Lo sgherro del villain nei film d'animazione: un personaggio in via di estinzione?

Ogni villain carismatico che si rispetti, nel cinema d'animazione, ha accanto a sé un fedele servitore. Ma è ancora così? Non necessariamente. Vediamo perché

Redattore su BadTaste.it e BadTv.it.


Condividi

Per anni, sul grande schermo, siamo stati abituati a uno schema narrativo tipico, fatto di un eroe o di un’eroina, di una controparte sentimentale e di un avversario. Ma ad affiancare il villain trovavamo l’immancabile servitore, lo sgherro di riferimento, il tirapiedi di ordinanza pronto a prestare la propria opera sul campo, al servizio del perfido antagonista. In linea di massima era sciocco o fisicamente inadeguato, ma con le dovute varianti e le opportune eccezioni. Jago, l’irriverente pennuto assistente di Jafar in Aladdin, era tutto fuorché stupido. In Anastasia di Don Bluth, Bartok rubava spesso la scena al perfido Rasputin. Nel Robin Hood della Disney non era affatto sciocco Sir Biss, lo strisciante servitore del Principe Giovanni, che aveva sempre in mano la situazione senza essere mai preso sul serio. Diversi sono i casi più classici come il malcapitato Rospus, scagnozzo di bassa lega del potente Re Cornelius di Taron e La Pentola Magica: orrendamente deforme e opportunamente stupido, fungeva anche da macchietta umoristica in uno dei cartoni più dark mai prodotti dalla Disney.

Volendo semplificare al massimo: quando il servitore non era sciocco, era quantomeno sfortunato. In Robin Hood, durante il torneo di tiro con l’arco, il povero Biss veniva chiuso in una botte di birra. Eppure si era accorto molto presto come quella volpe di Robin Hood si fosse infiltrata nella gara (“E’ lui! E’ Robin Hood!”). Spesso, stupidità e scarsa lungimiranza erano distribuite tra villain e scagnozzo in proporzioni sbilanciate: a volte era proprio il villain ad essere molto ingenuo ma il suo consigliere, per quanto più astuto, era comunque destinato ad avere la peggio sotto un’impietosa grandine di disgraziata sfiga. Le cose si complicavano quando il villain era invece forte, astuto e carismatico ma costretto a relegare le mansioni operative del proprio piano ad una sciatta e scalcagnata marmaglia di incompetenti manigoldi. “Sono circondato da un branco di idioti!” esclamava Scar di fronte alle iene ne Il Re Leone. Un esempio simile ricorreva anche in Basil l’Investigatopo: Vampirello era il tirapiedi di un villain che si prendeva troppo sul serio per sporcarsi le mani. Rattigan era invece un cattivo elegante, geniale e manageriale, spietato ed attento allo stile, al portamento ed all’acconciatura: un villain degno di uno 007 del passato. Più complessi sono invece i casi dei villain “ibridi” come Jafar, che aveva una forte presenza scenica ma non si dimostrava particolarmente scaltro, facendosi incastrare da un semplice gioco di parole (“Il Genio sarà sempre più potente di te!”). E in situazioni simili, alla sconfitta del villain, il suo tirapiedi avvertiva spesso un senso di sollievo e di liberazione: ne Il Ritorno di Jafar era proprio Jago a non poterne più del suo vecchio e borioso padrone. E in Zio Paperone alla Ricerca della Lampada Perduta, quando il truffaldino Dijon dava per morto il perfido Merlock esclamava “Povero padrone… pazienza!”.

Orazio e Gaspare, più che braccia armate dei diabolici piani di Crudelia, erano due semplici ladruncoli intimoriti dall’isterica e impellicciata riccastra

In altri casi, gli scagnozzi provavano nei confronti del villain un forte timore reverenziale. Orazio e Gaspare, più che braccia armate dei diabolici piani di Crudelia, erano due semplici ladruncoli intimoriti dall’isterica e impellicciata riccastra. “La prego signorina, ci lasci vedere la fine dello spettacolo!” piagnucolava Gaspare nel rifugio nel quale erano nascosti i cuccioli. “Dovete farlo stanotte altrimenti chiamo la polizia!” esclamava Crudelia schiaffeggiando i due. La formula del timore reverenziale si ripeteva anche nel live-action con Glenn Close, nel quale Crudelia era un’esuberante e pacchiana Miranda Priestley ante litteram, mentre Orazio e Gaspare erano Mark Williams e Hugh Laurie, ancora lontani ruoli iconici del signor Weasley e del Dottor House.

Tra i casi più bidimensionali di sciocchi servitori c’è sicuramente il nipote del Gran Gufo di Eddy e la Banda del Sole Luminoso: nel film di Don Bluth era proprio il narratore Patù a specificare, per giunta fuori campo, che “Il nipote del Gran Gufo più che malvagio era imbecille”. Tra i casi più riusciti c’è invece il magistrale Kronk de Le Follie dell’Imperatore. Lo scagnozzo di Yzma era un assistente dalle molteplici sfaccettature: obbediva senza pensare troppo ma risolveva la situazione proprio quando si poneva delle domande (“Mi sono sempre chiesto da dove sbucasse questo trabocchetto!”). Ma soprattutto, Kronk era un esteta: amava la cucina, la buona compagnia e gli scoiattoli. Ancora oggi, è uno dei massimi esempi di scrittura, ancor prima che di animazione, capace di amalgamare i caratteri del genio incompreso con quelli del sempliciotto di buon cuore.

Sono pochi e degni di nota i casi nei quali villain e scagnozzo coesistono su uno stesso piano. È il caso della matrigna di Cenerentola e di Lucifero. Il perfido gatto più che essere uno scagnozzo della megera ne era un vero e proprio contraltare maligno. Entrambi, di fatto, condividevano il gusto per l’infamia: la matrigna distruggeva la scarpetta anche quando per le due sorellastre non c’era più speranza di sposare il Principe, mentre Lucifero non si faceva scrupoli a sporcare gratuitamente il pavimento appena lavato dalla povera Cenerentola. Era cattiveria pura: banalità del male che incontrava il gusto per l’altrui sofferenza.

In altri casi, villain e scagnozzo sono uniti da una reciproca stima: “Mio diletto, sei la mia unica speranza” asseriva Malefica al fidatissimo corvo. I due erano in simbiosi perfetta: lei si serviva di lui senza affliggerlo, lui venerava lei senza idolatrarla. Era proprio il corvino pennuto a trovare la casetta di Flora, Fauna e Serenella, che brillavano per buone intenzioni ma non per attenzione: usare la magia con il caminetto scoperto non si rivelava una scelta saggia per restare nascoste alla perfida strega.

Talvolta, in casi limite, lo scagnozzo è del tutto assente e il peso narrativo della figura antagonista è interamente assorbito dal villain, che di conseguenza è molto caratterizzato in chiave o carismatica o goffa: Frollo de Il Gobbo di Notre Dame era tormentato dai propri demoni, mentre Edgar de Gli Aristogatti era vittima della propria sciatteria, che gli faceva dimenticare cappello e ombrello sulla scena del crimine.

Gli esempi, chiaramente, potrebbero continuare. Tuttavia, vale la pena chiedersi cosa ne sia stato di quella giostra di personaggi, secondari solo sulla carta, che spesso eseguivano i diabolici progetti dei piani alti. Non sono del tutto spariti, ma l’animazione li considera sempre meno. A cannibalizzare il ruolo degli scagnozzi sono state in primis le sfaccettature psicologiche del villain. Sono molto pochi, oramai, i cattivi “per definizione”. La perfidia può celarsi nella bitch face della falsa madre di Rapunzel tanto quanto nella faccia pulita del principe Hans delle Isole del Sud.

Più che scomparire, lo scagnozzo moderno cambia spesso casacca e fa invece parte del team dei buoni

Più che scomparire, lo scagnozzo moderno cambia spesso casacca e fa invece parte del team dei buoni, talvolta senza doversi neanche contrapporre ad alcuno. Abù era la controparte eroica di Jago, Sebastian e Scuttle, alleati di Ariel, si contrapponevano alle due murene al servizio di Ursula. Personaggi come Dory di Alla Ricerca di Nemo o Olaf di Frozen, invece, erano lì per aiutare gli eroi senza dover essere necessariamente speculari a nessuno.

A sparigliare le carte è stato John Lasseter, fondatore di Pixar e oggi anche responsabile dei Walt Disney Animation Studios. Lasseter e soci hanno meriti che vanno ben oltre il piano tecnico: non hanno necessariamente “ucciso” gli scagnozzi, ma hanno reso le ragioni che contrappongono Tizio a Caio più complicate di una semplice etichetta.

Ne Gli Incredibili o in Toy Story 3, ai villain è successo qualcosa che li ha cambiati dentro. Le loro ragioni sono spesso reazioni a traumi del passato, e vengono opportunamente spiegate con due meccanismi narrativi tipici: il flashback e il plot twist. Nel primo caso, un salto nel passato ci mostra il passaggio al lato oscuro di chi ha avuto una vita “precedente” alla propria perfidia. Nel secondo caso, un repentino cambio di scena vede il villain svelare le proprie carte e spiegare al mondo come mai abbia intrapreso la strada della malvagità. Il perfido Lotso di Toy Story 3 era rimasto scottato da un passato difficile, mentre il principe Hans di Frozen gettava la maschera di bravo ragazzo per dichiarare la propria sete di potere senza scrupoli.

Di fatto, i villain moderni hanno smesso di essere gratuitamente malvagi per diventare potenziali casi umani, tanto bisognosi di risolversi quanto di assumere un analista. La questione, molto controversa, è se questo passaggio li abbia resi più o meno affascinanti rispetto al passato. Meglio un antagonista misterioso e intrinsecamente perfido o un tormentato e problematico caso umano? In gioco potrebbe esserci l’esistenza stessa dello scagnozzo. Morirà da eroe o vivrà abbastanza a lungo da diventare il cattivo?

Continua a leggere su BadTaste