Siamo sicuri che i film di Christopher Nolan siano aridi?

O forse stiamo confondendo il fastidio verso il sentimentalismo di Christopher Nolan con l'incapacità di raccontare i sentimenti

Critico e giornalista cinematografico


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La critica più frequente che viene rivolta a Christopher Nolan, non senza qualche evidenza, è che i suoi film siano aridi. Ma chi la porta confonde sentimenti e sentimentalismo, cioè quel che appare o gli atteggiamenti, con la sostanza.

Christopher Nolan nei suoi film non scrive e non dirige scene melodrammatiche, non esagera mai con i contatti tra personaggi, la maggior parte delle volte questi proprio non si toccano se non si devono menare, non ha nessun interesse per l’erotismo (altra cosa che viene spesso confusa con i sentimenti) e limita al massimo le dichiarazioni d’amore. Tutto questo, unito a un rigore estremo nella messa in scena, l’uso di logiche stringenti, una grande attenzione al comparto cerebrale delle storie e un modo molto britannico (leggi: non proprio incline agli slanci emotivi) di concepire le interazioni, hanno creato questa diffusa impressione. Ma è sbagliata.

Tenet poi la amplifica, mettendo in una storia simile a quelle di 007 un personaggio che sembra non avere nessun interesse per la donna che ha di fronte. Fosse stato Bond di certo l’avrebbe toccata più del bacio sullo zigomo che vediamo tra il Protagonista e Kat.

Eppure, nonostante tutta questa apparente distanza, non solo ogni film di Christopher Nolan è letteralmente tempestato di sentimenti, ma questi giocano sempre ruoli cruciali, sono l’ago che determina l’andamento di tutto, molto spesso la motivazione stessa delle storie e di certo il loro motore. Ancora di più, Nolan ha proprio una concezione chiara e coerente dei sentimenti, non li usa perché questa è la consuetudine al cinema, non sono una necessità a cui cede, sono parte di un’idea di mondo molto precisa. E una parte forte.

A partire da Memento (si potrebbe anche partire da Following ma è da Memento che inizia la vera parte di carriera autoriale) c’è un sentimento forte (la morte della moglie) a spingere il protagonista a fare cose assurde e combattere una sindrome che per chiunque senza motivazione sarebbe invalidante, ma poi pure il suo Batman prova sentimenti intensi che non sono necessariamente l’amore (nessun Batman è propriamente innamorato nel modo convenzionale) e vive condizionato da passioni forti, paure terribili, esplorate bene in Batman Begins, nonché un idealismo cristallino e ostentato. Anche nel successivo Il cavaliere oscuro nei confronti con il Joker ad essere in ballo non è solo ordine vs caos, ma proprio i suoi sentimenti. Chi salverà, dove si getterà, chi sceglierà?

Certo per Nolan i sentimenti non sono la nostra salvezza come spesso recita la retorica del cinema commerciale, sono semmai una zavorra, sono il punto debole che i villain sfruttano (e che spesso causa la fine dei cattivi), ma non di meno sono una parte potentissima dei personaggi. Il posto che occupano nei film è sempre il medesimo, perché riflette un'idea più grande. Pensare che se non aderisce alla retorica dei sentimenti come la forza di ognuno allora non li sappia raccontare, vuol dire bersi quello che il cinema più semplice ci propone da sempre senza saper riconoscere qualcuno che ha un’idea propria.
Chi ha visto The Prestige e sa come finisce, cosa vede in questa scena? Due uomini gelidi o due uomini tempestati di sentimenti intensi che li trattengono a fatica (non facendo altro che enfatizzarli)?

Il paragone (sbagliatissimo ma così diffuso da sembrare vero) con Stanley Kubrick anche su questo è errato. Kubrick metteva in scena raramente i sentimenti e quando lo faceva molto spesso erano il mezzo per altro (come per Barry Lyndon, a cui servono per la scalata sociale), per Christopher Nolan invece sono ovunque, non c’è film senza, non c’è storia che non li preveda come motore. E sono quasi sempre in mano alle donne. Nella sua visione di mondo sono le donne le uniche a saperli gestire, a non concepirli come sole zavorre, le uniche capaci di districarsi dentro di essi. Il discorso di Anne Hathaway in Interstellar, quando spinta dai sentimenti verso una scelta rischiosa teorizza li fatto che l’amore non sia una nostra proiezione ma una forza della fisica che ancora non conosciamo, qualcosa non di astratto ma di concreto, è forse una delle dichiarazioni più disperatamente romantiche dei nostri anni (tra l'altro messo in bocca ad un'attrice che, tra le star, è forse la più sfacciatamente melodrammatica, quella con il corpo più avvezzo al racconto dell’amore grazie ai suoi occhi grandissimi).

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Christopher Nolan in quel momento dichiara di credere così tanto nei sentimenti, e anzi nel principe dei sentimenti, l’amore, da immaginarlo come una forza della natura al pari della gravità. Così reale e concreto, così devastante e ineludibile. Quando Rebecca Hall ha a che fare con il gemello sbagliato che gli dice, in The Prestige, glielo legge negli occhi che qualcosa non va, lo vede chiaramente oltre ogni evidenza che non c’è amore. Lei ha capito che non è onesto senza effettivamente aver capito niente di ciò che accade, non lo capisce con la testa ma con i sentimenti. Ed è l'unica in tutto il film ad essersi avvicinata alla soluzione dell'enigma. Non proprio una posizione marginale per i sentimenti.

Nolan, aderendo allo stereotipo dell’uomo britannico, non sopporta il sentimentalismo, cioè l’ostentazione dei sentimenti e l’uso di essi per fini melodrammatici. Non tollera indugiare e mostrare la maniera in cui questi ci piegano. Non ama i personaggi che li manifestano davanti alle persone per cui li provano. Ma il sentimentalismo non sono i sentimenti. È per un sentimento d’amore profondissimo che Leonardo DiCaprio finisce per perdere se stesso in una rincorsa folle verso una donna che forse non c’è più. Organizza tutto quel che vediamo nel film per una ricerca disperata dentro un oblio misterioso in cui si è vivi e morti al tempo stesso e non si sa più dove si sta e cosa sia vero (uno scenario da incubo).

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Anche in Tenet (ci teniamo sul vago, no spoiler) c’è chi desidera solo tornare a un momento felice e riviverlo un’ultima volta, c’è chi desidera solo il proprio figlio e per questo manda a monte i piani così faticosamente costruiti e c’è infine chi per amicizia è pronto a morire con il sorriso. Ma non ci viene sbattuto in faccia. Pure Elizabeth Debicki, che di essere algida sa qualcosa, con la sua fermezza e senza eccessi recita una tempesta emotiva che altrove avrebbe preso la strada delle urla.

Davvero questa è la filmografia di un regista arido che non racconta i sentimenti, che non li considera e non ha una posizione per essi nel proprio cinema?

Davvero un autore che scrive e dirige Interstellar, in cui un uomo viaggia ai confini del conosciuto, attraverso tempo e spazio fino alla quinta dimensione e senza perdersi mai perché collegato per sempre alla propria figlia dall’amore reciproco, è arido? Senza nemmeno stare a considerare che in quel film c’è forse l’unico momento melò della sua carriera (McConaughey che si dispera, solo nell’astronave davanti ad un monitor, proprio i sentimenti senza sentimentalismo), quanto è più serio, sentimentalmente parlando, filmare un padre con gli occhi lucidi che si sacrifica andando via dalla fattoria mentre la figlia gli urla di rimanere invece di mille dei soliti baci e abbracci commossi del cinema?

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