: non è un segreto che questo settore sia guidato principalmente da uomini che realizzano contenuti per uomini, offrendo più di qualche volta un’immagine distorta e poco veritiera della donna.
Andando però a ripercorrere la storia videoludica quali sono stati i titoli che si sono distinti, nel bene e nel male, per aver messo una o più donzelle in primo piano? Uno dei primi esempi ci viene offerto sicuramente da Nintendo, che nel 1986 grazie al suo Metroid stupì tutti quanti mettendo Samus Aran, una cacciatrice di taglie spaziale, al centro dell’intera avventura. Questo personaggio è sicuramente uno dei primissimi esempi di soggetto femminile non stereotipato in quanto Samus è una guerriera solitaria, che combatte senza timore contro pericolosissime minacce mettendo a rischio la sua stessa vita per la salvezza dell’universo. Sempre Nintendo negli anni ci ha offerto però anche soggetti completamente differenti: come non citare la sfortunata Peach, dei cui rapimenti si è ormai perso il conto, o la principessa Zelda, costante bersaglio delle oscure forze del male? Ecco quindi che l’azienda giapponese ricorre al cliché della bella da salvare come nelle più famose delle favole, lontano dall’essere uno stratagemma irrispettoso, sia chiaro, ma ciò dipinge la donna come il cosiddetto sesso debole. Discorso differente invece per la serie Tomb Raider, che nonostante abbia sempre raffigurato la protagonista Lara Croft come una donna tutta d’un pezzo ha fatto in passato delle sue curve mozzafiato uno dei principali cavalli di battaglia. Fortunatamente non si è mai scesi nella volgarità o negli eccessi ed anzi, con il reboot targato 2013 la figura della bella signorina Croft è stata completamente ridisegnata per farle assumere un aspetto più umano, puntando su lineamenti dolci e forme realistiche. Non tutti i personaggi femminili però hanno avuto la stessa fortuna: gli sballonzolanti ed esagerati seni di Dead or Alive sono entrati negli annali videoludici, così come gli striminziti costumi indossati dalle varie lottatrici. Il prodotto è chiaramente rivolto ad un pubblico maschile e negli anni non ha accennato a cambiare di una virgola ma anzi, ha cercato sempre più di stuzzicare la fantasia dei suoi utilizzatori con stratagemmi più o meno riusciti.
SFOGLIA LA FOTONOTIZIA
[gallery ids="135942,135943,135934,135940,135939,135933,135935,135941,135936,135938,135937"]