Il Signore degli Anelli: dopo 15 anni La Compagnia dell’Anello sembra una serie tv "compressa"

Una quantità incredibile di fatti, eventi, intrecci, personaggi e svolte per un primo film di una saga, La Compagnia dell'Anello visto oggi

Critico e giornalista cinematografico


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La Compagnia dell’Anello visto oggi sembra una serie televisiva mal compressa.
Il film che ha avviato definitivamente i franchise, negli stessi anni in cui la nuova trilogia di Guerre Stellari e Matrix ci provavano con molta meno fermezza, meno programmatica volontà e una storia decisamente meno appassionante, rivisto oggi ha una tale densità di eventi, personaggi, situazioni e intenzioni da ricordare la visione di 4 episodi di una serie tv. E forse non deve stupire, visto che assieme ad Harry Potter ha dimostrato che il pubblico della sala era pronto a seguire un’unica trama lungo anni.

Chi scrive non lo vedeva dal 2002, quantomeno tutto intero dall’inizio alla fine, 15 anni che si fanno sentire tutti non tanto per la godibilità (immutata) quanto per la vecchiaia di un film del genere. Nonostante rimanga una visione appassionante e per certi versi ancora illuminante (ci sono dettagli e scelte di messa in scena che forse si capiscono più oggi che ieri, ma ci arriviamo), La Compagnia Dell’Anello appare come un film che adesso non potrebbe mai comparire in sala. Per quanto fosse strano anche per l’epoca, per l’appunto l’araldo di una nuova era, lo rimane anche nel presente ma per ragioni diverse.

Un primo capitolo di un franchise milionario di adesso non ha questa densità e questa strana assenza di azione. La densità di movimento e passaggi action che popola i blockbuster (e soprattutto i franchise) contemporanei è decisamente superiore a quella di questo primo film, che lanciava una trama più che uno stato d’animo. Se i cinefumetti sempre di più non propongono intrecci appassionanti (quello lo fa la tv) ma un tipo di divertimento, promettono, di film in film, di ripetere, aumentare o migliorare uno stato d’animo che o mescola risate e azione, coolness ed eccitazione o mette in scena la gravità della responsabilità e l’impossibile immensità del pericolo, al contrario La Compagnia Dell’Anello punta sull’avvincere. Quand’è l’ultima volta che avete provato un vero e autentico desiderio di “sapere come va a finire”? Uno paragonabile a quello che suscitano le serie tv. Ecco La Compagnia Dell’Anello dava il via al grande racconto tolkeniano con il massimo dell’appassionante. Un ruolo chiave l’aveva ovviamente il romanzo, ma la sua riduzione prendeva la scelta di presentare fatti e personaggi, eventi e sensazioni con una “pressione” che oggi è... impressionante.

[caption id="attachment_216702" align="aligncenter" width="1280"] La vera compagnia[/caption]

Soprattutto stupisce ancora di più quello che già meravigliava allora: la prima parte. L’attacco della storia, già fenomenale sulla carta, sullo schermo è probabilmente ancora la cosa migliore mai realizzata da Peter Jackson. La scoperta dell’anello, la festa di Bilbo, la prima volta che lo indossa e poi la sua presentazione come artefatto maligno, il senso di terrore apocalittico che pervade un mondo gentile e intimo come casa Baggins, sono legna che alimenta una locomotiva tirata al massimo. Jackson nello scegliere una dimensione visiva per quelle parole e quella sensazioni oscilla tra l’immenso e il minuscolo come non è più capitato. Tutto il cinema d’avventura punta a rappresentare l’originale e l’epico ma a dimensione individuale, il più vicino possibile allo spettatore. Il contrasto tra questa immensa avventura pronta a iniziare, a partire da un oggetto semplice e terribile, nella piccola tasca di un piccolo hobbit che lo aveva in una busta in casa, viene resa con una determinazione e sapienza nell’organizzare il racconto in uno spazio architettonico ristretto, che ancora fa gridare di gioia. Alla stessa maniera in cui ancora un po’ fa sorridere la prima fuga dai Nazgul al rallentatore.

Di lì in poi tantissimo del film sembra anticipare molte tendenze che cinema e tv hanno concretizzato negli anni a venire. I grandi gruppi di uomini con una missione (dalla familia di Fast & Furious ai Mercenari fino agli Avengers), i paesaggi desolati sulla vetta dei monti come l’Islanda (luogo di riprese di tantissimo fantasy e fantascienza), le riprese con l’elicottero che sono diventate con il drone ma rimangono ubique e gli attori che da lì sono diventati una presenza fissa sui nostri schermi (Cate Blanchett, Viggo Mortensen) e quelli mai più sentiti (Orlando Bloom).
Tutto fino al gran finale con un anti-cliffhanger stranissimo. Tutto è rilanciato in avanti con una decisione che non era usuale (anche le trilogie annunciate chiudevano i film con un maggiore senso di compiutezza) eppure senza alcun appiglio. Invece di finire con il battere, La Compagnia dell’Anello si chiude in levare, con un momento di stasi, come se non ci stessimo perdendo nulla, un viaggio che nonostante siano passate quasi 3 ore piene, sembra appena partito e un personaggio solo intravisto e annunciato (Gollum).
Se uscisse oggi farebbe ancora impressione.

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