Speciale - Cinemaware, alle origini del film interattivo

Ripercorriamo insieme i grandi successi di Cinemaware, a cavallo fra film e videogiochi

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È notizia di inizio settembre che il portale GOG distribuirà i classici di Cinemaware, la celebre casa statunitense famosa negli anni Ottanta per i suoi titoli dalla grafica all'avanguardia e dallo stile cinematografico. Se si pensa alle origini del film interattivo la mente non può che andare alla compagnia di Bob e Phyllis Jacob, che apriva i battenti nel 1985. La sua mission di partenza, sostiene Marco Comar nella tesi Cinemaware: alle origini del film interattivo, era “quella di raccontare delle storie, ma allo stesso tempo dare alla gente un'esperienza simile a quella dei film”.
Domanda numero uno: perché i videogiochi dovrebbero imitare il cinema? Chiede contrariato il purista videoludico. In effetti il film interattivo è da sempre un genere controverso. Domanda numero due: ma si può a tutti gli effetti parlare di genere?

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La tesi di Comar – che vi ricordiamo è disponibile per la consultazione al Centro Studi AV  – si sofferma su alcune questioni teoriche prima di lanciarsi in un amarcord dal sapore catalografico, che ripercorre la storia di Cinemaware passando per l'analisi dei suoi titoli. Aimeri e Frasca, nel loro Manuale dei generi cinematografici, sostengono che il genere cinematografico si produca tramite l'interazione costante di tre fattori fondamentali: intreccio (plot), ambientazione (setting) e personaggi (characters). Il genere videoludico, al contrario, viene spesso definito dal gameplay dell'opera in questione: è insomma dal tipo di interazione che nascono definizioni come platform, shoot'em up, picchiaduro e così via. Si può quindi parlare di film interattivo? Certo, quando in un titolo l'accento viene posto sui tre fattori cinematografici (plot, setting, characters) e i tradizionali elementi di gameplay passano in secondo piano. È un argomento interessante, cui Comar arriva dopo aver passato in rassegna temi molto cari ai game studies. Primo tra tutti il concetto di rimediazione, che secondo l'autore dà valore alla produzione Cinemaware. Ogni nuovo medium, in altre parole, si costruisce a partire da contenuti e strutture dei media che lo hanno preceduto e, allo stesso tempo, i nuovi media influenzano quelli precedenti. In effetti, l'aspetto più interessante della produzione Cinemaware, sta nell'aver privato “ogni singola produzione dal puro interesse promozionale dell'oggetto cinematografico […] producendo titoli legati a generi cinematografici passati e con il proprio ciclo distributivo ormai concluso”. La tesi non nasconde il suo intento: rivalutare il film interattivo.

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Nella seconda parte l'effetto nostalgia esplode. Si parte dal primo titolo pubblicato dalla casa statunitense, Defender of the Crown, per arrivare a It Came from the Desert. Per ognuno vengono elencati riferimenti cinematografici e fonti di ispirazione. Se Defender of the Crown si rifà al cinema avventuroso hollywoodiano e a film come Ivanhoe, The King of Chicago punta dritto ai gangster movie degli anni Trenta (vedi Scarface e Nemico pubblico). It Came from the Desert è un chiaro omaggio ai b-movie di fantascienza anni Cinquanta. In questo caso risulta particolarmente interessante il packaging del gioco, che richiama in tutto e per tutto le locandine cinematografiche dell'epoca di riferimento. C'è spazio anche per Sinbad and the Throne of the Falcon, Rocket Ranger, Lord of the Rising Sun, per citarne alcuni, mentre Wings rappresenta un esperimento anomalo nella produzione Cinemaware: un titolo che abbraccia il genere dei simulatori di volo ma che in fondo in fondo non tradisce la poetica cinematografica della casa americana.

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