Sostenibilità ambientale: dai red carpet al grande schermo, cosa fa la filiera cinematografica per ridurre il suo impatto
Dai red carpet al grande schermo, le buone pratiche messe in atto dalla filiera cinematografica per garantire la sostenibilità ambientale
Fare film ha un impatto sull’ambiente. Lo sa l’industria, lo sa il pubblico. Hollywood risponde promettendo attenzione sul tema della sostenibilità ambientale. Ma cosa cambia? Fino a pochi anni fa, queste battaglie venivano delegate al buon cuore di qualche star particolarmente impegnata nel tema (Leonardo Di Caprio, per dirne uno). Fattivamente poi si faceva ben poco. Dentro e fuori lo schermo. I documentari sensibilizzavano alle istanze ecologiste. I film no.
Consapevole della difficoltà di raccontare l’eco ansia e di inserire i problemi dell’ambiente con consapevolezza nelle storie, Good Energy ha creato un libro per dare una mano agli sceneggiatori. Il manuale, disponibile per tutti online, indica dati, buone pratiche, strategie, per integrare in maniera corretta la sfida ecologica nella realtà dei film. Si invita gli scrittori che vogliono contribuire alla causa a dare voce all’ansia da cambiamento climatico, a intrecciare la salvaguardia dell’ambiente con la catena di conseguenze sociali, politiche, razziali, culturali che ne discendono.
La sostenibilità ambientale sul red carpet
Secondo un report delle Nazioni Unite l’industria dell’abbigliamento è responsabile dell’8-10% delle emissioni di gas serra globali. Per portare al consumatore i vestiti si producono 300 milioni di tonnellate di plastica all’anno. Due terzi degli abiti contengono fibre petrolchimiche non biodegradabili che vengono rilasciate sotto forma di microfibre nella rete idrica a seguito dei lavaggi. Quando si tratta di fast fashion poi la situazione peggiora, sia in termini di materiali utilizzati che di impatto sull’ambiente per la produzione di capi dal breve ciclo di vita.
Questi dati hanno avuto un piccolo impatto sul mondo dei red carpet, luogo del fashion per eccellenza. Lì, durante la stagione dei premi, le star esibiscono capi unici di alta moda, rigorosamente diversi ad ogni occasione. Per conciliare ecologia e apparenza, alcune star come Cate Blanchett hanno optato per vestire più volte lo stesso abito, magari riadattandolo di volta in volta con piccole modifiche. Un gesto simbolico che è stato recepito come una rivoluzione nella cultura dei festival e dei premi.
Una scelta ben vista dalla giornalista di moda Dana Thomas che aggiunge altri consigli green per ridurre l’impatto delle star sul red carpet.
Tirare fuori vecchi abiti dall’armadio imbarazza? Allora perché non chiedere agli archivi delle case di moda qualche pezzo vintage? L’ha fatto sempre Cate Blanchett durante gli Academy Award 2023 optando per una blusa dagli archivi di Louis Vuitton. Anche Daniel Scheinert ha scelto il suo smoking prendendolo da un negozio di articoli di seconda mano a Scottsboro. Tra le star che hanno indossato abiti vintage anche Rooney Mara in Alexander McQueen, Vanessa Hudgens indossando Chanel e Kerry Washington con Donna Karan.
Oltre a queste piccole attenzioni, le star dovrebbero impegnarsi, secondo Dana Thomas, a portare sul red carpet abiti di stilisti sensibili al problema, che usano solo materiali non inquinanti, non tossici, biodegradabili e magari innovativi come la cellulosa a base vegetale indossata da Cara Delevigne sulla copertina di aprile di Vogue America.
Via la plastica dalle cerimonie
Durante un grande evento ci sono sponsor per ogni cosa. Anche per l’acqua che viene distribuita. Sheila Morovati, fondatrice della nonprofit Habits of Waste, sta conducendo da anni una battaglia contro queste aziende. Accusa gli sponsor dei maggiori premi - non solo cinematografici - di utilizzare le star per promuovere e incentivare il consumo di acqua tramite bottiglie di plastica invece che tramite alternative. Un problema, dato che solo il 9% della plastica viene riciclata nel mondo, mentre la percentuale sale al 31% con il vetro e il 50% per le lattine. Abitudini di consumo da cambiare.
L’impegno di Habits of Waste ha dato vita all’iniziativa “Lights, Camera, Plastic” che punta a sostituire la rappresentazione dell’uso di plastiche monouso con materiali più sostenibili. L’azione mira a rendere meno normale la scelta delle bottiglie di plastica. L’anno prossimo, secondo Morovati, la stagione dei premi dovrebbe provare ad essere plastic free e, possibilmente, ridurre ancora di più l’impatto ecologico servendo ai centinaia di ospiti centinaia di pietanze vegane.
Altre rappresentazioni che incentivino il rispetto dell’ambiente
Durante il Super Bowl, General Motors e Netflix hanno diffuso uno spot in cui Will Ferrell invade alcune delle più celebri produzioni della piattaforma. Fu il lancio in pompa magna di un accordo tra le due aziende per aumentare la visibilità dei veicoli elettrici nei film e nelle serie TV. L’iniziativa chiamata da Netflix “Entertain to Sustain” incrocia le agende ecologiste di entrambi i partner. Normalizzare questi veicoli è, in altri termini, sia una normale azione di propaganda per vendere più auto che per dimostrare l’impegno a ridurre l’impatto ambientale secondo i tempi prefissati. Coerentemente, a seguito della partnership, anche sul set ci si sposterà con veicoli alimentati da fonti rinnovabili.
L’obiettivo di riduzione delle emissioni, fino all’annullamento entro il 2035, è condiviso da tutti i principali studio, che stanno adottando simili strategie con l’aiuto di consulenti.
La sostenibilità ambientale parte dai set
Amazon Studios, HBO Green e Sony Pictures sono tre studio che hanno aderito ad alcuni programmi poi resi pubblici. Sei gli ambiti di intervento del programma HBO Green: carburanti, energia, rifiuti, materiali, attenzione alla comunità e alla rappresentazione dei temi sullo schermo.
Sony Pictures lavora a stretto contatto con nonprofit ambientali, come Trees Atlanta, che si occupa di compensare l’impatto delle produzioni piantando alberi e preservando le specie locali.
Tra le tante realtà che offrono consulenza agli studi c'è Earth Angel. Da un decennio i suoi esperti vengono chiamati per dare una mano alle produzioni rendendole più attente all’ambiente. Il loro lavoro più recente è stato sul set di The Whale, ma nel curriculum si contano film come Avengers: Infinity War, Black Panther, Emancipation e serie come WeCrashed e La fantastica signora Maisel.
Gli Amazon Studios stanno lavorando con Moxion per sostituire i generatori a diesel con prodotti di accumulo ad energia pulita. In parallelo incentivano la ricerca perché questi generatori possano operare in ambienti e temperature differenti, con sempre maggiore efficienza.
Un impegno che fa bene anche ai bilanci
Disney, Comcast, Sony e molte altre Corporation non sono esenti dagli obiettivi Green. Queste tre rappresentano circa il 70% del totale di 40 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel 2021 dalle media company. Questa cifra rappresenta lo 0,1 per cento del totale globale di tutte le industrie.
L’industria dei media risulta quindi ben lontana dai maggiori settori inquinanti nel mondo. Nonostante i dati siano confortanti, l’impegno delle compagine è comunque costante e tutti si assicurano che sia ben dichiarato!
La presentabilità aziendale infatti, anche sotto il profilo ecologico, è essenziale per convincere gli investitori a investire capitali. Il mercato si è dimostrato ben disposto a verso le aziende al passo con i tempi anche in questo ambito. Insomma: per convincere gli investitori bisogna portare risultati concreti nella riduzione del proprio impatto sull’ambiente. Chi invece è più piccolo, e quindi ha già una impronta di carbonio ridotta, con pochi margini di miglioramento, cosa può fare? Investire in quello che i media sanno fare meglio: i contenuti.
La terra ha bisogno di storie che parlino di lei. Dal red carpet al grande schermo, il mondo dei media ha bisogno di dimostrare di stare facendo la propria parte sia attivamente che sensibilizzando il pubblico. Nei prossimi anni si può prevedere quindi che arriverà quindi un nuovo protagonista di molte storie: il nostro pianeta.
Fonte: Hollywood Reporter