A spasso fuori e dentro dal testo con Phil Lord e Christopher Miller
Due riflessioni su due geni americani, da Piovono polpette a 22 Jump Street. Alla scoperta del segreto di Phil Lord e Christopher Miller
Ve lo sentirete dire da tutti: registi un tempo re del del box office e ora praticamente disoccupati come John Landis e attori emergenti come Bradley Cooper.
I loro ultimi quattro film da registi, ironicamente, equivalgono anche ai loro primi quattro film da registi. Ci riferiamo a Piovono Polpette (2009), 21 Jump Street (2012), The LEGO Movie (2014) e 22 Jump Street (2014).
Qual è il segreto di queste inarrestabili macchine da soldi? Il contrasto creativo.
Non certo tra loro, visto che da quando si sono conosciuti al Dartmouth College da matricole alla fine degli anni '90, sembra che Phil e Christopher siano stati immediatamente più inseparabili e compatti dei loro poliziotti amici alter ego Schmidt e Jenko.
Il contrasto cui ci riferiamo, e che li ha profondamente formati, è stato quello tra loro e i dirigenti o produttori che nel corso di lunghi anni di rifiuti e sconfitte hanno in un certo senso insegnato a questi due animatori come superare la nicchia della gag per la gag per arrivare al pieno sfruttamento di archi narrativi più mainstream.
Il segreto di Lord & Miller è nella loro geniale capacità di stare dentro e fuori un testo.
Più metanarrativi di Parker-Stone (South Park), MacFarlane (I Griffin, American Dad) e del papà Groening (I Simpson) messi insieme ma allo stesso tempo classici laddove per classici intendiamo fiduciosi che l'emozione e l'identificazione tra il pubblico e i loro personaggi sia fondamentale in ogni avventura narrativa.
Questo è sempre stato anche il segreto dei Simpson. Ma Lord & Miller lo moltiplicano per dieci.
La coppia proviene dall'animazione e la loro fortuna è stata quella di trovarsi in un momento storico irripetibile che noi facciamo partire dalla vittoria di Hayao Miyazaki al Festival di Berlino nel 2001 con La città incantata.
A partire dal 2000 (i prodromi li troviamo nel 1995 grazie a un certo cartoon in cgi con i giocattoli) il mondo del cartone animato vince ai Festival che contano, viene incluso nell'Oscar con un premio a parte (e poi minaccia di vincere addirittura nella categoria “Miglior Film), interessa gli adulti, incassa cifre sempre più mastodontiche (vedi sopra), diventa provocazione stilistica e politica (occhio al geniale The Congress) e soprattutto fornisce alla sua eroica popolazione di addetti ai lavori un oggetto magico di cui prima non si aveva percezione alcuna: il pass.
Il pass per attraversare i confini e, partendo dall'animazione, convincere tranquillamente gli studios ad affidare a quei nerd del cartoon la possibilità di girare film dal vivo. Si scatena allora la moda del momento.
Chi fa animazione realizza film dal vivo e chi realizza film dal vivo VUOLE andare a fare animazione. Lo scrivente è cresciuto in un epoca in cui i cartoni animati erano per noi bambini... e basta. Sì certo... c'era Ralph Bakshi... ma poi basta.
In quell'epoca, ad esempio, a Wolfgang Reitherman non sarebbe mai stato offerto di dirigere un film di James Bond.
Era il regista (anche con altri) de Le avventure di Bianca e Bernie (1977), Gli aristogatti (1970) o La carica dei 101 (1961).
A Brad Bird, come sapete, è andata diversamente. Tom Cruise lo ha voluto a tutti i costi dentro un franchise da lui prodotto per dare quel tocco di brio in più a Mission: Impossible – Protocollo fantasma (2011).
Se non abbiamo presente bene questo contesto storico e quadro di riferimento, rischiamo di non capire fino in fondo la fortuna, e poi conseguente bravura, di Lord & Miller nel sfruttare la situazione a loro vantaggio.
I ragazzi dunque crescono come animatori sulla scia del successo di Toy Story e relativa esplosione di uno studio chiamato Pixar.
Gli scontri creativi cui si accennava prima li portano a soffrire le pene dell'inferno perché i loro progetti sono brillanti ma troppo cerebrali e drammaturgicamente cinici.
Forse sono troppo fuori dal testo.
Quando lo capiranno (dopo rifiuti e cancellazioni improvvise di serie e film) arriveranno a Piovono polpette (2009), esordio cartoon in cgi e primo successone grazie al mix di humour scatenato figlio di Groening e grande cuore... sempre figlio di Groening... ma con un'enfasi ancora maggiore sul sentimento rispetto al grande genio de I Simpson.
E' qui che tu senti il “click” nella testa di Lord & Miller. Il momento in cui la loro capacità di fare commedia critica, e anche un po' da critici, sull'identità di un testo cinematografico e relativa consapevolezza del pubblico, si sposa perfettamente con il pathos e una sincera immedesimazione nelle avventure dei loro personaggi.
Amy Pascal, quando era a capo della Sony, li fece faticare le proverbiali sette camicie prima di dare l'ok a Piovono polpette.
Lei sentiva che mancava quell'ancora emotiva al personaggio dell'inventore Flint in contrasto con la sua comunità (come la formica FliK di A Bug's Life). A forza di rifiuti e riscritture, Lord & Miller arrivarono a trovarla in un padre senza occhi per via di enormi sopracciglia ostacolo alla sua visione del talento del figlio. Come direbbe Landa in Bastardi senza gloria: “Bingo!”. E' come nel caso di un grande musicista e il suo strumento. Una volta che hanno accordato il violino, Lord & Miller hanno iniziato a suonare meglio di Paganini.
Prima quell'adorabile cartoon con il cibo che pioveva dal cielo, poi il sorprendente recupero dal vivo di una serie tv anni '80 (21 Jump Street) e infine la freschissima riproposta di certi mattoncini colorati con una finta stop motion in cgi (The Lego Movie).
Fuori (metacinema riflessivo) e dentro (emozionante immedesimazione). Animazione (Piovono polpette e The Lego Movie) e cinema dal vivo (21 Jump Steet, 22 Jump Street).
Non solo sono riusciti a far sentire spontaneo un racconto a base di Lego dopo che, soprattutto dai primi anni del 2000, con i mattoncini era stato già raccontato e ri-raccontato qualsiasi tipo testo audiovisivo (compreso David Lynch) ma, nel caso di 22 Jump Street, si sono addirittura superati con un remake che prende in giro l'identità del remake hollywoodiano.
Senza mai una citazione di troppo o quella stucchevole autoindulgenza di cui è vittima Kevin Smith (il regista di Clerks è un altro loro papà) dai primi anni del 2000 ad oggi.
Lord & Miller sono artisti e semiologi insieme. Vedere per credere i titoli di coda di 22 Jump Street con la definitiva declinazione semiologica del testo “franchise”. Divertente e profondo. E non pensate minimamente che la gag sia cervellotica o, solo, per intellettuali. Si sente che la forma è smagliante.
Resisteranno nel tempo? Non lo sappiamo. La creatività a questi livelli è logorante. Intanto facciamo loro i più vivi complimenti.
Perché Lord & Miller sono pienamente fuori di testa ma altrettanto pienamente dentro un testo chiamato contemporaneità.