Shyamalan: la classifica dei suoi film dal peggiore al migliore

In attesa di Bussano alla porta ecco la nostra classifica dal peggiore al migliore della filmografia di M. Night Shyamalan

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M. Night Shyamalan è la scommessa più rischiosa che potete fare al cinema. Se si lanciano i dadi per scegliere quale suo film guardare, al 50% capiterà qualcosa di clamoroso, al 50% un’opera che, in mano a qualsiasi altro regista, avrebbe messo fine alla carriera.

Invece Shyamalan, vittima sia di titoloni esagerati al tempo del suo apice, che di eccessiva cattiveria nei punti più bassi (si riportarono risate in sala quando apparì il suo nome nel trailer di Devil), di parodie e di ammirazioni sconfinate, è sempre andato per la sua strada. Fare una classifica dei suoi migliori film è sia semplicissimo che complicato. Perché il confine tra i titoli riusciti e quelli no è abbastanza netto. Difficile trovare un suo film semplicemente mediocre. All’interno delle macro aree sopra e sotto la "linea rossa" la lotta è invece accesissima. Molti si contendono lo scettro del più brutto e altrettanti quello del più bello. 

Ad unirli c’è una coerenza interna, tematica e strutturale di un autore che si gode ogni film al massimo. Un regista che possiede ancora il gusto di una storia ben raccontata. Commerciale, eppure contemporaneamente personalissimo. Uno dei pochi che ancora ha fiducia nella struttura narrativa, e nella sua capacità di dare emozioni tramite le sue pieghe.

In attesa di Bussano alla porta, riguardiamo la sua filmografia partendo da quello che meno rappresenta queste sue qualità, il suo film meno riuscito:

14) After Earth

After Earth è proprio un film di famiglia costosissimo. Will Smith fa un tiro alla fune con Shyamalan per il film. Prende suo figlio, lo piazza dentro mischiando tutto con una spiritualità New Age un tanto al chilo. Tutto funzionale al vero scopo dell’operazione: far divertire e apparire bellissima la famiglia Smith. La cosa che lo rende ancora più doloroso è che, in qualche piccolo momento, Shyamalan si ribella e riprende la regia. Fa rabbia perché si risveglia solo per qualche scena, sufficiente a far capire che il film avrebbe almeno potuto essere una decente avventura fantascientifica con un po’ di tensione e con un world building interessante. Niente, peggio di un brutto film c’è un film che avrebbe potuto essere bello e che non lo è. 

13) L’ultimo dominatore dell’aria

Il blockbuster che cambiò tutto. Quello da cui nessuno sopravvive. Un flop devastante su un film molto atteso. Fu un banchetto gustosissimo per la critica. Innescò un gioco all’iperbole che oggi appare come un brutale pestaggio di gruppo a un film francamente poco riuscito, ma forse neanche meritevole di tutto quell’odio. Perché Shyamalan prova dei virtuosismi dietro la macchina da presa: combattimenti con inquadrature lunghe, quasi piani sequenza, movimenti impossibili e cerca una dimensione epica. Come nella ginnastica artistica: più è difficile l’esercizio, più il fallimento è vistoso. Si ricorda solo una scena, quella finale dell’onda, che fa intravedere un film vero che ci ha provato scivolando per terra in malo modo.

12) Praying with Anger

Il film del debutto nel 1992 fatto con due soldi, tanto che Shyamalan stesso ha dovuto interpretare il protagonista. Niente di ché, veramente, ma introduce alcuni temi spesso presenti ma in secondo piano nei suoi racconti. Uno studente americano ritorna nella sua terra natale: l’India. Diventare grandi trovando le proprie origini, in un film che è quello di un aspirante regista appena uscito dall’accademia. Quello che vuole fare è però modernissimo: esplora la dissociazione tra culture, inizia ad approfondire il ruolo della fede nelle crepe emotive dei suoi personaggi.

11) Old

La figlia regala a Shyamalan il fumetto Sandcastle. Lui ne rimane folgorato e decide di farne un film. Gira in pandemia e cambia il finale. Un gruppo di turisti rimane bloccato su una spiaggia dove il tempo scorre velocemente. Nei primi momenti l’adattamento sembra reggere, ma quando le vignette prendono una piega esistenziale, il film cerca una tensione che non si sedimenta mai veramente per colpa dell’assurdità delle situazioni. L’impressione è che giri a vuoto per il primo e il secondo atto, mentre il terzo risulta uno Shyamalan twist molto creativo, ma posticcio. Deludente.

10) E venne il giorno

Come film apocalittico è terribile. Come commedia è esilarante. E venne il giorno non è di per sé un film solido. L’idea di marketing di raccontarlo come un violentissimo incubo splatter fu il colpo di grazia. In realtà c’è dall’inizio alla fine un’ironia sopra le righe che lo fa assomigliare a un insieme di strisce satiriche dei quotidiani. La presunta ribellione della terra all’umanità fa ridere perché i personaggi si comportano in modo assurdo. Il che ci starebbe anche bene: chi è così idiota da devastare il pianeta lo è anche quando deve sopravvivere. Il problema è che non si è mai capito quanto fosse sua intenzione fare ridere così tanto. 

9) Ad occhi aperti

Il film sentimentale. Esageratissimo, strappa le lacrime ad ogni costo. Però ce la fa e lascia una sensazione da feel good movie fatto e finito. Un bambino va alla ricerca di Dio perché pretende una risposta per la morte di suo nonno. Imparerà tanto dalle persone accanto a lui. Ad occhi aperti è il suo secondo film, ma è un prologo per tutto quello che verrà. Ha dentro lo stesso uso dei colori, il dilemma tra spirito sognante e cruda realtà, la ricerca di un senso negli elementi naturali e il destino. Da vedere solo per completezza.

8) Lady in the Water

In Lady in the Water c'è l’ossatura di ogni film di Shyamalan. Una fiaba nera in cui ogni personaggio ha una funzione ben precisa. Servono persone che facciano cose già scritte perché l’incanto funzioni e la Narf (una creatura acquatica) si salvi. Quello che viene chiesto a loro Shyamalan lo chiede ad ogni gruppo di personaggi nei suoi film. Molto odiato, ha in realtà tante idee interessanti anche se non tutte riuscite.

7) The Visit

Il film della rinascita. The Visit è un found footage atipico: ne ha l’aspetto senza averne le caratteristiche tecniche (non è tutto dal punto di vista di una cinepresa). Stilisticamente è il suo film meno personale, ma è servito a rilanciare la sua carriera come regista in grado di maneggiare un materiale semplice e di renderlo appassionante.

6) Glass

Un testa a testa con Split, pur essendone molto diverso e proprio perché è molto diverso. La conclusione di una trilogia che nessuno si aspettava è un (non) cinecomic pieno di idee. Non gli importa di niente: continuità, costruzione verticale di un universo, possibili espansioni. Qui si prendono i supereroi e si butta dentro tutto ciò che non è ancora stato fatto dal genere. Un film contro ogni logica, eppure lucidissimo, appassionante e veramente stimolante. 

5) Split

Split è due cose: un complicatissimo tassello in un franchise. Cioè un film non dichiarato e mascherato da altro film che funge però da spin off di una trilogia di cui nessuno sapeva l’esistenza. O un thriller di prigionia molto classico, rigorosissimo nonostante le tinte sovrannaturali. Fa benissimo entrambe le cose e, più di quello che gli si chiedeva, porta James McAvoy al suo meglio e ha rivelato al mondo (dopo The Witch) il talento di Anya Taylor-Joy.

4) Signs

Signs è come il suo colpo di scena: parla contemporaneamente di tante cose molto diverse. Al presente, al passato e al futuro. L’invasione degli alieni è solo un pretesto per raccontare la perdita della fede. L’abbandono di Dio è solo un pretesto per raccontare quello che succede quando si lascia una persona cara. La morte della madre è quella forza che guida la famiglia nella ricerca di un segno. Il segno è la vita stessa. La vita è un alieno di un pianeta lontano davanti alla porta. 

3) The Sixth Sense - Il sesto senso

Chiedete alla persona più insospettabile cos’è Bruce Willis alla fine del Sesto Senso e vi risponderà morto. Anche se non ha visto il film. Allora facciamo così: togliamo il colpo di scena. Che cosa resta? Un thriller psicologico e paranormale che mette i brividi e fa tenerezza al contempo. Arriva perfino a commuovere. Un’opera fondamentale per l’intrattenimento rivolto al grande pubblico. Riesce a piacere a tutti senza banalizzarsi. Così si entra nella cultura popolare per sempre. 

2) The Village

The Village divide dal 2004. Probabilmente una campagna promozionale meno ingannevole avrebbe infiammato meno gli animi all’uscita del film. Si fa prima a dire cosa non è: non è un film storico in costume, non un horror, nemmeno un romanzo di formazione. È una spettacolare messa in scena del rapporto tra mondo esteriore e interiore, di come il contesto che circonda una persona definisca ciò che è vero e ciò che è falso. Il suo film più filosofico.

1) Unbreakable - Il predestinato

Quando uscì Unbreakable il film era quello che era. Una lettura d’autore al graduale approccio del cinema al mondo dei supereroi. Non sembrava molto di più di un gran bel film. La cosa incredibile è che più passa il tempo più ci si rende conto di quanto sforzo creativo ci sia al suo interno. Passano i cinecomics, uno più innovativo dell’altro, ma Unbreakable resta la migliore analisi dell’impatto dei fumetti sulla nostra cultura occidentale.

Tratta di persone che leggono le imprese dei personaggi dei fumetti e si convincono di essere come quegli eroi e quei villain… al punto ai diventarlo. Insieme a Split e Glass questa trilogia parla di come basti la presenza del concetto di Supereroe per cambiare l’uomo, e quindi di come questi impattino sulla cultura a tutto tondo, oltre quella popolare. Tutto questo messo su pellicola ben prima che succedesse nel mondo reale. 

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