"Singles: l'amore è un gioco" 30 anni di musica e solitudine secondo Cameron Crowe

La vita amorosa negli anni '90 in Singles è come una strada affollata in cui si deve continuare a viaggiare fino a trovare parcheggio

Condividi

Molti registi ambiscono a raccogliere lo spirito di una cultura. Cameron Crowe, nella sua prima parte della carriera, riusciva a fare lo stesso con lo spirito dell’età. Il suo proposito cinematografico era quello di far crescere i suoi personaggi, e il pubblico, con sé. Attento osservatore delle tendenze culturali, ha fatto con Singles - L’amore è un gioco, una commedia capace di spiegare la scena musicale del grunge di Seattle e di ispirare la madre di tutte le serie tv. Se questi due elementi hanno contribuito a renderlo un piccolo cult targato anni ’90, c’è però anche altro da scoprire in una sceneggiatura che trova un’immagine mai usata prima d’ora per raccontare le pene d’amore e l'accettazione della precarietà affettiva.

Sei personaggi in cerca d'amore

Singles è un film a storie intrecciate. Sei amici vivono in uno stesso condominio, cercano un posto nel mondo e una persona con cui condividerlo. Crowe si allontana dal cinema di John Hughes che aveva ispirato Non per soldi... ma per amore! per entrare in un’età di mezzo. Non sono più giovani ma adulti senza la voglia di esserlo. I suoi personaggi sono alle prese con le loro filosofie esistenziali, le teorie per capire il mondo, e con le tappe della vita che corrono veloci sotto i loro piedi. Si spiegano, si raccontano, e non sono mai giudicati; anzi, loro sono così. Basta prenderne atto.

Tutto parte da una sceneggiatura scritta nel 1984. La vicenda sarebbe stata ambientata in Arizona e sarebbe stata scandita dalle note rock. Singles arrivò però negli Stati Uniti nel 1992, esattamente trent’anni fa. Nel frattempo molto era cambiato, sia nella scena musicale che nella società. Crowe aveva osservato, grazie anche al suo lavoro di giornalista musicale, un grande movimento a Seattle. cambia location e inserisce il grunge all’interno di quella che, fondamentalmente, è una comune storia romantica. Per Johnny Depp fu troppo romantica, tanto che rifiutò il ruolo per evitare di dire tutti quei “ti amo”. Eddie Vedder e Chris Cornell accettarono invece di entrare nel film come attori. C’è pure un Paul Giamatti che bacia vistosamente una donna al ristorante e Tim Burton, definito “il nuovo Martin Scorsese” che rifà Hitchcock nei video annunci d’amore. 

Singles non ha nulla nella sua struttura per essere un cult, ma lo è per tutti gli orpelli che mette in bella vista. È uno di quei preziosi film che parlano con lo spettatore anche a distanza di anni. Prima diceva “il mondo è così”. Ora nostalgicamente domanda: “ti ricordi come eravamo?”. 

Singles and friends

Non basta un personaggio per racchiudere tutto quello che i giovani degli anni ’90 possono essere. Così Crowe più che intrecciare le storie le fa collidere senza dramma. Le cose vanno e si incasinano per loro natura, non c’è da stare troppo a pensarci. Così in Singles c’è una spensieratezza incredibile se si considera che i soggetti ripresi sono proprio persone che hanno un’infinità di grattacapi. L’idea piacque a Hollywood e Crowe ricevette la proposta da David Crane e Marta Kaufman di trarre una sitcom a partire proprio dai personaggi e dall’ambientazione di Singles. Con la mossa meno lungimirante della sua vita rifiutò categoricamente. Il progetto continuò così in autonomia, tagliando la fonte di ispirazione ma continuando a catturare quell’atmosfera. Quello che venne fuori oggi si intitola Friends

L’amore è un parcheggio in una strada affollata

Al di là dell’aneddotica c’è però in Singles un qualcosa di potentemente cinematografico. È l’immagine dell’ingombrante telecomando di un garage che apre e chiude il film. Nel nuovo decennio, che è fatto di nuovi formati musicali, di video e di televisioni, di strade e di locali. Conta poco avere le chiavi di casa e prestarle all'amato o all'amata. È un qualcosa che si faceva un tempo, non appartiene più ai giovani. Loro, semmai, si condividono il garage.

Questo è l’amore per i Singles. Un parcheggio in una strada affollata. “Perché ci hai messo tanto?” “Mi ha bloccato il traffico”, si dice alla fine quando il tira e molla sentimentale viene (momentaneamente) risolto. E per evitare il traffico? “Basta ascoltare la radio!”, si consigliano tra colleghi.

C’è qualcosa di molto più profondo in questo oggetto che in un momento strizza anche l’occhio al rapporto sessuale aprendo e chiudendo in automatico la basculante. Il telecomando è un oggetto di moda, scelto per adeguarsi allo stile di ciascuno. È soprattutto però il segno della mobilità in amore di una nuova generazione che, come emerge dal film, è serenamente libera di gestire i rapporti come meglio crede. Non ci sono più i genitori (lasciati distanti dopo il college). C’è una pressione sociale non indifferente su di loro, certo, ma non hanno intenzione di sottomettersi.

Così tutti i sei amici arrivano a un relativismo dei rapporti e a un conseguente pessimismo sull’amore che smentiscono la posizione di Johnny Depp sul film. Singles non è come lo descrive il sottotitolo italiano “L’amore è un gioco”. Semmai dice che l’amore non è per sempre mentre le stanze singole saranno sempre lì ad attendere. Il garage si può sempre aprire e la macchina è lì, muso in fuori, pronta a ripartire spedita verso una nuova meta. Una conclusione amara messa in scena senza amarezza. E questo è straordinario.

Perché Cameron Crowe ha fatto un film pieno di energia, che ha catturato un pezzo di mondo in cambiamento, l’ha conservato e protetto dal tempo. Ha preso i luoghi, la grana, gli oggetti e il modo di pensare del tempo presente collocandolo con precisione. In pratica ha fatto fare al cinema una delle tante magie della musica. 

BadTaste è anche su Twitch!

LEGGI - Non Per Soldi… Ma Per Amore, a 30 anni esatti dall’uscita è il primo film del dopo-Reagan

Continua a leggere su BadTaste