Speciale - Far Cry Primal e non solo: quando la preistoria torna di moda

Caverne, clave e visioni particolari della preistoria tornano ad affascinare gli sviluppatori di tutto il mondo

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Con l’annuncio di Far Cry Primal, abbiamo visto palesarsi, in un colpo solo, ben due trend che negli ultimi tempi influenzano particolarmente le scelte di design di alcuni team di sviluppo sparsi per il mondo. Da una parte, il non più ignorabile potere decisionale dei fan che scaturirebbe tramite feedback diretti, commenti su ogni social esistente e analisi di mercato condotte privatamente dai publisher. Il nuovo capitolo della saga di Ubisoft, per certi versi, era già presente in forma embrionale nel bellissimo Far Cry 3, quando, tra una battuta di caccia e l’altra, si fantasticava su quanto sarebbe stato estremamente più coinvolgente e divertente se, al posto di draghi di Komodo e capre, ci fossero stati velociraptor e triceratopi. Pochi dubbi, insomma, sul fatto che prima o poi un capitolo del brand a base di lucertoloni giganti si sarebbe fatto.

A destare sorpresa semmai, e qui entriamo nel merito del secondo trend che si starebbe facendo strada negli ultimi tempi, è il setting temporale. Chi si augurava di appendere la testa di un brontosauro sopra al proprio caminetto virtuale, in memoria di un’eccitante inseguimento a bordo di una jeep imbracciando un fucile calibro 50, resterà amaramente deluso. Primal sarà ambientato nella preistoria. Almeno teoricamente, niente dinosauri, innanzitutto, anche se difficilmente i ragazzi di Ubisoft non troveranno modo e maniera per buttarci dentro un tirannosauro. Ciò che è peggio (o meglio) niente polvere da sparo: solo frecce, lance, qualche clava.

[caption id="attachment_147434" align="aligncenter" width="508"]Far Cry Primal screenshot Il dubbio più grande relativo a Far Cry Primal è legato alla varietà: il ventaglio di possibilità strategiche in mano al videogiocatore, a fronte dell’arsenale ipotizzabile in suo possesso, potrebbe non essere particolarmente vasto[/caption]

Se il futuro sci-fi e il fanta-medioevo sono tempi storici immaginari che non hanno mai visto crollare le loro quotazioni, il fascino per i giorni in cui la nostra specie viveva dentro le caverne e si occupava unicamente di caccia, copulazione indiscriminata e graffitismo, dopo l’epoca 8 e 16-bit, è declinato inesorabilmente. Quando a fare da padroni erano SNES, SEGA Mega Drive e fumose sale giochi, non era difficile imbattersi in prodotti che immergevano l’utente in ambientazioni preistoriche. Senza citare il solito Cadillacs and Dinosaurs, titolo che per molti versi sfugge alla materia qui trattata, basta ricordarsi di Chuck Rock, Joe & Mac e Bonk per avere la controprova di quanto l’idea di un uomo primitivo che si ribella alle forze della natura fosse un immaginario cavalcato da molti sviluppatori dell’epoca. Le motivazioni, del resto, si spiegano facilmente. Mentre un certo idraulico italiano con il vizio di tiranneggiare un intero genere si divertiva a schiacciare tartarughe e a salvare principesse, i suoi diretti concorrenti cercavano di attrarre potenziali acquirenti scommettendo su animali estinti e verdeggianti vallate vergini. Pura scelta di art design insomma, che naturalmente veicolava e influenzava precise meccaniche ludiche. C’era chi si difendeva lanciando rudimentali asce, chi non disdegnava un passaggio da un brontosauro, chi addirittura affrontava un livello intero all’interno delle viscere di un gigantesco dinosauro.

"come ce la caveremo quando si tratterà di affrontare a distanza ravvicinata una tigre dai denti a sciabola?"

Con l’avvento del 3D sono cambiate le sfide, le necessità dell’utenza, medium e fonti di riferimento. Metal Gear Solid, più e prima di altri, ha avvicinato il cinema ai videogiochi. Regia digitale, sequenze in-game, grafica: tutto doveva essere spettacolare, coinvolgente, credibile se possibile, certamente cinematografico per l’appunto. In questo senso la preistoria, è proprio il caso di dirlo, era diventata anacronistica, demodé e priva di qualsiasi attrattiva. Non i dinosauri, sia chiaro. Tra un Turok e un Dino Crisis, non c’era niente che fosse più adrenalinico e coinvolgente che bestie giganti da abbattere con fucili, mitragliatrici e cannoni laser. Eppure, e torniamo ai giorni nostri, la preistoria sembrerebbe sul punto di tornare di moda. Oltre al già citato Far Cry Primal, Before e ARK: Survival Evolved, pur con qualche libertà poetica di troppo, dimostrano un ritorno di fiamma per quest’epoca storica.

[caption id="attachment_147435" align="aligncenter" width="508"]Before screenshot Di Before si sa ancora pochissimo. Persino la data di release è avvolta nel mistero. Speriamo solo che la fase di progettazione non si prolunghi eccessivamente.[/caption]

Sebbene della creatura indie di Facepunch Studios si sappia ancora pochissimo, basta analizzare i concept dei tre progetti per intravederne il comune denominatore: la sopravvivenza in un habitat ostile in cui la tecnologia è (quasi) del tutto assente. Ancora una volta basta indagare sull’evoluzione dei videogiochi per comprendere il cambio di tendenza: dal proporre film interattivi, sempre più titoli preferiscono offrire esperienze realistiche, credibili, ambientate in mondi coerenti, eventualmente open-world ed esplorabili in compagnia di altri utenti pescati dalla rete. In questo senso, con le dovute distanze, anche il prossimo Horizon Zero Dawn, ambientato in un futuro distopico in cui l’uomo si contrappone a macchine dalle sembianze di animali, rientra perfettamente nel discorso: anche nel titolo di Guerrilla l’enfasi è posta sulla sopravvivenza, sull’utilizzo di armi rudimentali, sull’eventuale collaborazione per abbattere nemici tutt’altro che mansueti.

Così mentre qualcuno volge il suo sguardo verso il firmamento (No Man’s Sky), c’è chi riavvolge le lancette del tempo per offrire sfide e nuove meccaniche ludiche al proprio audience. Del resto, se ormai sappiamo ricaricare ad occhi chiusi un M16, come ce la caveremo quando si tratterà di affrontare a distanza ravvicinata una tigre dai denti a sciabola? Di utilizzare con parsimonia e saggezza le poche frecce rimaste nella faretra? Di guidare con perfetta coordinazione il fiancheggiamento ad un mammut? Solo il tempo saprà dirci se si tratta solo di una moda passeggera, o se la preistoria sarà una tendenza che detterà regole e approcci in questa generazione di console. Da parte nostra non ci sorprenderemmo troppo nel vedere un Assassin’s Creed o un prossimo Call of Duty ambientato proprio tra caverne e immense distese prive della presenza dell’uomo.

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