Speciale American Horror Story - Coven, "il Suspiria di New Orleans"

Con la terza annata, Coven, American Horror Story costruisce una lotta di tutte contro tutte a New Orleans

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Dove Ryan Murphy ci racconta New Orleans e si dimentica il resto. Ed è un peccato, perché sulla carta Coven avrebbe una trama accattivante, quasi dirompente nel suo essere focalizzata su pochi elementi principali, sull'introduzione dell'elemento del percorso di scoperta e su una mitologia tutta da scoprire. Parliamo di streghe, parliamo del profondo e paludoso sud degli Stati Uniti, parliamo di una guerra secolare. American Horror Story arriva al suo terzo anno con un carico di aspettative e uno stile ormai definito. Non è più il tempo della sperimentazione e della definizione dei ruoli, ciò che andava sviluppato e perfezionato lo è stato nella stagione precedente, ora si tratta di presentare una semplice variazione sul tema. Cambia l'ambientazione, rimangono le pulsioni e le passioni: l'ossessione del potere, la paura della caduta, lo scontro generazionale, che qui raggiunge il livello più alto delle quattro stagioni.

La storia vera e le tradizioni si incrociano e sovrappongono nel racconto della guerra tra due congreghe alla soglia della scelta di una nuova Suprema che deve guidare uno dei due gruppi. Spuntano con leggerezza almeno due personaggi realmente esistiti: si tratta di Marie Laveau e di Delphine LaLaurie, affidati rispettivamente a due new entry presentate come colossi, Angela Bassett e Kathy Bates, molto sacrificata quest'ultima. E poi tavole ouija e minotauri, uomini con l'accetta e demoni della tradizione come Papa Legba, più resurrezioni di quante se ne contano in tutto Dragon Ball e Stevie Nicks in persona.

American Horror Story diventa un gioco, l'esaltazione di se stesso, di quello stile ancora acerbo in Murder House, più equilibrato in Asylum. La cornice è fantastica e non sono poche le intuizioni riuscite. Per la seconda volta, e la terza sarebbe arrivata l'anno seguente, il fulcro emotivo è nelle mani di Jessica Lange, lei che detiene un potere che è al tempo stesso scudo contro le sue più intime debolezze. E che teme di perderlo, fino all'ossessione, in favore di una strega più giovane. Il confronto-scontro ancora una volta con il personaggio di Sarah Poulson – anche questa è una costante – stavolta è più conflittuale, dato il rapporto di parentela che le lega. Ed è anche interessante il topos, che Murphy conosce e che ripropone, della strega megera che teme di invecchiare e che vuole recuperare la bellezza e la giovinezza perduta.

Questo è Coven, rimescolamento in salsa pop di orrori più o meno conosciuti, forse rappresentazione simbolica estrema di un universo sempre più femminile e sempre più crudele. In Freak Show ci sarebbe stata una maggiore "parità dei sessi", ma per quest'anno Murphy ci tiene a rappresentare una guerra di tutte contro tutte, in cui non è un caso se gli unici personaggi maschili sono o completamente passivi – Kyle con la sua inutile vicenda, ma anche tutti i cacciatori di streghe, non a caso uomini – o arbitri quasi fuori dal gioco – Axeman e Papa Legba. E c'è anche un po' di Italia, con una storia che sembra ispirarsi a Suspiria, con un'accademia dei misteri e una Zoe che potrebbe essere una Susy Benner del 2000.

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