She-Hulk: essere supereroi sta diventando una scocciatura?

She-Hulk cambia il modo in cui si vedono i superpoteri nell'MCU. Altro che adrenalina e avventure, sono invece una bella scocciatura!

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Quello che stanno facendo i Marvel Studios è chiaro. Nelle prime tre fasi hanno spiegato che cosa significhi essere super nel mondo ideato da Stan Lee. Gli Avengers sono stati chiamati a costruirsi un proprio senso di responsabilità, a prendersi la loro parte nella società, non con pochi scossoni. Ora, soprattutto nelle serie TV, ci raccontano che cosa comporta essere umani. She-Hulk, più di tutti, ha un rapporto complicato con il dono (?) che la famiglia porta con sé. Un mix di sangue radioattivo e propensione genetica l’ha trasformata in un mostro.

Convivere con il diverso...

A dire il vero però, le è andata parecchio bene. Rispetto al cugino non ha problemi di rabbia e di contenimento della seconda identità. Non c’è (per ora) un alter ego incontenibile. Però Jennifer Walters sa che la sua condizione ha qualche vantaggio. Il resto è una rottura di scatole. Le è costato persino il lavoro essere una donna forte e mascolina nei metodi (risolve le questioni con le botte, come il machismo insegna). È il paradosso con cui gioca la serie. Era così il fumetto, soprattutto la run di Dan Slott che il secondo episodio segue fedelmente (anche nelle battute). È logico che sia così anche la sua trasposizione. 

Solo che She-Hulk si muove nel dietro le quinte dell’MCU, e quindi Jen ritrova il lavoro proprio per aiutare quei supereroi (o criminali) che hanno avuto problemi con la legge. C’è poco da dire per ora: senza gli anni di film alle spalle non sarebbe stato stimolante la metà di come lo è ora. Però è anche un gioco per pochi, che diverte più gli appassionati degli intrecci e della continuità che chi desidera l’azione. 

... fino a che il diverso non diventi tu!

L’adrenalina e l’eccitazione dei superpoteri sono al minimo storico. Al massimo servono per piacersi e portare a letto qualcuno. Jennifer sbuffa quando le chiedono di diventare She-Hulk, è schifata dal nome (che trova vagamente sessista. Esagera. E lo sa anche lei). Trasformarsi rovina i vestiti. E poi la famiglia parla troppo. Non ne fanno un problema, hanno già avuto un Hulk in famiglia, però lei non sa proprio che farsene di quei poteri.

Quando difende la giuria dall’attacco lo fa senza troppa convinzione. Racconta di avere sentito il dovere di proteggerli, che non avrebbe potuto fare altro, che era suo dovere e così via. Argomentazioni trite e ritrite. Sentite forse in un documentario su Captain America o nelle parole di Bruce. Si fatica a crederle, e questo è merito di una Tatiana Maslany molto in parte nella sua versione umana svogliata, meno in quella in Motion Capture. 

La "meta" di She-Hulk

She-Hulk è consapevole di essere in un film, e forse anche di essere in un fumettone di serie B. Solo che, a differenza di Deadpool, non vuole starci. Perché lei è una persona come tante altre, a differenza del cugino che nei fumetti ha una storia drammatica alle spalle ed è così geniale fino a soffrirne. Ha una famiglia comune, senza particolari asperità, che l’aiuta ad accettare questo imprevisto. Non lo drammatizzano, non sono contenti, nemmeno disperati. 

La scena post credit, non troppo ispirata, serve però a raccontare questo aspetto trascurato nella prima epoca Marvel. Non tutti hanno l’invidia del superpotere. A qualcuno fa semplicemente comodo per spostare i mobili o per chiacchierare a tavola. Che fine fanno le frecce di Occhio di Falco? è il tipico argomento da padre (da boomer, direbbero i giovani) che si interessa di dettagli trascurabili per costruire una sua teoria, magari anche di complotto.

Jennifer Walters non è impressionata da She-Hulk. Non ha voglia di fare azioni eroiche. Sa come non trasformarsi e quindi non lo fa. Qui la serie finirebbe se non fossimo nella testa di Stan Lee. Il sorridente scriveva infatti per ogni personaggio un destino che lo porta all’azione, anche se non ce l’ha dentro. 

Altro che empowerment. La showrunner Jessica Gao mostra nell’episodio esattamente il contrario: Jen perde il lavoro perché è una donna forte. Ne ottiene un altro proprio perché è quel tipo di donna. Insomma, ancora sono gli altri a decidere per lei. Le cose stanno per cambiare, immaginiamo. 

Se così fosse la sua storia sarebbe al contrario di quelle viste fino ad ora. Da Captain America a Ms. Marvel il desiderio di fare del bene è venuto sempre prima dello sfoggio di superpoteri. Hanno un dono e possono usarlo per i propri obiettivi.

She-Hulk è, per ora, sola apparenza. Jennifer Walters è, già da prima, in pace con se stessa. Normale, comune, una donna in carriera che non ha problemi con la sua vita. Ci si presenta nel primo episodio già con i poteri. Piacciono alla gente, sono appariscenti e invidiati.

Ha imparato già ad usarli. Ora dovrà capire a che le servono.

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