Shrek 2 è un film sugli adulti
Shrek 2 è, come il predecessore, un film pensato per tutte le età, ma rispetto al primo capitolo non parla solo agli adulti, ma degli adulti
Vi ricordate come venne accolto Shrek quando uscì al cinema? Se non ve lo ricordate vi rinfreschiamo la memoria: sia qui sia più di recente qui vi abbiamo raccontato come il film di Andrew Adamson e Vicky Jenson sia stato fin da subito indicato come una rivoluzione per il modo in cui usava lo humor e il citazionismo spinto per coinvolgere anche gli adulti (in particolare quelli che si presumeva fossero gli accompagnatori dei bambini al cinema, cioè in teoria il target primario per una favola animata). Negli anni questa convinzione si è cristallizzata, e oggi il franchise di Shrek è “quel cartone animato per tutte le età con l’orco che scorreggia”; quello di cui si discute di meno è il ruolo centrale che ha avuto il sequel Shrek 2 nella diffusione di quest’idea. Se infatti Shrek era un film per bambini ma anche per adulti, Shrek 2 era primariamente un film per adulti, ma soprattutto era un film sugli adulti.
Elliott e Rossio vennero inizialmente richiamati anche per Shrek 2, ma il loro coinvolgimento durò poco (come si legge qui, a pagina 917): la loro idea era di scrivere un sequel che rispettasse ancora una volta la struttura di una favola tradizionale, mentre la produzione voleva spingere ulteriormente sul lato pop-citazionista-postmoderno. Il risultato è che il film è scritto dal regista Andrew Adamson insieme a Kelly Asbury e Conrad Vernon: i tre prima pensarono di scrivere un film di satira politica nel quale Shrek abdica e indice elezioni democratiche nel regno, dopodiché si ispirarono a Indovina chi viene a cena? e scrissero una storia che si staccava definitivamente dalle radici folkloristiche del primo film per abbracciare definitivamente il meta-cinema.
Insomma: la caccia alla citazione in Shrek era un simpatico giochino che non distraeva dalla storia, in Shrek 2 diventa la base per il drinking game più pericoloso del mondo. C’è anche un discorso da fare sulla natura di queste citazioni: Shrek 2 non si limita a rifare i classici Disney in chiave comica, ma va a pescare in una serie di opere che una persona sotto i dieci anni non riconoscerebbe mai. Una cosa è rifare la scena dell’uccellino di Cenerentola facendolo esplodere, un’altra è citare Mission: Impossible, Lo squalo, Il signore degli anelli o addirittura Alien.
Sono tutte aggiunte fatte apposta per fare (ancora più) felici i genitori che accompagnano i figli al cinema, e per costringere i figli ad assistere allo spettacolo dei genitori che ridono per qualcosa che loro non hanno colto. In questo senso Shrek 2 è, molto più del primo, un film per adulti, ed è quello che ha davvero lanciato la moda dell’infarcire i film d’animazione di citazioni a opere che non c’entrano nulla ma che fanno felici chi le coglie. Ma c’è un’altra differenza ancora più profonda tra primo e secondo capitolo, ed è direttamente collegabile all’addio di Elliott e Rossio e alla scelta di prendere come punto di riferimento per la trama Indovina chi viene a cena?.
Shrek, inteso come il primo film, raccontava una storia d’amore, sì, ma semplice e universale, non dissimile da quelle che le persone sotto i dieci anni sono abituate a incontrare nelle favole tradizionali. Era un film dove un eroe doveva salvare la principessa dal drago, e il fatto che lo facesse in modo non convenzionale faceva ridere grandi e piccini. Shrek 2, invece, parla di argomenti che sono completamente fuori dai radar di chiunque abbia sei anni. Parla di una coppia di sposi novelli che si è trovata dopo mille avversità e ha superato diffidenze, paure e pregiudizi per abbracciare il proprio destino e il proprio amore. Parla del dubbio di un marito che ha paura di non essere all’altezza non della moglie, ma della famiglia della moglie, e di una moglie innamorata e convinta che questo basti a superare tutte le differenze e a placare la delusione di due genitori che avevano programmato tutt’altro per lei. Parla del destino non inteso in senso astratto e fiabesco, ma come una gabbia nella quale la società e la tua stessa famiglia ti possono rinchiudere; esplora a fondo uno dei dettagli più segretamente spaventosi del primo film (il fatto che Fiona sia stata tenuta prigioniera dai suoi stessi genitori per anni) e come questo fatto abbia rovinato forse irrimediabilmente – ma forse no: è pur sempre una favola, e ha un lieto fine – i rapporti tra loro.
In altre parole Shrek 2 parla non solo agli adulti, ma degli adulti; è un film che, se ripulito dei suoi aspetti più comici, potrebbe tranquillamente diventare una tragedia familiare in costume. E che assume quindi un tono più adulto (fate caso a quanto i colori siano tendenzialmente più scuri le atmosfere più cupe rispetto a Shrek), su tutti i livelli: usa Tom Waits come colonna sonora diegetica facendo cantare “Little Drop of Poison” a Capitan Uncino – e non veniteci a dire che a sei anni conoscevate già Tom Waits e non avete fatto fatica a riconoscerlo perché non ci crediamo –, fa accenni al fortissimo complesso di Edipo e alle tendenze vagamente incestuose di Azzurro e della Fata Madrina, e sul finale celebra la meraviglia dell’accoppiamento interspecifico tra un asino e un drago.
Da un lato questa scelta creativa ha pagato (il film al tempo incassò quasi un miliardo di dollari) e ha influenzato una buona fetta del cinema animato degli anni successivi; e il fatto che Shrek 2 faccia ancora molto ridere quasi vent’anni dopo sicuramente aiuta. Dall’altra è questo, non l’uscita del primo Shrek, il momento nel quale quella categoria di animazione tipicamente pensata per i bambini fa il salto definitivo e decide di puntare quasi tutto sugli adulti: in quanto adulti non possiamo che ringraziare, ma nessuno pensa ai bambini?